Premessa
Questa è una inchiesta giornalistica che ho svolto nel corso degli ultimi tre mesi, partendo da alcune informazioni che ho ricevuto da fonti che preferisco tenere anonime. Quando ho saputo che in Valdichiana c’erano persone che si facevano curare problemi di artrite, artrosi e simili malattie croniche, attraverso la puntura delle api vive, ho deciso di indagare. Ho utilizzato sia i metodi della ricerca giornalistica, sia l’osservazione partecipante tipica della ricerca antropologica.
L’inchiesta è per sua natura incompleta e perfettibile, e si inserisce in un percorso di analisi più strutturata, che potrà essere condivisa con coloro che saranno interessati ad approfondire l’argomento. Tuttavia, mi riservo la facoltà di ampliare tale ricerca in futuro, pubblicando integrazioni, risposte e correzioni, oltre che aggiornamenti sulla vicenda che possano rivestire un’utilità pubblica.
Per tutelare l’anonimato delle persone coinvolte, ho deciso di mantenere il riserbo sia sulle fonti, sia sul principale protagonista. Le altre persone intervistate, che vengono citate direttamente, hanno autorizzato la pubblicazione. Mi sono sempre presentato come giornalista e antropologo durante gli incontri, rendendo chiaro lo scopo della mia ricerca, seppur anch’io abbia agito con prudenza nella decisione di procedere con questa pubblicazione, in accordo con la direzione editoriale.
Il primo incontro
Le prime notizie sulla presenza di una persona in Valdichiana che cura con la puntura delle api mi sono arrivate lo scorso ottobre. Era una novità per me, pur avendo informazioni generiche su tecniche di medicina alternativa legate all’agopuntura, oppure utilizzi pseudo-scientifici di rimedi a base di prodotti derivanti dalle api.
Ho raccolto alcune informazioni preliminari, scoprendo che si tratta di una pratica simile all’agopuntura, ma che utilizza le api vive al posto degli aghi. L’insetto viene costretto a pungere la parte del corpo prescelta, finché il pungiglione non viene espulso insieme al veleno. Questa pratica rientra nella branca della medicina alternativa che possiamo riassumere con il nome di “apiterapia” e che comprende anche altri prodotti che non prevedono l’utilizzo dell’ape viva, ma soltanto suoi derivati quali il miele, il propoli e perfino il veleno.
Ho deciso di fare un’esperienza diretta a metà del mese di novembre 2024. La persona in questione, che chiameremo Mario Rossi per tutelarne l’anonimato, è un pensionato nel settore edile che vive in un paese della Valdichiana aretina. Mi ha dato il consenso a diffondere le informazioni che ho raccolto, e durante la visita mi sono presentato in maniera chiara: tuttavia, nonostante il suo consenso, preferisco oscurare il suo nome e i dettagli che potrebbero far risalire a lui in maniera inequivocabile. Questo perché, come ho introdotto in premessa, il mio scopo non è denunciare l’attività, ma informare correttamente tutte le parti coinvolte, riflettere e comprendere.
Mi faccio portare a casa di Mario Rossi da due persone che hanno già provato la puntura delle api. Arriviamo in una casa normale, ai margini del paese, senza insegne. Non c’erano notizie online, ma un passaparola di persone che già usano le sue terapie e che danno consigli a chi si trova nella loro stessa condizione medica. L’attività è taciuta al pubblico, aperta solo a chi viene introdotto da altri partecipanti, ma non riveste una particolare segretezza: è molto facile entrare a far parte dei “pazienti”, se si vuole provare questo tipo di cura.
Mario Rossi accoglie le persone direttamente nella sua abitazione, facendole aspettare nella cucina e poi ricevendole singolarmente o a gruppi di familiari. Non pratica in un vero e proprio studio medico, ma nel suo tinello di casa (una sorta di salotto). Sul tavolo c’è un manuale di agopuntura della Giunti, che viene consultato in caso di necessità durante i primi incontri.
Mario Rossi tiene un barattolo di vetro con dentro delle api che sembrano stordite o moribonde. Ne fa entrare una nello stantuffo di una siringa, con una membrana in fondo. La stimola con una pinza, in modo da infastidirla. Poi con la stessa pinzetta la prende e la avvicina alla zona da pungere: il ginocchio, l’anca, la schiena, o altro. Effettua la puntura, e a volte il pungiglione rimane dentro. Quindi getta l’ape in un posacenere. La persona che ha ricevuto la puntura sente un po’ di bruciore e riceve qualche indicazione su come grattarsi in caso di prurito; magari segue una seconda o una terza puntura, a seconda dell’entità del dolore da alleviare. Alla fine il “paziente” effettua il pagamento di cinque euro, che viene messo in una busta sul tavolo insieme agli altri piccoli compensi della giornata.
