Durante la X edizione de La Valle del Gigante Bianco, da poco conclusa a Bettolle, ho avuto modo di conoscere e apprezzare le opere d’arte di una giovane artista di Torrita, Marta Marcocci, alla sua prima “personale”. Ovviamente io non ho perso tempo a conoscerla e a farmi raccontare qualcosa di più di lei e delle sue creazioni.
“Io sono una persona come tante altre – inizia Marta – Ho quasi diciotto anni e frequento la quarta Liceo Classico. Ho tanti interessi e passioni, diciamo che sono poche le ore libere nella mia settimana! Oltre all’arte amo anche la pallavolo e le lingue. Fin da piccola sono stata stimolata a essere creativa e mi ritengo fortunata per questo, questo mi ha insegnato a vedere le piccole cose del mondo che purtroppo veramente poche persone notano”.
Marta ha iniziato ad approfondire la sua passione circa quattro anni fa:
“Quando ho iniziato non avevo grandi aspettative, volevo solamente coltivare quell’attrazione naturale che sentivo per l’arte. Per me era quasi un esercizio di rilassamento mentale, mi aiutava a scaricarmi da tutta la tensione scolastica. Per i primi tre anni ho fatto soprattutto “copiati”, sceglievo un quadro e lo ricopiavo più fedelmente possibile, impiegando tal volta anche mese. Poi a Settembre dell’anno scorso qualcosa è cambiato. Federico D’Agostino, il pittore che mi insegna, mi ha spinto ad andare oltre, a provare a mettere qualcosa di mio, di personale nei quadri. All’inizio ero piuttosto scettica, non sapevo come muovermi, non sapevo nemmeno cosa fosse di preciso l’arte contemporanea. Poi ho cominciato ad informarmi, a leggere libri a riguardo ed ecco che tutti quegli schizzi e linee senza senso hanno cominciato ad assumere un significato”.
Apparentemente caotica, la pittura di Marta rappresenta tutte le tematiche di un periodo di profondo cambiamento politico e sociale, ma anche tutte le problematiche personali dei giovani come lei.
“Quando comincio un nuovo quadro di solito ho ben chiaro il soggetto. Tutto parte da un’idea, un’ idea che viene fuori nei momenti più inaspettati, sull’autobus, la mattina, durante un’ ora di lezione, di notte. Ma è comunque un qualcosa di involontario! Comincio a disegnare e mano a mano osservo e cambio ciò che non mi piace. Amo gli schizzi, le pennellate scomposte, mescolare tinte all’acqua con gli smalti. Io stratifico, aggiungo colori su colori fino quando non sono soddisfatta. Il risultato deve esprimere tensione, deve essere carico di pathos, questa è l’unico obiettivo prefissato”.
Continua a spiegarmi Marta:
“Ultimamente mi sono concentrata sul rappresentare le emozioni. Mi definirei quasi una “mezza-espressionista”. I soggetti devono essere personali, ma non troppo. Devono esprimere quello che hai dentro, ma allo stesso tempo dare anche agli altri una chiave di lettura che gli permetta di immedesimarsi e di capire”.
Mentre stavo guardando le creazioni di Marta, la mia attenzione è stata richiamata da una sua opera in particolare, raffigurante un volto di una ragazza e due mani, Marta che cosa hai rappresentato in questo quadro:
“La ragazza del quadro che stai vedendo è colta con un espressione quasi di estraniamento. E’ stupita, colta di sorpresa. Qual è la prima reazione alla paura? Mettere le mani avanti. Ed ecco che “l’altra lei” lo fa. Ma in questo gesto, così spontaneo e d’impulso c’è già la volontà di rialzarsi, di difendersi, di non lasciarsi abbattere. E’ un autoritratto? Non saprei! Credo che sia ciò che tutti noi dovremo fare di fronte alle difficoltà: non lasciarsi abbattere”.
Cosa rappresenta per te questa mostra?
“Questa mostra è stata una grande soddisfazione per me, e speriamo anche un trampolino di lancio! Riguardo al futuro non so cosa farò. Otto mesi fa non avrei mai detto che avrei esposto i miei quadri e che avrei riscontrato tanto successo! Spero che ci sia l’arte nel mio futuro, anche se mi rendo conto che le possibilità di “sfondare” sono una su un milione. Sto pensando ad una facoltà che mi permetta di coltivare anche il mio lato artistico, forse Architettura. Comunque andrà sono sicura che i miei quadri saranno con me, magari non come lavoro, ma anche come semplici “compagni di vita”. Non ci resta che incrociare le dita!
Faccio un grande in bocca a lupo a Marta perché questi suoi “compagni di vita” diventino la sua vita e la ringrazio per questa bella chiacchierata.
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