La pandemia da Nuovo Coronavirus è causata da un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso le goccioline del respiro delle persone infette, chiamate droplets. Le gocce di saliva sono prodotte quando si starnutisce e si tossisce, ma anche quando parliamo ad alta voce.
Altri meccanismi di trasmissione riconosciuti sono il contatto diretto ravvicinato, toccando con le mani contaminate le mucose di bocca, naso e occhi. Bisogna tuttavia considerare che i dati finora disponibili, essendo generati da condizioni sperimentali, devono essere interpretati con cautela, tenendo anche conto del fatto che la presenza di RNA virale non indica necessariamente che il virus sia vitale e potenzialmente infettivo.
L’utilizzo di mascherine diminuisce il rischio di entrare in contatto con (o di espellere) gocce di saliva, così come il distanziamento fisico di almeno un metro tra le persone. Tuttavia, all’interno di spazi chiusi, il rischio può rimanere ugualmente elevato. Le gocce di maggiori dimensioni, infatti, rimangono in sospensione nell’aria per poco tempo e poi si depositano sulle superfici. Le gocce di dimensioni più piccole, invece, possono restare in sospensione nell’aria più a lungo (aerosol) raggiungendo distanze maggiori. Per questo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità non esclude che in particolari condizioni di umidità e di scarso ricambio dell’aria il coronavirus possa trasmettersi per via aerea: queste microscopiche goccioline con il coronavirus possono essere inalate e potrebbero causare, in particolari circostanze, un contagio.
Un lungo e dettagliato articolo del giornale spagnolo El Pais, corredato da video e infografiche, spiega in maniera efficace i rischi e le misure di prevenzione da utilizzare negli spazi chiusi più affollati. Sono stati elaborati tre scenari, seguendo le metodologie di ricerca che confermano la possibilità di contagio attraverso aerosol (i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie avevano introdotto nuove linee guida su queste basi, ma subito rimosse in attesa di nuove conferme).
Gli scenari analizzati da El País
Lo Scenario 1 è quello di un’abitazione privata. Nel soggiorno sono presenti 6 persone, con un infetto da Covid-19 (il “paziente zero”). Nonostante la distanza di sicurezza, senza mascherine e una ventilazione adeguata, le altre 5 persone presenti nella stanza possono essere contagiate nel giro di 4 ore. Utilizzando le mascherine, i contagiati sarebbero comunque 4. Il rischio di trasmissione si abbasserebbe attraverso la ventilazione dell’ambiente e dimezzando la durata di esposizione a 2 ore, utilizzando dispositivi di protezione adeguati: in questo caso avverrebbe soltanto un contagio all’interno della stanza.
Lo Scenario 2 è quello di un bar o ristorante. Viene considerato un locale in cui è stata ridotta della metà la capienza, in modo da garantire il distanziamento fisico tra i clienti. Ipotizzando la presenza di 18 persone tra clienti e dipendenti, la presenza di un unico infetto da Covid-19 (il “paziente zero”) è sufficiente per contagiare altre 14 persone in mancanza di mascherine e di ventilazione. Indossando permanentemente i dispositivi di protezione personale, i contagi si abbasserebbero a 8. Ventilando i locali e abbassando il tempo di esposizione, le probabilità calerebbero drasticamente e il virus sarebbe capace di infettare soltanto una persona.
Lo Scenario 3 è quello di una scuola. Viene considerata un’aula con 24 studenti, in cui il “paziente zero” è l’insegnante. In questo scenario, senza indossare protezioni e senza ventilare la stanza, sono sufficienti 2 ore per estendere il contagio ad altri 12 alunni. Se tutti indossano una mascherina, il contagio si abbassa a 5 alunni, con una distribuzione casuale, perché gli aerosol si accumulano e si distribuiscono in tutta la stanza. Riducendo il tempo di esposizione a 1 ora e ventilando in maniera adeguata l’aula, il rischio calerebbe drasticamente e il contagio sarebbe limitato a un solo alunno.
Uno dei principali focolai analizzati per effettuare i calcoli degli scenari è stato quello del Coro dello Stato di Washington, che è stato particolarmente utile per comprendere gli scenari di diffusione del virus nelle stanze chiuse. In quel caso, inconsapevolmente, 61 partecipanti misero in atto uno scenario di massimo rischio: niente mascherine, niente ventilazione, canto e condivisione dello spazio per molto tempo. Nonostante avessero mantenuto le distanze e l’igiene, un singolo “paziente zero” infettò 53 persone in due ore e mezza, anche a 14 metri di distanza..
Stanze chiuse: rischi e prevenzione
Gli spazi chiusi sono i luoghi privilegiati per il contagio: i più rischiosi sono la propria abitazione (se c’è un asintomatico), i posti di lavoro, le scuole, i trasporti pubblici, i ristoranti, le sale conferenze, le chiese, le palestre o i luoghi dove si svolge attività fisica al chiuso. Come sintetizzato dal Corriere della Sera, i cinque parametri chiave per valutare il rischio all’interno delle stanze chiuse sono: il tempo di permanenza, il volume dell’ambiente, la ventilazione intesa come ricambio d’aria, l’ attività che svolgono i soggetti e il loro numero.
Dal momento che il coronavirus è più facilmente trasmissibile negli spazi chiusi, il periodo autunnale e invernale ci mette di fronte ad ulteriori rischi, causati dalla mancanza di aerazione per combattere il freddo esterno. Per questo è necessario agire in maniera preventiva: il primo passo è limitare le emissioni di droplet e goccioline infette (se in un ambiente chiuso ci si limita a respirare, il rischio si abbatte). Indossare la mascherina riduce il rischio, così come il distanziamento fisico, ma un ruolo fondamentale è costituito dal ricambio dell’aria. La ventilazione è preferibile all’utilizzo di un purificatore d’aria: aprire le finestre il più spesso possibile, almeno 2 o 3 volte al giorno per almeno 5 minuti. Aprire le finestre è sempre consigliato perché far entrare aria dall’esterno aiuta a diluire la concentrazione di particelle nocive all’interno.