La seduta di apipuntura viene ripetuta ogni settimana, per lenire i dolori cronici, oppure ogni due settimane. Alcune persone ripetono le punture per qualche mese, per poi interrompere; la prenotazione avviene attraverso una telefonata diretta a Mario Rossi, che avverte i pazienti in caso di indisponibilità durante il giorno prescelto.
L’Apipuntura
Ho partecipato direttamente a una di queste sedute; non mi sono fatto pungere in prima persona, in quanto sono allergico al veleno delle api, tuttavia ho assistito personalmente alla pratica. Al termine, ho avuto modo di intervistare Mario Rossi, che si è mostrato benevolmente intenzionato a diffondere le conoscenze della sua pratica. Dice di aver imparato l’apipuntura in sudamerica, e di averla affinata nel corso degli anni. Dice anche di aver imparato a capire i punti ideali in cui pungere con le api, per diffondere le tossine del veleno e contrastare il dolore che provano le persone.
Secondo la sua opinione, la puntura delle api ha molti benefici, dal momento che la tossina iniettata tramite il pungiglione ha degli effetti anticoagulanti e anti-infiammatori. Può essere utilizzata per curare alcuni dolori articolari, artriti, artrosi, tendiniti; più in generale, per alleviare dolori cronici e permettere di raggiungere un grado migliore di benessere del proprio corpo.
Mario Rossi inoltre sostiene che ci siano numerosi dottori e infermieri che frequentano la sua casa, anche se non ho avuto modo di verificarlo. Non so se sia un modo per rendere più valida questa pratica agli occhi dei partecipanti dubbiosi, o se sia effettivamente così diffusa. Comunque, si è offerto di spiegarmi tutto senza problemi, convinto della validità della terapia, e che le critiche che si trovano online non siano giustificate.
Le opinioni dei pazienti
Le persone che frequentano il posto e che ho intervistato durante la visita mi hanno mostrato una grande convinzione nell’efficacia di tale pratica. Mario Rossi riceve dopo l’orario di lavoro, prima di cena: nel corso del pomeriggio della mia visita, ho incontrato almeno una decina di persone. I frequentatori non sono affatto rari: l’andirivieni era tale da farmi supporre un centinaio di pazienti alla settimana (tuttavia, c’è da considerare che molti di loro effettuano almeno una seduta di apipuntura ogni settimana, oppure ogni due settimane).
Nel corso della visita ho incontrato un anziano, colpito da artrite alle mani, che suona la batteria in un gruppo musicale: solo grazie alle punture riesce a lenire il dolore e tenere in mano le bacchette, portando così avanti la sua passione. Insieme a lui ho incontrato altre persone, generalmente sopra i 50 o i 60 anni di età, colpite da artrosi, ernie, infiammazioni o varie forme di dolori alle articolazioni, che effettuano ripetutamente le punture delle api di Mario Rossi.
Tutte le persone che ho intervistato confermano di aver ricevuto benefici da queste terapie: se non sono guarite, sentono il dolore alleviarsi dopo le punture e possono riprendere le normali attività quotidiane. Una persona con dolori alle ginocchia, con difficoltà a salire le scale, mi ha detto di sentire meno dolore; anzi, dopo aver fatto una puntura, aspetta già con ansia la settimana successiva per farne un’altra, perché ormai la considera “come una droga” per via degli effetti benefici.
In generale, ho incontrato persone in età avanzata, alla ricerca di terapie contro dolori cronici, oppure di alternative a operazioni chirurgiche considerate troppo pericolose. Molte persone inoltre hanno dichiarato di preferire l’apipuntura, seppur con le loro perplessità, a terapie “ufficiali” che prevedevano infiltrazioni di acido ialuronico considerate troppo costose o meno efficaci.
Le perplessità
L’apipuntura soffre delle critiche che colpiscono tutte le medicine alternative: ovvero si tratta di tecniche, a prescindere dalla loro antichità e dalla loro diffusione, che si basano su principi ancora non dimostrati scientificamente. Rispetto alla medicina convenzionale, la medicina alternativa opera senza una comprovata efficacia e può addirittura risultare pericolosa, se non inutile.
