Il 2 febbraio scorso è morto a 46 anni l’attore premio Oscar, Philip Seymour Hoffman. È stato trovato dall’amico e collaboratore David Ketz, disteso nel bagno con la siringa ancora infilata nel braccio, facendo presupporre una morte avvenuta per overdose. Nel suo appartamento nel Greenwich Village a Manhattan, sono state trovate tra le 50 e le 60 bustine di eroina, una dipendenza nella quale Hoffman era ricaduto e forse causa della separazione con la compagna avvenuta lo scorso autunno.
L’opinione pubblica, anche nostrana, si è interessata particolarmente a questa vicenda con una morbosità che ho trovato decisamente disgustosa. Hoffman pur avendo recitato in tantissimi film che vengono molte volte riproposti, si può certamente affermare che non fosse famoso o almeno che non facesse parte di quelle celebrità d’oltreoceano che sono più fabbriche di gossip che attori. Da questa domenica ogni giorno ci propinano qualche minuzia, qualche particolare scottante, per farci immaginare come in basso fosse caduto l’attore negli ultimi giorni di vita, per farci indignare, giudicare, pronti a puntare il dito contro qualcosa e qualcuno.
Non è la prima volta che accade. Non è la prima volta che un episodio della vita (molto) privata di una qualsiasi celebrità viene trattato come se fosse cosa di pubblico dominio. Quante volte abbiamo si è sentito parlare della dipendenza e degli eccessi di Charlie Sheen e di Lindsay Lohan, quante volte Woody Allen è stato etichettato come pedofilo e come quello che ha sposato la figlia? Credo che ci sia una inconsapevole voglia di esercitare il controllo da parte dell’opinione pubblica, nel far capire al personaggio famoso che è proprio la “massa” a controllarne la celebrità, sancendone così il successo o la rovina. I media sono consapevoli di questa voglia di potere e per questo quando ce n’è l’occasione sono contenti di dare in pasto al pubblico questo tipo di storie.
Io credo che invece sia doveroso fare un passo indietro, giudicare la persona famosa solamente per quello per cui era diventata famosa. Ecco perchè parlerò solo dell’Hoffman attore.
Philip Seymour Hoffman è stato, a mio avviso, uno degli attori più grandi che ho avuto la possibilità di apprezzare. Dall’odioso studente Mitch Roman in Patch Adams, all’allenatore Art Howe in Moneyball (L’arte di vincere), dal Freddie del Talento di Mr. Ripley al Professor Jacob amico di Edward Norton ne La 25esima Ora, dal Padre Brendan Flynn ne Il dubbio al “Conte” in I love Radio Rock, Hoffman è riuscito a lavorare per 25 anni ininterrottamente a più di 50 film, dando sempre prova di essere un grande attore. Fu consacrato nel 2006 con premio Oscar, Golden Globe e Bafta per la sua interpretazione dello scrittore Truman Capote in Truman Capote – A sangue freddo. The Master di Paul Thomas Anderson, è stato l’ultimo film nel quale si è potuto apprezzare maggiormente Hoffman, che ha vestito molto bene i panni del fondatore di un culto che molti hanno accostato a Ron Hubbard di scientology.
Hoffman dietro di se ha lasciato molti capolavori e molte interpretazioni magistrali che non possono e non devono essere offuscate dal fango buttato nella sua vita privata in questi giorni.