Annibale e i suoi eserciti in Valdichiana, 2230 anni fa.
La battaglia del Trasimeno tra Annibale e Flaminio: i luoghi, le marce e lo scontro all’alba del 24 giugno 217 a.C.
Il luogo della battaglia del Trasimeno oltreché essere un meraviglioso paesaggio meritevole di far parte del patrimonio mondiale dell’umanità, (questo lo propongo per tutta la riviera del Trasimeno! Chi mi aiuta? -> info@gensvalia.it) è una delle scenografie belliche più studiate dagli storici e dagli appassionati di storia Romana. Esistono vari tesi che dettagliano le posizioni e il percorso delle due armate ed anche oggi questo evento suscita sempre molta curiosità e stimola la fantasia per identificarne precisamente i luoghi. Questo evento oltre che a lasciare la memoria sui toponimi locali, ha segnato anche il nome delle persone, infatti, localmente, il nome di Annibale, oltreché riecheggiare sulle colline di Tuoro, è ancora presente tra di noi in quanto portatore di vittoria, di coraggio e di altre positive virtù. Ad esempio, dove abito io, un uomo nato 60 anni fa a Terontola porta il nome di Annibale. Prima di descrivere l’attività bellica di quel giorno infausto per gli eserciti di Roma, proverò a ricostruire le fasi precedenti la memorabile battaglia.
La Marcia di Annibale Barca
Annibale con le sue truppe Cartaginesi e gli alleati, dopo le vittorie presso i fiumi Trebbia e Ticino, superò gli Appennini e dopo Incisa discese lungo la sponda sinistra del Valdarno Aretino, evitò la città militare romana di Arezzo e si immise in Valdichiana dal passo della Verniana sopra Monte San Savino seguendo poi la sponda destra prima del torrente Esse poi di quella del fiume Clanis, allora tributario del fiume Tevere, per raggiungere e conquistare Roma. Giunto a Valiano (territorio della famiglia Gens Valia), anziché proseguire verso Sud lungo le antiche strade etrusche che saranno il sottofondo alla futura Via Cassia Vetus per Clusium (la consolare sarà aperta nel 154 a.C.), qualcosa lo indusse ad evitare anche il municipium romano Chiusino e preferì deviare al Trasimeno per le attuali campagne di Petrignano (territorio della famiglia Gens Petroni), Ferretto, Borghetto, evitando l’altra città romana di Cortona per dirigersi verso Perugia forse a cercare o il tracciato della Via consolare Amerina (realizzata nel 240 a. C.) o della Via consolare Flaminia (realizzata nel 220 a.C.). Nel transitare sul Malpasso, ebbe la conferma che da Arezzo gli eserciti romani del console Flaminio lo stavano inseguendo e vista la stretta valle tra Monte Gualandro e Tuoro decise di posizionare strategicamente le sue migliaia di uomini sulle colline di Sanguineto di Tuoro in attesa dell’arrivo dei nemici. Il territorio sottostante aveva una superficie più ridotta rispetto all’attuale in quanto il livello delle acque del lago di Trasimeno era molto più alto di oggi, ci è noto infatti dagli storici che solo sotto l’imperatore romano Claudio (41 d.C. – 54 d.C.) fu costruito l’emissario sotterraneo di S.Savino che regolava l’altezza delle acque, così come lo sono anche oggi grazie alla nuova quota più bassa stabilizzata con l’attuale emissario Consortile del 1898.