L’apipuntura funziona davvero? Le opinioni dei “pazienti” non sono sufficienti, anche se dichiarano di sentirsi meglio: sia perché potrebbe trattarsi di effetto placebo, sia perché il miglioramento delle condizioni di salute potrebbe dipendere anche da altri fattori o da altre terapie meno controverse utilizzate durante lo stesso periodo. C’è bisogno di studi approfonditi per dimostrare l’efficacia di tali pratiche, e l’apipuntura è ancora sotto sperimentazione, così come l’apiterapia in generale.
L’ultimo studio scientifico relativo all’apipuntura approfondisce i temi legati agli effetti di riduzione del dolore, in seguito all’iniezione di veleno d’ape nei pazienti, che può essere benefica in alcuni casi (grazie ai suoi meccanismi analgesici e di contrasto ai ricettori del dolore), ma che può anche comportare dei rischi. Molti casi di applicazione dell’apipuntura (dolore muscolare, infiammazione cronica, dolore neuropatico) non sono ancora stati studiati sugli esseri umani. L’efficacia e la sicurezza dell’utilizzo del veleno delle api deve ancora essere supportata dagli studi clinici, ed è necessario determinare la dose ottimale e la durata della frequenza dei trattamenti per garantire efficacia e sicurezza.
Risulta evidente che, al momento, l’apipuntura sia una pratica illegale e che presenti dei rischi a tutti coloro che decidono di intraprenderla. Ci sono infatti tre ordini di problemi che rendono necessarie approfondire tutte le perplessità del caso, oltre alla supposta efficacia della terapia.
Il primo problema è di natura sanitaria: quello di Mario Rossi non è un vero e proprio studio medico, quindi mancano tutti i necessari presupposti di igiene e sicurezza. Inoltre non vengono considerati i rischi relativi alle allergie: per quanto la tossina delle api possa essere blanda, ci sono persone che rischiano lo shock anafilattico e che potrebbero sottovalutare l’introduzione del veleno nei loro corpi. Oltretutto, la ripetuta esposizione alle tossine potrebbe causare l’insorgere di allergie o effetti collaterali non rilevabili inizialmente, e che sono di difficile gestione in un contesto clandestino come questo. Sono stati registrati casi di intolleranza, irritazione e altri effetti indesiderati, con rischi di complicanze, che si possono sviluppare anche in soggetti non inizialmente allergici, ma che lo diventano con le ripetute esposizioni al veleno.
Il secondo problema è di natura etica: a ogni puntura equivale un’ape che muore. Mario Rossi alleva due arnie di api per poter continuare la sua pratica, e dichiara di utilizzare soltanto delle api moribonde, a cui rimane poco tempo da vivere. Vengono tuttavia allevate per questo scopo e utilizzate per una pratica controversa: a fine giornata, il posacenere è pieno di insetti morti. Questo sarà sicuramente un problema secondario per molte persone, tuttavia merita attenzione: alcuni esperimenti di apiterapia, infatti, prevedono l’utilizzo delle tossine delle api senza utilizzare le punture, salvaguardando quindi la loro vita, anche se la loro efficacia continua a rimanere dubbia.
Il terzo problema è finanziario: trattandosi di un’attività clandestina, siamo di fronte a un esercizio abusivo della professione medica, con uno scambio di denaro fuori dalle regole. Per quanto le attività svolte ” a nero” siano sicuramente la perplessità minore, si tratta di un elemento interessante su cui riflettere. Specialisti e medici professionisti, anche di medicine alternative di dubbia utilità, si fanno pagare fior di compensi: Mario Rossi chiede soltanto cinque euro, e ciò mi fa pensare che il suo intento principale non sia quello di arricchirsi sulle difficoltà di salute delle persone, ma che sia fortemente convinto dell’utilità di questa terapia, tanto da portarla avanti nei ritagli di tempo della sua professione vera e propria.
L’associazione italiana apiterapia
Nel corso degli studi per approfondire questa pratica, ho avuto modo di conoscere l’Associazione Italiana Apiterapia. Riunisce apicoltori, medici e ricercatori impegnati a divulgare la conoscenza dell’apiterapia nel nostro Paese, e che stanno attualmente partecipando a degli studi per cercare di dimostrare l’efficacia di tali pratiche e legalizzarle all’interno del Sistema Sanitario Nazionale.
