Quando pensiamo al suolo, come lo vediamo? Come una risorsa, qualcosa di ovvio forse, che è sempre stato lì e sempre ci sarà; il suolo è ciò di cui è fatto il mondo. Il suolo, l’epidermide del pianeta Terra (la nostra casa, l’unica minuscola pallina fluttuante nell’universo in cui ci siano le condizioni adatte allo sviluppo della vita come la conosciamo), quello strato di materia antica e fertile che ci permette di coltivare, di costruire, di vivere. Come molte delle cose che abbiamo, lo diamo spesso per scontato: infatti, il suolo non è una risorsa rinnovabile.
L’importanza del suolo
Il suolo svolge una gamma molto ampia di funzioni vitali per l’ecosistema: è alla base della produzione alimentare e di materiali da costruzione rinnovabili; crea habitat che favoriscono la biodiversità del sottosuolo e di superficie; regola il flusso delle acque verso le falde e filtra le sostanze contaminanti; riduce la frequenza e il rischio di alluvioni e siccità; aiuta a regolare il microclima in ambienti ad alta densità urbana, assorbendo il calore e nutrendo la vegetazione.
L’impermeabilizzazione del suolo intralcia ciascuna di queste funzioni e riduce in maniera considerevole i loro effetti benefici. Questo dovrebbe farci preoccupare molto, dato che il suolo non è una risorsa facilmente rinnovabile: i suoi tempi di rigenerazione sono lunghi e quelli di formazione addirittura secolari.
Cos’è l’impermeabilizzazione del suolo?
Il terreno e il suolo sono risorse fondamentali per la vita. Tuttavia, nel corso degli ultimi decenni l’occupazione di terreno per l’urbanizzazione e la costruzione di infrastrutture è aumentata a un ritmo più di due volte superiore al tasso di crescita demografica.
Quando la terra viene coperta da un materiale impermeabile, come per esempio il cemento o l’asfalto, si verifica un fenomeno chiamato impermeabilizzazione del suolo: una delle prime cause di degrado del terreno nell’Unione Europea (e quindi anche dell’Italia), che accresce il rischio di inondazioni e di scarsità idrica, contribuisce al riscaldamento globale, minaccia la biodiversità e riduce la disponibilità di terreni agricoli fertili.
L’occupazione del terreno in Europa è in aumento costante, specialmente nelle aree urbane, a causa soprattutto di un fenomeno detto città diffusa o sprawl urbano. Questa continua espansione urbana ha un impatto immenso sulla vita e sull’ambiente, anche se spesso non siamo educati a vederlo.
Gli impatti dell’impermeabilizzazione del suolo sull’ambiente e sull’uomo
Pressione sulle risorse idriche
L’impermeabilizzazione riduce l’assorbimento di pioggia da parte del suolo. L’acqua, non defluendo correttamente, si infiltra in maniera disordinata e aumenta il rischio di inondazioni (anche per collasso del sistema fognario). I terreni impermeabilizzati sono più soggetti alla siccità e necessitano di irrigazione più frequente: agricoltura e comunità dipendono sempre più dai bacini artificiali.
Perdita di biodiversità
Un quarto delle specie esistenti vive nel terreno e molte di esse si occupano di svolgere funzioni fondamentali (decomposizione, il riciclo dei nutrienti, ciclo del carbonio), rendono il suolo più permeabile da acqua e gas e sono spesso fondamentali per la sopravvivenza di altre specie.
L’impermeabilizzazione lineare (strade, autostrade) è legata alla frammentazione ambientale, fenomeno legato alla diminuzione delle specie selvatiche, al cambiamento climatico locale e all’aumento dell’inquinamento chimico e acustico.
Perdita di terreni fertili
I centri urbani tendono a svilupparsi in aree molto fertili, quindi l’impermeabilizzazione del suolo nelle aree urbane porta inevitabilmente a una diminuzione di terreni produttivi liberi. Questo rappresenta un pericolo per la sicurezza della disponibilità di cibo in Europa: un’analisi condotta dal Centro Comune di Ricerca (CCR) della Commissione Europea ha dimostrato che, tra il 1990 e il 2006, 19 Stati membri hanno perso un potenziale produttivo agricolo totale pari a 6,1 milioni di tonnellate di frumento (circa un sesto del raccolto annuale in Francia). Anche a causa dell’erosione del suolo, l’Italia è il paese che ha sperimentato la perdita maggiore.
Aumento del fenomeno delle isole di calore
La perdita di vegetazione nelle aree urbane, il maggiore assorbimento di energia da parte di superfici scure come l’asfalto e l’emissione di calore degli impianti di climatizzazione e del traffico danno vita al fenomeno cosiddetto ‘isola di calore urbano‘. Queste ondate di calore rappresentano un grande pericolo per le fasce di popolazioni più deboli.
