Spesso si è soliti prelevare indistintamente fotografie reperite su internet per fini di vario tipo, senza troppo chiedersi se così facendo si commette un illecito o meno.
È bene premettere che la Legge sul Diritto d’Autore L. n.633/41 (per brevità LDA) distingue due generi di fotografie:
- quelle da considerarsi ‘opere d’arte’ (art.2, n.7)
- quelle che non possono essere considerate ‘opere d’arte’ (le ‘semplici fotografie’ disciplinate dagli artt.87-92, LDA).
La differenza sostanziale è che le prime soggiacciono alla più ampia disciplina prevista per tutte ‘le opere dell’ingegno di carattere creativo’ e vengono definite dalla LDA come opere ‘dotate del carattere di creatività‘.
In giurisprudenza non vi è però molta chiarezza sulla linea di confine tra opere fotografiche e fotografie semplici, ma una certa concordanza può essere rinvenuta sul fatto che:
L’opera fotografica è considerata quella connotata da chiari tratti individuali che permettono di far conoscere l’impronta del suo autore.
Non deve trattarsi di mera abilità e capacità professionale del fotografo ma di effettivo apporto creativo ed inventivo (in altre parole, va dimostrato che l’immagine contenga elementi di interpretazione creativa e non solamente di abilità tecnica).
L’immagine che presenta un tale valore artistico è quindi considerata una vera e propria opera dell’ingegno, tanto che gode della piena protezione già riconosciuta ad esse e comprendente il diritto morale ed il diritto patrimoniale d’autore, per tutta la vita di questo fino al 70° anno dopo la sua morte.
Al contrario, le fotografie semplici dove manca la connotazione artistica sono disciplinate esclusivamente dalla citata LDA e vengono definite:
immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell’arte figurativa ed i fotogrammi delle pellicole cinematografiche. Non sono comprese le fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili.
All’autore della fotografia spetta una tutela meno garantista di quella accennata in precedenza: in particolare per 20 anni dal momento in cui la foto è stata scattata spettano il diritto esclusivo di riproduzione e il diritto esclusivo di diffusione e spaccio. Resta comunque fermo il fatto che spetta comunque un equo compenso per la riproduzione della sua opera.
Vista la diffusione della problematica, di nostro interesse sono le ‘fotografie semplici’ e disciplinate in particolar modo l’art.90 della citata legge.
Tale articolo prevede che le fotografie, affinché siano protette da copyright nel momento della loro pubblicazione, devono riportare:
- il nome del fotografo;
- la data dell’anno di produzione della fotografia
- il nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata;
La disposizione, inoltre, al comma 2 continua dicendo:
Qualora gli esemplari non portino le suddette indicazioni, la loro riproduzione non è considerata abusiva e non sono dovuti i compensi indicati agli artt. 91 e 98 a meno che il fotografo non provi la mala fede del riproduttore.
Per quanto sopra, è possibile ritenere che l’aver reperito uno ‘scatto’ su internet, sprovvisto dei riferimenti di cui sopra, e averlo pubblicizzato sul proprio sito non sembra integrare una violazione della disciplina dei diritti d’autore.
A conferma di quanto argomentato, si riporta di seguito il testo di due pronunce della Suprema Corte di Cassazione.
Cass. n.5237/91:
Nel caso di fotografie, per cui il diritto di esclusiva è previsto per vent’anni dalla produzione dall’art. 92, primo comma, L. 22 aprile 1941, n. 633, la mancata indicazione della data di produzione, come prescritto dal precedente art. 90, primo comma, esclude che possa considerarsene abusiva la riproduzione da parte di un terzo, dovendosi presumere, se l’autore non ne fornisca la prova della malafede, la buona fede del riproduttore (ultimo comma, art. 90 cit.). A tal fine l’omessa indicazione della data di produzione della fotografia non può essere surrogata dal deposito e dalla registrazione di uno stampato su cui la fotografia stessa sia stata già riprodotta, atteso che tali elementi possono dare certezza della data della riproduzione, ma non di quella della produzione.