La marcia di Caio Flaminio
Il console Caio Flaminio si trovava con la sua legione ad Arezzo per sbarrare la via in Etruria ai Cartaginesi, mentre il console Gneo Servilio Gemino era con la sua legione a Rimini, per bloccare un’eventuale marcia adriatica dei Cartaginesi. Alla notizia della discesa di Annibale in Valdichiana in direzione del Trasimeno, Flaminio iniziò a muoversi in quella direzione mentre Gneo Servillo da Rimini si mosse in direzione dell’Umbria per unire le due legioni. Flaminio però commise un grave errore sul campo di battaglia, il suo nuovo piano era di un attacco a tenaglia e cioè di prendere Annibale tra la propria armata da ovest e quella del suo collega Servilio che stava percorrendo la via Flaminia e doveva ormai essere nei pressi di Foligno, da est. Ma Annibale fu più veloce di loro e si predispose strategicamente contro l’attacco a tenaglia posizionandosi sulle colline di Sanguineto di fronte al lago Trasimeno per affrontare una legione alla volta. Intanto Flaminio seguiva i Cartaginesi a debita distanza e giunto nelle vicinanze di Terontola piazzò il campo all’apice sinistro del lago Trasimeno sotto Monte Gualandro a poca distanza dal Malpasso: i Cartaginesi erano scomparsi dalla vista dei Romani e tutti pensarono che erano oramai diretti verso Perugia.
La Battaglia
Così non fu. Annibale aveva fatto tornare indietro le sue truppe con un ampio giro, disponendole lungo la cerchia di colline che dominavano la strada che percorreva il bordo del lago realizzando così la più grande imboscata della storia militare. Il combattimento nella nebbiosa mattina del 24 giugno 217 a.C. durò 3 ore: i Romani persero 15.000 uomini tra morti e prigionieri contro 2.500 Cartaginesi che rimasero sul campo di battaglia. I Cartaginesi poi, ripreso il cammino verso Sud, non vollero o non ebbero il coraggio di marciare contro Roma e si dettero agli ozi di Capua e Roma fu salva.
Termino la narrazione della battaglia citando Francesco Dini, poligrafo di Lucignano, autore del libro in latino “Antiquitatum Etruriae seu de situ Clanarum – Fragmenta Historica” 1696 e 1723, tradotto in italiano da don Remigio Presenti per i tipi della Società Bibliografica Toscana – Aprile 2012, che così racconta la sua cronaca:
“…Annibale sconvolse con incendi e stragi la regione fra le più fertili dell’Italia fra Fiesole ed Arezzo, ricca di frumento, di greggi e di ogni genere di beni.
Convocata frattanto un’assemblea nel Senato degli Aretini, i Padri decisero di aspettare il collega (Flaminio) e con accordo e decisione comune di portare a termine la guerra: si tratta di nemici prestigiosi per qualità di armi e addestramento militare e fama di gesta ed è grande la speranza e il pericolo; bisogna aver cautela, frenare l’aggressività dell’animo, perché talvolta l’occasione non colta diventa gloria più sicura e più grande. Il Console con atteggiamento impaziente rimproverando con durezza e senza paura i Padri e i penati, disse : “Sediamo davanti alle mura di Arezzo, qui sono infatti la patria e i penati; Annibale arrivi alle mura di Roma e devasti l’Italia!”. In preda all’ira (Flaminio), si precipitò fuori dall’assemblea, salì precipitosamente a cavallo e, privato della sedia curule, espose il piano di battaglia: il nemico era in marcia verso il Trasimeno, lungo le falde dei monti cortonesi, lasciata a sinistra Città di Castello e Lucignano a destra, essendo della massima importanza la rapidità e temendo più l’indugio che la guerra, devastava con stragi belliche tutto il territorio che c’è fra quella ricca e oppressa regione, per eccitare sempre più l’animo risoluto del console a vendicare le offese degli alleati, fino invocare gli inferi per attacar battaglia. Quando questi fu giunto al lago, l’esercito cominciò a spiegarsi in un terreno più vasto e, passata la notte, si accorse di essere circondato da ogni parte dagli agguati dei Cartaginesi e chiuso dai monti. Impavido schierò le file e le falangi e subito si mise mano alle armi; i Romani per la libertà, la famiglia e la religione, i cartaginesi per distruggere il nome di Roma e liberare il mondo intero; si combattè per circa tre ore accanitamente e ferocemente da ambedue le parti : Avendo la necessità eccitato l’indolenza, tanto che le legioni romane erano esangui e messe in fuga quelle degli alleati; quando l’assalto di un’ala fresca di Africani investì i nemici, Flaminio contrastando audacemente gli estremi nemici e ferito, esalò la grande invitta anima”.