Ho avuto modo di raccontare il caso di apipuntura in Valdichiana al Presidente dell’associazione, il dottor Aristide Colonna, che ha gentilmente risposto alle seguenti domande.
La vostra associazione cerca di divulgare la conoscenza di una pratica antica e complessa, con progetti di sviluppo e analisi scientifiche. Quali sono secondo voi le principali applicazioni nel campo del benessere e della salute che possono avere i derivati delle api?
“L’Associazione Italiana Apiterapia ha assorbito e sviluppato quelle che sono sempre più le richieste di gran parte della gente: avere una medicina che avvolga l’uomo nella sua totalità e non soffermarsi al singolo sintomo. Da secoli vengono utilizzati prodotti naturali che poi vengono sintetizzati chimicamente, quindi perché non INTEGRARE la medicina convenzionale con quella naturale? A questo proposito la nostra associazione collabora con istituti di ricerca e università per avere prove scientifiche degli effetti che alcuni prodotti dell’alveare possono avere in alcune patologie, con studi scientifici che non possono essere impugnati dal mondo scientifico.”
Parliamo nello specifico dell’utilizzo delle punture delle api a fini medici: è una pratica che può funzionare, se fatta da professionisti in ambienti sicuri e protetti?
“A tutt’oggi l’uso del veleno d’api fa parte della farmacopea ed è utilizzato esclusivamente per i processi di desensibilizzazione nei soggetti allergici al veleno di imenotteri in diversi centri di allergologia e immunologia. L’uso per altre noxe non è ammesso dagli attuali protocolli sanitari italiani. A questo proposito la nostra associazione sta seguendo diversi studi sia in vitro che sugli animali con l’Università Federico II di Napoli, che spero possano portare all’uso di questo prodotto anche per altre problematiche salutistiche anche sull’uomo.”
Passiamo invece al benessere delle api: è possibile capire quali sono le api che stanno per morire e che potrebbero essere usate per l’applicazione terapeutica delle tossine? O ci sono dei modi per estrarre le tossine senza far morire le api?
“Le api stanno soffrendo come tanti altri animali e piante quello che è il cambiamento climatico. Per quello che riguarda l’estrazione dell’apitoxina dalle api, già da anni ci sono metodi che che non influenzano la vita e la vitalità delle api. E’ ovvio che bisogna affidarsi come in tutte le cose a dei professionisti del settore.”
Le risposte si sono mantenute su un piano generico, non entrando nel dettaglio dell’argomento. Mi sembra evidente che ci sia una certa resistenza, da parte di tutti i soggetti coinvolti, nell’esporsi in maniera netta su questa pratica, finché ci sono sperimentazioni in corso, per via degli interessi contrastanti. Tuttavia quello che mi sembra interessante sottolineare, e che tornerà anche in seguito, è l’importanza di utilizzare questa tecnica non come soluzione definitiva a un problema medico, ma come eventuale integrazione di una terapia medica più complessa.
Il sistema sanitario
Nel corso della ricerca ho provato a ottenere maggiori informazioni dal Sistema Sanitario Nazionale. Ho mantenuto il riserbo su Mario Rossi, perché come ho detto prima, il mio scopo non è denunciare, ma informare e comprendere. A mio avviso, sarebbe importante capire l’efficacia dell’utilizzo delle tossine derivanti dalle api sul trattamento di particolari condizioni mediche: sia per capire gli effetti sull’organismo, sia per prevenire eventuali rischi ed eventualmente scoraggiarne l’uso.
Tuttavia, nel corso di queste settimane, non sono riuscito a ricevere risposte soddisfacenti. Di tutte le persone contattate per questa inchiesta, la parte più difficile è stata quella relativa all’interazione con il sistema sanitario pubblico (e credo che questo sia, in effetti, parte del problema generale). Se non è il settore pubblico a dichiarare con forza che tali pratiche sono inefficaci e dannose, non si può poi pretendere che le persone decidano in autonomia di non servirsene, soprattutto se sono alle prese con dolori di natura cronica che invalidano il benessere quotidiano.
Nonostante i miei tentativi di effettuare delle interviste sulla vicenda, ho ricevuto soltanto dei “no comment”. Il personale medico dell’AUSL Toscana Sud di Arezzo ha preferito non commentare la vicenda, dal momento che le sperimentazioni sono ancora in corso. Ovviamente, se qualcuno volesse esporsi, si senta libero di contattarmi per un commento.
