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Momenti Musicali – The Beatles

Momenti Musicali – The Beatles

Momenti Musicali – The Beatles

Una volta, qualche anno fa, quando ancora si riusciva a parlare di musica con me, senza scatenare la Mara Maionchi che è in me, o semplicemente, senza farmi infervorare più del necessario, ci fu un episodio per cui mi indignai non poco. Adesso, che ci penso ancora, mi infervoro come non mai.

Erano ancora i tempi del Discman, e io ne possedevo un modello blu metallizzato, ricevuto per Natale, bellissimo, un regalo che avevo atteso per anni. Quando di notte non riuscivo a dormire, infilavo il walkman sotto il cuscino – perché facevano rumore i giri del disco nel lettore… – e mi mettevo le cuffie alle orecchie, e ascoltavo con molta attenzione il disco che avevo a disposizione. E, in un certo senso, mi mancano un po’ quei tempi in cui dovevi imparare a massimizzare quella dozzina di canzoni da ascoltare, perché non ne potevi avere migliaia a disposizione e soprattutto a portata di skip.

Uno dei cd che amavo sentire era “1” (o “One”) dei Beatles – credo di averlo consumato e reso inutilizzabile. Tutte le loro hit. A scuola elementare, avevo iniziato a leggere i loro testi, perché piacevano tanto alla maestra e ci voleva contagiare nella sua passione. Dei momenti bellissimi, che ti rimangono nel cuore finché campi, perché alla fine, le canzoni che ti porti dietro sin da piccola, difficilmente te le dimentichi, anche se non le ascolterai più per anni.

Avevo la morte nel cuore ogni volta che qualche sapientone – intelligente e preparato come Simona Ventura quando si tratta di cultura musicale o un minimo di gusto – mi diceva (e mi dice tutt’ora): “Ma cosa ascolti i Beatles che hanno fatto solo canzonette da quattro soldi”. Perché forse ascoltare i “nemici” Rolling Stone era più figo, da ragazzi ribelli. O forse, era meglio ascoltare musica colta, fatta da cantautori e musica per pochi. O musica più impegnata rispetto a quella che ascoltava la maggioranza delle persone. Non so, fatto sta che a me non piace giudicare un artista o una band per quanto è diffuso o per quanto è famoso, mi importa solo se la musica rimane o non mi dice niente da un punto di vista qualitativo.

Fatto sta che in questo periodo, mi piace molto riascoltare i Fab4, i Beatles, per intenderci. Non voglio stare a snocciolare eventi che tutti conoscono già, e non conosco nemmeno il vero motivo per cui si siano sciolti – e credo che Yoko Ono sia solamente uno dei tanti motivi per cui nessuno andava più d’accordo con l’altro. Voglio solo riportare alla memoria qualche canzone, che ancora colpisce al cuore, fatta da loro. Potrebbe anche essere che non l’abbiate sentita, perché ci sono canzoni meno note anche scritte da loro.

Onestamente, mi piace affermare che i Beatles sono stati decisamente avanti anni luce, ai tempi, e che abbiano spaziato nella sperimentazione – grazie al cielo, di album “fotocopia” non ne esistevano, ai tempi. C’erano poche possibilità di fare musica, e ciascun colpo andava calibrato di conseguenza. A dire il vero, cercavano anche di buttare fuori più musica possibile in un lasso minore di tempo – basti pensare a quanti anni è durata la band di Liverpool, un po’ pochini, eppure sembrano un’eternità – ma, signori, che musica.

Che poi, vorrei ancora capire che cosa intenda l’intellettualoide musicale con “canzonette”. La semplicità delle canzoni? Può essere, ma non è detto che una canzone per essere bella, debba essere complicata. Anzi. Forse per i testi molto sentimentali degli inizi della band inglese? Beh, ma i Beatles mica sono solo quelli di “Love Me Do” o “I Want To Hold Your Hand”. Vi invito a leggere i testi di “We Can Work It Out”, per esempio, oppure “Paperback Writer”, che può essere di un’attualità allucinante come “Taxman”. Potrei andare avanti e aggiungerci anche “With A Little Help From My Friends”, o la poetica “Across The Universe” (se non avete visto il film omonimo, guardatelo, perché è splendido). A suo tempo, proprio a detta dei Fantastici Quattro di Liverpool, uno dei testi migliori mai scritti dalla band:

Images of broken light

Which dance before me like a million eyes

They call me on and on across the universe

Thoughts meander like a restless wind

Inside a letter box

They tumble blindly as they make their way

Across the universe

(Across The Universe)

Potrei anche citare “Blackbird”, un testo da pelle d’oca, di una canzone forse poco nota ai più. E forse, al di là delle atmosfere un po’ psichedeliche, consiglio una lettura a “Strawberry Fields Forever” e a “Nowhere Man”, un brano affatto banale, da un punto di vista dei contenuti.

Living is easy with eyes closed, misunderstanding all you see.

It’s getting hard to be someone but it all works out, it doesn’t matter much to me.

Let me take you down, ‘cos I’m going to Strawberry Fields.

Nothing is real and nothing to get hungabout.

Strawberry Fields forever.

(Strawberry Fields Forever)

Vorrei rincarare la dose, giusto perché affermare che i Beatles facciano solo canzonette suona davvero come un’uscita superficiale: quante band hanno saputo dire addio al loro vertice? Quante band hanno saputo farsi da parte e non cadere nella tentazione delle reunion – non giriamoci attorno, che sappiamo tutti benissimo a cosa servono – o di ritornare a fare un disco, che rischia di rovinare quanto fatto di buono prima? Quante band hanno scritto una “conclusione” degna di tal nome, pungente e sintetico come un haiku, efficace come una piccola perla di saggezza destinata a rimanere negli anni?

Ve lo dico io, se permettete, ben poche:

Oh yeah, all right

Are you gonna be in my dreams tonight?

Love you, love you

Love you, love you

Love you, love you

And in the end, the love you take

Is equal to the love you make

(The End)

Abbey Road”, l’ultimo album dei Beatles, rimane uno dei migliori in assoluto della loro carriera, se non il migliore, con una chiusura d’album, quel “And in the end, the love you take is equal to the love you make” da brivido. Un addio fatto di amore, dopo tanti litigi e anni di disaccordi – perché ce n’erano stati parecchi, di screzi, negli ultimi anni. Un messaggio, un avvertimento a tutti, che sottolinea l’importanza dell’amore, ciò che conta di più alla fine di tutto.

Forse i Beatles non facevano proprio canzonette. Proprio no.

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