Riduzione della vegetazione
I grandi alberi sono essenziali per l’assorbimento di particelle inquinanti e per mitigare la velocità e la turbolenza del vento. Aumentano l’umidità a livello del terreno, raffreddano, aiutano a regolare le risorse idriche. Una forte impermeabilizzazione del suolo genera ambienti più caldi, ventosi, inquinati, franosi e siccitosi.
Danni all’economia locale
Il degrado del territorio danneggia l’economia locale impattando negativamente sull’agricoltura e sul turismo, riducendo il valore dei terreni e la qualità della vita delle comunità locali.
Nonostante la portata immensa del problema, difficilmente ne sentiamo parlare, anche quando i suoi effetti si fanno sentire nella nostra quotidianità, con il risultato che nella percezione comune i rischi dovuti allo sfruttamento del suolo siano quasi nulli.
Iniziative e politiche locali atte ad arginare il problema sono disincentivate da alcuni importanti fattori:
- la dipendenza delle autorità locali dal gettito di imposte e tasse di urbanizzazione;
- l’inadeguatezza del trasporto pubblico o la mancanza di alternative ai veicoli privati;
- l’aumento del valore del terreno entro i confini urbani e svalutazione delle periferie (che si ricollega allo sprawl urbano);
- percezione comune che il problema non sussista, data l’abbondanza di spazi verdi nelle zone rurali.
L’impermeabilizzazione del suolo in Valdichiana
La Valdichiana, una pianura alluvionale, potrebbe essere definita un paesaggio d’acqua; per sua natura è un territorio delicato dal punto di vista idrogeologico, specialmente nella zona della piana. Eppure, lo sviluppo dei suoi centri abitati e delle infrastrutture che la attraversano non è stato progettato in modo da tenere conto di questa fragilità.
Quando si parla di impermeabilizzazione del suolo, i fattori da tenere in considerazione per comprenderne le conseguenze sono molti. In Valdichiana ci sono diversi aspetti che rendono il problema critico:
INFRASTRUTTURE VIARIE
Nel corso degli anni, l’urbanizzazione e l’artificializzazione hanno contribuito alla modifica del paesaggio, attraverso la rimozione delle colture miste in favore delle monocolture e l’aumento della pressione sui corsi d’acqua e sulle zone umide.
L’autostrada, la ferrovia e le statali che connettono i paesi ai piedi delle colline (come la direttiva Cortona-Castiglion Fiorentino-Arezzo) creano un effetto barriera longitudinale che attraversa tutto l’ecosistema chianino, che risulta tagliato e frammentato anche da tutte le opere connesse a queste importanti infrastrutture (zone industriali, nuovi centri urbani, centri commerciali). Tutto questo si ripercuote non solo a livello superficiale, ma anche sulla qualità degli ecosistemi acquatici che risentono dell’inquinamento civile e industriale.
AGRICOLTURA INTENSIVA
Il suolo della Valdichiana è fertile e per questo la sua vocazione è sempre stata quella agricola. Tuttavia, l’attività agricola si sta facendo sempre più intensa e specializzata (monocolture di cereali, frutteti, vasti vigneti specializzati, colture industriali come il tabacco e la barbabietola da zucchero), causando effetti collaterali come l’aumento del rischio di erosione del suolo, la pressione sulle risorse idriche, la riduzione della biodiversità e la rimozione della vegetazione nativa.
ESPANSIONE DEGLI INSEDIAMENTI URBANI
In Valdichiana i centri urbani si sono sviluppati attorno ai borghi storici collinari, andando a occupare anche le zone di pianura in maniera spesso dispersiva, causando una frammentazione ambientale. A queste dinamiche si vanno spesso ad aggiungere fenomeni di degrado degli edifici storici (leopoldine e ville granducali) conseguenti al loro abbandono. Oggi, però, si presta molta attenzione al patrimonio rappresentato dalle leopoldine e sono molti i progetti che ambiscono al loro recupero nel rispetto dei caratteri storico-architettonici che le contraddistinguono.
LE ACQUE SUPERFICIALI
I laghi di Montepulciano e Chiusi sono poco profondi e si trovano alla fine di un sistema di drenaggio artificiale che passa attraverso un’area di agricoltura intensiva e densamente abitata. Questo, quindi, rende il sistema idrico della Valdichiana molto delicato, essendo particolarmente esposto al rischio di inquinamento, impoverimento e interrimento. L’acqua che defluisce dalle colline circostanti alla valle e il drenaggio limitato rendono molte aree soggette a un elevato rischio idraulico, aggravato dalla densità di infrastrutture e di aree asfaltate o cementificate.