Ho avuto modo di parlare, nel settore sanitario privato, con un medico reumatologo che manterrò anonimo. Era già a conoscenza di questa usanza in Valdichiana aretina e non si è espresso in maniera negativa, pur non volendo prendere posizione in maniera pubblica. L’approccio è possibilista: “va bene tutto, se non fa male. Tutto ciò che consente di ridurre l’utilizzo dei farmaci per alleviare il dolore, può essere positivo.” Ovviamente, come già indicato dall’associazione apiterapia, anche questa pratica dovrebbe essere svolta in maniera integrativa alla medicina tradizionale, e non sostitutiva.
Apipuntura e antropologia medica
Non potevo esimermi da qualche approfondimento di carattere antropologico: la medicina alternativa di questo tipo, e l’utilizzo popolare di forme tradizionali in contrasto con il sistema sanitario pubblico, aprono infatti lo spazio a riflessioni interessanti che ci consentono di affrontare il problema anche da altri punti di vista.
Ho avuto modo di parlare con Chiara Magliacane, amica e collega antropologa, Ph.D in Antropologia Medica all’Università di Torino, che ha affrontato proprio queste tematiche nel corso della sua carriera accademica. Pur non avendo trattato nello specifico il caso dell’apipuntura, ha approfondito il rapporto tra sistema sanitario e forme di medicina tradizionale. Le persone che si rivolgono alla medicina alternativa in contesti clandestini e insicuri, utilizzando un passaparola popolare e fuori dalla burocrazia, denotano un fallimento del sistema sanitario, almeno dal punto di vista sociale e comunitario: da una parte si sentono sole e abbandonate dalle istituzioni, dall’altra hanno più difficoltà di accesso alle strutture sanitarie.
Come sottolinea la ricercatrice Magliacane, infatti: “Ci sono spazi terapeutici che esistono, complementari o in sostituzione, al di fuori di quelli scientifici e biomedici. Tali spazi rispondono a specifiche dinamiche socio-economiche, politiche, e culturali: a volte sopperiscono alle politiche sanitarie ufficiali che rendono l’accesso alla sanità ineguale e difficile per alcuni.”
Proprio l’aspetto sociale e comunitario può essere al centro di un’altra riflessione. Le medicine alternative e tradizionali, che in questo caso sembrano così vicine a forme di folclore popolare proveniente dalla cultura contadina della Valdichiana, possono essere anche viste come sopravvivenza di un “mondo magico” fatto di superstizioni e credenze popolari, che interagiscono in diversi modi, in maniera complementare oppure alternativa, con la pratica medico-scientifica portata avanti dalle istituzioni sanitarie. Maghi, curatori, stregoni provenienti dalla tradizione contadina possono continuare a operare ai margini del mondo urbano, anche in Valdichiana: e quindi accanto alle terapie convenzionali svolte negli ospedali o presso gli studi medici, tutti noi possiamo avere esperienze dei “rimedi della nonna”, del sentito dire, della pratica tradizionale di parenti provenienti da altri territori, comunque antecedenti all’urbanizzazione del secondo dopoguerra.
La funzione di queste pratiche e di queste persone, anche se portano avanti terapie inefficaci dal punto di vista medico-scientifico, possono comunque svolgere una funzione dal punto di vista sociale, e partecipare comunque al processo di cura inteso in senso più ampio. Prendendo a prestito un grande classico, ovvero “Il Mondo Magico” di Ernesto De Martino, potremmo dire che questi stregoni non curano l’individuo, ma la società stessa. Il problema non è il ginocchio del singolo paziente che non funziona come dovrebbe: ma la quantità di persone anziane alla presa con dolori cronici, con buona capacità di spesa e alla ricerca di una qualità di vita migliore, con una prospettiva di vita che continua ad allungarsi; di fronte a un sistema sanitario sempre più costoso e privato, e che entra in gioco principalmente durante i casi di maggiore gravità.
In questo senso il problema è sociale, e le punture delle api di Mario Rossi mettono in scena il dramma rituale di uno stregone che non cura l’individuo, ma l’intera comunità. Partecipando al rito collettivo dell’apipuntura, le persone coinvolte si sentono parte di una comunità, invece che individui singoli che rischiano di smarrirsi tra ospedali sempre più alienanti e simili a dei non-luoghi. Mario Rossi cura la comunità: non è un medico iper-specialista di un unico settore (il remautologo, l’oftalmogo, il podologo), è il guaritore che cura gli anziani del suo territorio da tutta una serie di dolori cronici. Non cura il singolo individuo da un problema specifico: aumenta il benessere della sua comunità.