Di particolare interesse è Cass. n.5969/05, la quale recita:
Nella ipotesi in cui, convenuta la cessione dei diritti di autore su di un’opera fotografica tra fotografo e cessionario, quest’ultimo provveda alla pubblicazione della fotografia, e questa venga, successivamente, riprodotta da terzi, spetta al fotografo il diritto ad un equo compenso (ex art. 91 terzo comma legge n. 633/1941) soltanto se, sull’esemplare della fotografia riprodotta, il suo nome risulti espressamente indicato, ovvero se, in assenza di tale indicazione, egli fornisca la prova della malafede del riproduttore, dimostrando che quest’ultimo era, comunque, a conoscenza della provenienza dell’opera.
La questione trattata non sembra essere di poca rilevanza, soprattutto in ragione dell’avvento del digitale e della innumerevole quantità di immagini reperibili su internet; immagini utilizzate per gli usi più disparati, dai più frivoli a quelli più seri, come l’utilizzo di fotografie per la costruzione di un sito.
È capitato, infatti, che per la realizzazione di un sito internet, all’interno del quale erano state utilizzate immagini reperite sul web, (sedicenti) agenzie di fotografi avessero avanzato richieste di risarcimento danni per l’uso indebito dei fotogrammi; richieste accompagnate subito dopo da una proposta transattiva per la risoluzione bonaria della vicenda.
Dall’analisi delle varie fattispecie e dal tenore delle richieste, nella maggior parte dei casi si potevano addirittura rinvenire gli estremi di una truffa.
Nei casi di specie e per quanto sopra argomentato, erano infatti da ritenersi inconferenti i vari avvertimenti minacciati, come ad esempio:
vi ricordiamo che la responsabilità permane anche nel caso in cui: l’immagine sia stata reperita su internet e ritenuta erroneamente disponibile per un uso libero
Ciò perché, come più volte ripetuto dalla Suprema Corte, in tali casi si deve presumere la buona fede di chi compie l’atto di riproduzione, mentre la mala fede deve essere provata (ovviamente nelle sedi giudiziarie opportune introducendo un giudizio civile).
I testi delle lettere delle agenzie risultavano poi di dubbia liceità anche in merito al tenore della la proposta di risoluzione bonaria della vicenda.
In sostanza ciò che veniva richiesto era la sottoscrizione di un contratto di licenza ad effetti retroattivi, la cui validità sarebbe stata imputata al solo periodo di uso dell’opera. Se vi fosse stata una effettiva violazione dei diritti d’autore sarebbe stato legalmente più corretto ricevere la semplice richiesta di pagamento del compenso previsto per l’uso dell’opera (con richiesta diretta da parte del fotografo o del proprio rappresentante), o al limite una citazione a giudizio per il risarcimento danni.
In altre parole e in breve, la sottoscrizione di un contratto con soli effetti retroattivi è una forma che ‘esce decisamente dai tradizionali schemi‘ legali.
La proposta era altresì singolare per il fatto che le agenzie richiedenti il risarcimento si presentavano come rappresentanti di fotografi o agenzie fotografiche, etc., ma non come cessionarie dei diritti dell’opera in questione.
A tal proposito, è da evidenziare il fatto (a parere di chi scrive di non poco conto) che il rapporto contrattuale eventualmente intercorso con il titolare della fotografia riprodotta sarebbe stato di semplice rappresentanza e non di cessione dei diritti di uso dell’opera.
Tuttavia, il contratto di licenza, per come strutturato, doveva essere sottoscritto in favore dell’agenzia e non anche del fotografo, così che l’eventuale compenso doveva essere versato direttamente all’agenzia.
Una tale pattuizione, è dato ritenere, sarebbe stata legittima se l’agenzia avesse detenuto anche i diritti dell’opera; circostanza che – basandosi sul testo delle lettere – non sembrava al contrario esistere.
Non a caso, nei contratti di licenza si era dato leggere:
L’agenzia X dichiara e garantisce di detenere i diritti esclusivi necessari per la transazione e la conciliazione (…), compresi i diritti di concessione di licenze per l’utilizzo passato (…)
ma non dichiara al contrario di detenere i diritti della fotografia.
In conclusione e per tutto quanto sopra affermato, è da ritenere che il mancato rispetto delle disposizione dell’art.90, LDA in fase di pubblicazione di fotografie semplici (in forma sia cartacea che telematica), non legittimi alcuna pretesa economica o di altro genere da parte del suo autore nei confronti di chi avrà riprodotto o utilizzato le ridette immagini senza autorizzazione.