LE COLLINE
Tutte le debolezze del sistema idraulico a valle aumentano di conseguenza il rischio di erosione del suolo e frane anche in collina, accentuato dall’intensità dell’agricoltura e dall’abbandono. Essendo terreni molto fertili si è sviluppato uno squilibrio a favore delle attività produttive rispetto a quelle di difesa del territorio e dell’integrità dell’ecosistema, mentalità che nel lungo termine potrebbe comportare danni strutturali ingenti. Il dissesto idrogeologico in collina si traduce spesso in eventi franosi: in Valdichiana i rischi maggiori si trovano sulle colline che circondano Arezzo, sul preappennino e sulle colline intorno a Montepulciano.
Come si può arginare il problema?
I dati rendono evidente l’importanza di implementare al più presto politiche sostenibili che riducano gli effetti di degrado e di dissesto territoriale. L’impermeabilizzazione del suolo e il conseguente dissesto idrogeologico possono essere arginati solo tramite una gestione amministrativa consapevole e mirata, integrata con la progettazione del verde urbano, il cui effetto benefico sulle dinamiche del suolo e della rete idrografica è già stato dimostrato.
Le amministrazioni possono intervenire dando priorità al mantenimento della stabilità del reticolo idrografico, delle zone umide e dei sistemi di bonifica. Una buona pratica già in essere è, per esempio, il Contratto di Fiume, un patto volontario tra più soggetti con l’obiettivo comune della riqualificazione del territorio fluviale dell’area in cui operano.
Altre buone pratiche, suggerite anche dall’Unione Europea, sono:
– controllare e limitare lo sprawl urbano progettando con attenzione i nuovi insediamenti e le nuove infrastrutture, specialmente nelle aree pianeggianti di Civitella e Arezzo;
– limitare il più possibile la posa di nuove superfici impermeabili (asfalto, cemento);
– creare nuove aree verdi e boschi di connessione alle aree forestali rimaste;
– salvaguardare le aree verdi, le foreste e i pascoli esistenti, ma anche le aree agricole rimanenti come nel territorio di Sinalunga e Torrita lungo la Foenna;
– optare per colture sostenibili e diversificate, realizzare siepi, boschi e zone tampone nei pressi di fiumi e canali;
– riqualificare e riutilizzare aree già edificate o degradate;
– limitare o trovare soluzioni per ovviare all’effetto barriera costituito dalle infrastrutture viarie;
– proteggere le aree umide dalla contaminazione dei sistemi di drenaggio di superficie.
L’intenzione dell’Unione Europea è quello di far sì che tutte le sue politiche tengano conto delle loro conseguenze sull’uso del terreno, per giungere all’obiettivo di un incremento dell’occupazione netta di terreno pari a zero entro il 2050.
Conclusioni
Tutto ciò che abbiamo dipende dal suolo. La situazione sempre più drammatica che ci troviamo a vivere, non solo in Valdichiana, richiede un intervento urgente e serio. Per anni tematiche come quella del cambiamento climatico e dello sfruttamento selvaggio del terreno sono state trascurate, lasciate in secondo piano perché non percepite come prioritarie. Oggi la situazione è ben diversa: dalle scelte e dalle azioni che compiamo oggi dipenderà il futuro delle nostre città, del nostro territorio; esse determineranno la vita dei nostri figli, le loro opportunità, la loro sicurezza, la loro salute. E non è propaganda, non è un argomento che sia colloquialmente che politicamente si può liquidare come demagogia di sinistra o di destra: è dovere dell’intero spettro politico e di tutti i cittadini assumersi le proprie responsabilità e affrontare di petto il problema ambientale. Il benessere collettivo è il solo e ultimo scopo di una società.
Fonti:
http://ec.europa.eu/environment/soil/pdf/guidelines/pub/soil_it.pdf
http://www.regione.toscana.it/documents/10180/11377097/Ambito+15+Piana+Arezzo+Valdichiana.pdf/0dda665f-0b68-4cd5-8b20-8da273d97342
http://www.regione.toscana.it/documents/10180/11403978/Ambito15+Piana+Arezzo+Valdichiana.pdf/0bf4640f-19a4-4349-a9a7-6b625de6c40c
http://www.regione.toscana.it/enti-e-associazioni/pianificazione-e-paesaggio/pianificazione
http://www.globalissues.org/article/170/why-is-biodiversity-important-who-cares
https://geodata.appenninosettentrionale.it/mapstore/#/viewer/openlayers/988
Un buon articolo e ottimo l’elenco diretto alle fonti. Non ho notato se è stato fatto al riferimento alla presenza elevata di nitrati nella Valdichiana, annoso problema dovuto al carico organico da allevamento e dall’ex zuccherificio castiglionese, tema poco affrontato ma indicativo dello “stress” del suolo e delle falde acquifere.