Mario Rossi diventa così lo stregone della comunità rurale, il guaritore di cui puoi fidarti. Anche chi produce i farmaci è uno stregone, perché non sappiamo come opera: ci fidiamo, giustamente, della scienza e della comunità scientifica. Ma noi non abbiamo modo di comprendere appieno la differenza, se non fidandoci di un’autorità garantita dall’istituzione. Nel momento in cui percepiamo un conflitto di interessi (le case farmaceutiche vogliono solo venderci farmaci? Gli ospedali ci trattano come clienti e non come persone?), perdiamo la fiducia nell’istituzione pubblica: e allora lo stregone che proviene dalla tradizione contadina, che sentiamo parte della nostra comunità, diventa ugualmente affidabile.
Paradossalmente, rimane in questo status proprio perché non è un professionista: Mario Rossi fa un altro lavoro, chiede un piccolo rimborso spese per la sua apipuntura. Non è un libero professionista della medicina alternativa, è uno stregone della comunità: se lo rendessimo stabile e riconosciuto, se la pratica fosse approvata e utilizzata soltanto negli ospedali da veri professionisti, perderebbe il suo status di stregone di comunità. E allora, quelle persone che adesso vanno a farsi curare con l’apipuntura, andrebbero a farlo a pagamento a cento euro a seduta nello studio associato di un professionista? Lo farebbero come parte di un lungo processo di terapia in ospedale? Oppure andrebbero alla ricerca di un’altra forma di medicina alternativa e clandestina, che sentano parte della propria comunità?
Riflessioni conclusive
Le riflessioni su questa vicenda potrebbero durare ancora molto, e il rischio di finire fuori tema è alto. Tuttavia voglio dedicare le conclusioni a un aspetto che ho accennato in precedenza e che ritengo di particolare interesse.
Richiamando le riflessioni di David Le Breton su “Antropologia del corpo”, il caso di apipuntura in Valdichiana ci ricorda l’importanza di avere un approccio olistico alla cura del corpo. Siamo abituati a curare pezzi dei nostri corpi come se fossero pezzi di un’automobile, usando la classica analogia del corpo come macchina: ci affidiamo allo specialista della parte del corpo che si è “rotta” in modo che venga sistemata, e spesso e volentieri va bene così. Tuttavia nei casi più complessi, in cui le condizioni mediche coinvolgono più specialisti e c’è bisogno di un approccio che tenga conto dell’individuo nella sua interezza, il sistema sanitario rischia di andare in difficoltà.
L’analogia corpo/macchina, così come il dualismo corpo/mente, non ci permette di comprendere appieno la totalità del nostro corpo e della nostra individualità. Nei casi della terapia del dolore, abbiamo spesso bisogno di un approccio olistico, che tenga conto del nostro stato di benessere complessivo, che ci impedisca di concentrarci solo su una parte, trascurando il resto.
Le persone che si rivolgono all’apipuntura in Valdichiana non si trovano in una condizione di malattia così grave da aver bisogno di interventi chirurgici urgenti. Ma sono persone anziane con dolori cronici, alla ricerca di una terapia del dolore che rischia di essere dimenticata dal sistema sanitario pubblico, con il desiderio di vivere l’ultima fase della loro vita in maniera piena e soddisfacente (senza trascurare i propri hobby, che siano il ballo, il calcetto o suonare la batteria). Concentrarci unicamente sui pezzi dei loro corpi che funzionano male, ci impedisce di comprendere pienamente il problema: la macchina sarà anche funzionante, ma non sa in che direzione andare.
E allora anche l’attività sotterranea e clandestina di uno stregone di comunità, che promette di curare i dolori cronici con la tossina delle api, può essere un tentativo da esplorare. Finché non fa male, finché fa usare meno medicine, finché fa sentire meglio: allora anch’essa fa parte del complesso sistema di cure di cui gli individui si servono, seppur con tutte le perplessità che si porta dietro.
Ogni farmaco, a suo modo, è un veleno. Li assumiamo per stare meglio, affidandoci a medici o stregoni per curare i nostri corpi. Concludo quindi, con la famosa citazione di Paracelso:
«Tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.»
(illustrazione di copertina a cura di Alessia Zuccarello)
[Ultimo aggiornamento – giovedì 16 gennaio alle ore 11:00]