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L’agricoltura sociale come modello di welfare rurale

L’agricoltura sociale come modello di welfare rurale

L’agricoltura sociale come frontiera di innovazione per la costruzione di sistemi di welfare nelle aree rurali: questo il tema del principale convegno della 13° edizione di AgrieTour, il salone nazionale dell’agriturismo e dell’agricoltura multifunzionale che si è svolto ad Arezzo dal 14 al 16 novembre. Il convegno ha visto la partecipazione delle associazioni di volontariato, delle associazioni di categoria e dei rappresentati istituzionali, tra cui il viceministro delle politiche agricole Andrea Olivero.

L’agricoltura sociale intende favorire il reinserimento terapeutico di soggetti svantaggiati nella comunità, fornire nuove opportunità economiche a imprese e cooperative, svolgere attività didattiche e servizi socio-assistenziali. È al centro di una legge in discussione in Parlamento, che fornirà le linee guida attraverso i governi regionali e locali potranno applicare politiche innovative di welfare territoriale.

agritour 3AgrieTour non poteva che essere il contenitore ideale per questo tema, come ha illustrato Angela Galasso, del consiglio direttivo di AiCare, l’associazione che si occupa di promuovere le conoscenze in materia di agricoltura sociale e agricoltura civica:

“AgrieTour si è evoluto dal tema degli agriturismi a quello dell’agricoltura multifunzionale. L’agriturismo è stato un modello di successo, e l’agricoltura sociale è l’evoluzione di quel modello. Fornirà importanti opportunità di sviluppo per tutto il settore.”

Le caratteristiche dell’agricoltura sociale sono state illustrate da Giuseppe Cacopardi, direttore generale dello Sviluppo Rurale delle infrastrutture e dei servizi del MIPAAF:

“La legge sull’agricoltura sociale è stata approvata alla Camera, sulla base delle esperienze positive che già sono state avviate in alcune regioni italiane. Ad esempio le Marche, la Toscana e il Piemonte. L’agricoltura sociale ha quattro caratteristiche: l’azienda agricola che assume persone in difficoltà, l’azienda agricola che eroga servizi sociali, la funzione di assistenza medica alla terapia della riabilitazione psichica e fisica, l’opportunità formativa delle fattorie didattiche e delle altre attività relative alla scuola. Il lavoro che abbiamo fatto nel corso degli anni con l’agriturismo va adesso intrapreso per l’agricoltura sociale. Oltre al valore sociale, c’è anche un fondamentale valore economico.”

Esperienze positive di agricoltura sociale hanno trovato il loro spazio durante il convegno. È il caso della Società della Salute Valdera/Pisa/Alta Val di Cecina, illustrata da Giovanni Forte: le esperienze di integrazione di soggetti in difficoltà hanno portato a interventi efficaci di welfare rurale, responsabilità sociale d’impresa e consumo responsabile. La circolazione dei prodotti agricoli è stata possibile anche grazie a gruppi di acquisto solidale.

Un altro esempio positivo è stato illustrato da Francesca Durastanti, con il progetto “I buoni frutti”, marchio e sistema di franchising per lo sviluppo dell’agricoltura sociale. Dall’esperienza dell’agricoltura civica nasce un progetto per valorizzare i prodotti realizzati dall’agricoltura sociale e promuovere le buone prassi oltre a favorire la rete tra i soggetti coinvolti. Un modello originale di franchising sociale a cui possono partecipare non soltanto imprese ma anche territori, consorzi e comuni.

È stata portata a supporto della discussione anche l’esperienza della cooperativa sociale agricola “Cavoli Nostri”, presentata da Stefania Fumagalli: fondata nel 2011, la cooperativa risponde a bisogni di persone in difficoltà in provincia di Torino, utilizza terreni che erano immobilizzati e dona opportunità di inserimento socio-lavorativo a disabili, rifugiati, marginali. Una positiva esperienza di collaborazione nei processi produttivi agricoli e collaborazione con i settori pubblici e socio-assistenziali.

Molto importante il lavoro svolto dal Cesvot nel settore dell’agricoltura sociale, come ha sottolineato Leonardo Rossi, presidente della sezione di Arezzo:

“Stiamo mappando le associazioni e i progetti di agricoltura sociale in Toscana per arrivare a un registro e a una banca dati unica. Dobbiamo  cominciare a parlare di retro-innovazione: l’innovazione che guarda al passato, a una realtà che era andata perduta. Fino agli anni ’50 oltre il 70% degli occupati lavoravano in agricoltura, poi con il boom industriale abbiamo assistito all’industrializzazione, all’abbandono delle campagne e dell’agricoltura che è stata considerata come un elemento secondario nella visione economica del Paese. Oggi, in un’epoca post-industriale di terziario avanzato, l’agricoltura viene riscoperta. Le associazioni di volontariato hanno un ruolo importante in questa fase, come soggetti promotori di innovazione sociale.”

convegno olivero 2Il convegno è terminato con la tavola rotonda con il mondo delle associazioni di categoria e i rappresentanti istituzionali: hanno partecipato Giuseppe Cornacchia per la CIA, Francesco Fratto per l’Agritrust Confagricoltura, Tulio Marcelli per la Coldiretti, Cristina Martellini per la Regione Marche e Riccardo Brocardo per la Regione Piemonte. Francesco di Iacovo, componente del comitato consultivo MIPAAF, ha ribadito l’importanza dell’agricoltura sociale come modello per il welfare rurale: attualmente le risorse del welfare, sempre in diminuzione, fluiscono principalmente nei centri urbani. Per questo motivo, nei territori periferici è necessario sperimentare nuove forme di innovazione sociale. Sarà necessario condividere le buone pratiche per favorire opportunità economiche e occupazionali.

La chiusura del convegno è stata affidata ad Andrea Olivero, Vice Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali:

“Si arriva alla legge sull’agricoltura sociale dopo un lungo percorso di crescita e sviluppo. Non sono le leggi che fanno nascere le buone idee, ma è compito dello Stato e delle istituzioni riconoscere ciò che emerge dalle attività sociali ed economiche. Grazie ai pionieri, l’agricoltura sociale ha superato questa soglia e deve essere riconosciuta: non è una gentile concessione del Governo ma un nostro dovere, mettere in campo una normativa per consolidare e potenziare il settore.

Oggi più che mai è necessario custodire il nostro territorio e il soggetto principe sono le imprese agricole. In molti casi, da sole non possono svolgere queste funzioni, per via dell’abbandono del territorio rurale delle aree interne. E per ricostruire il territorio non ci si può limitare a ricostruire le opere, non si può ripristinare e basta. Bisogna anche ricostruire le comunità, lavorare nell’ottica di rendere un territorio vivo, assieme alle imprese. Per quarant’anni abbiamo abbandonato questa strategia, lasciando i territori rurali a loro stessi. Per ricostruire una comunità sono necessari servizi e welfare diffuso. Il tema sociale non è quindi un valore aggiunto, ma un elemento cruciale e fondamentale.

Noi ci assumiamo l’impegno di finire in tempi rapidi l’iter legislativo e poi di far conoscere la legge sull’agricoltura sociale per applicarla. Questo è un momento favorevole per accedere alle opportunità del Piano di Sviluppo Rurale, ed è un lavoro che dobbiamo fare in rete con le associazioni di volontariato e di categoria.”

 

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