Reduce dai successi della notte degli Oscar, dove tra i tanti premi ottenuti, ha vinto anche quello per il miglior film, 12 Anni Schiavo (12 Years Slave) di Steve Mc Queen, è uscito da tre settimane anche in Italia.
La pellicola ha scosso e commosso l’opinione pubblica negli Stati Uniti che, a distanza di 150 anni della schiavitù e dopo l’elezione, e la rielezione, del primo presidente nero, ancora si sente non pienamente assolta dagli errori del passato. Per questa ragione il successo del film è stato accompagnato da numerose polemiche che hanno preceduto la cerimonia degli Oscar, che battezzavano un presunto Oscar già vinto proprio come atto espiatorio dell’opinione pubblica americana. Infatti proprio per questa ragione la presentatrice Ellen DeGeneres all’inizio della serata ha voluto sdrammatizzare con una battuta:
“Sarà una notte emozionante, tutto può succedere, tantissime possibilità. Possibilità numero 1: 12 Anni Schiavo vince il premio come miglior film. Possibilità numero 2: siete tutti razzisti.”
Trama. Il film è tratto da una storia vera ed è frutto dell riadattamento dell’omonimo romanzo autobiografico di Solomon Northup. Siamo nel 1841, una dozzina di anni prima dell’inizio della guerra di secessione americana, Solomon Northup uno dei pochi Afro Americani liberi, vive con la sua famiglia nella contea di Saratoga. Con la promessa di un cospicuo stipendio come violinista, segue due uomini a New York, i quali ingannandolo, lo drogano e gli rubano soldi e documenti. Solomon si sveglia in catene venduto come schiavo, senza niente e nessuno che possa provare la sua identità. Solo dopo 12 anni, Solomon riuscirà a fare ritorno a casa.
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Regia. Il regista inglese Steve McQueen riesce benissimo nel suo intento: far percepire allo spettatore che la schiavitù non solo metteva a dura prova il fisico con il duro lavoro nei campi, ma soprattutto annientava lo spirito, svuotava le persone da ogni briciolo di umanità. Il regista pur dedicando attenzione anche agli altri personaggi, vuole mettere in primo piano la storia di Solomon, proprio per trascinarci da un momento all’altro insieme a lui nei campi di cotone della Louisiana. Molte sono state le critiche per come il regista non abbia volutamente censurato le scene più crude, prima fra tutte quella della fustigazione. McQueen carica di realismo il film come a farci ricordare che scene di quel tipo erano frequenti in quegli anni, e censurarle oggi sarebbe come dimenticare che siano accadute.
Cast. Solomon Northup viene affidato a Chiwetel Ejiofor che non aveva mai ottenuto un ruolo da protagonista in un film importante, iniziò la sua carriera con Amistad altro film dedicato alla schiavitù. L’attore non riesce a convincere fino in fondo sia ai Golden Globe che agli Oscar, riuscendo ad ottenere solo nomination. Diversa sorte è toccata a Lupita Nyong’o, che impersonando Patsey, la giovane schiava abusata dal padrone, è riuscita a conquistare la statuetta per Miglior attrice non protagonista. Nel cast sono presenti anche nomi illustri della scena hoolywoodiana. Michael Fassbender diventa ormai una certezza nei film di Steve McQueen avendo già recitato sia in Shame che in Hunger, l’attore deve vestire gli scomodi panni di Edwin Epps, il padrone violento che non ha nessun rispetto della vita dei “suoi” schiavi. Anche se il suo personaggio è marginale nel film, Brad Pitt si è dimostrato sin da subito interessato al progetto, diventando anche il produttore della pellicola.
Voto. 8/10. Come ho già detto, credo che Steve McQueen con questo film centri in pieno l’obiettivo. Raccontando da vicino la storia di un’uomo che da un giorno all’altro perde la libertà e si ritrova ad essere schiavo, ci spinge volutamente ad impersonarci con il protagonista. Non credo, come purtroppo molti in malafede hanno pensato, che il film abbia usato la carta del razzismo per impietosire le coscienze dei giurati. È vero, non è il più il film più bello degli ultimi dieci anni, ma non credo che la statuetta dorata sia così immeritata.