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Bettolle: Contraddizioni, polemiche e gioia per il Palio della Rivalsa

Bettolle: Contraddizioni, polemiche e gioia per il Palio della Rivalsa

È difficile spiegare le competizioni paesane a chi non è del paese in cui queste hanno luogo. Ancora più difficile è spiegare una gara complessa e densa di rimandi simbolici, quale è quella di Bettolle, così affastellata di componenti e complessità; così intrigata e degna dell’epica più rocambolesca.

Bene; anche ipotizzando che l’interlocutore abbia capito le dinamiche del palio della rivalsa di Bettolle e i movimenti dell’anima che agiscono dentro lo spirito del contradaiolo bettollino, anche supponendo che il forestiero abbia capito tutti i rimandi storici e simbolici della gara e la sua funzionalità, è – credo – impossibile riuscire a spiegare ad un imperito cosa sia successo domenica 22 giugno, durante il XIX palio della Rivalsa, in Piazza Garibaldi a Bettolle.

C’è stato un vincitore. Forse due. Anzi c’è chi dice che siano tre, le contrade vincitrici. Altri dicono che non ha vinto nessuno. C’è invece chi sostiene che ad essere sconfitto è ormai l’inaridito tecnicismo del regolamento, troppo macchinoso e privo di fondamenti, che non tiene conto dei possibili risvolti dubbiosi che, in una gara così complessa, sono inevitabili.
È uno stato kafkiano di contraddizioni e polemiche quello in cui il paese galleggia da un po’ di giorni. Gli elementi primordiali dell’essere umano emergono da questa situazione rocambolesca; la rabbia che porta persone così composte e contenute durante l’anno, a inveire e sfiorare risse nel giorno del palio, la delusione che porta a gesti di stizza e parole ahimè fin troppo poco pesate. Tutto questo è la bellezza del vitalismo che si respira in quei giorni.

Ci tengo a precisare che parlo sia da contradaiolo, sia da persona neutra, posta in una posizione rialzata di analisi esterna; quella di banditore, che dall’alto di una terrazza è chiamato ad annunciare le contrade e le varie fasi del corteo e della gara che si svolgono in piazza Garibaldi. Posizione a mio parere privilegiata per quanto riguarda l’osservazione, ma molto spesso scomoda nei momenti in cui le affermazioni che siamo portati a declamare vengono contestate o creano dissenso – anche molto spesso rumoroso – nelle folle che sostengono i propri colori.

Ma il bello è anche questo.

Dal “Diario delle cose avvenute in Siena” di Alessandro Sozzini; “Il giorno 8 marzo 1553, Ascanio della Corgna, arrivato con la fanteria al poggio di Bettolle, dove si ergeva un castello con oltre 40 capanne di abitazione, vi attaccò fuoco e bruciò tutto”. Dalle Ceneri una nuova vita si è sparsa sul territorio bettolino. Con la forza e la partecipazione popolare, con la coscienza del disastro avvenuto e con la spinta propulsiva della ricostruzione. Come un moderno Fossombroni la percezione chiara che la palude non sia un limite ma la necessità, l’urgenza di bonificare. La storia del nostro paese è caratterizzata dalla ricostruzione; prima, dopo il fuoco, che Ascanio della Corgna appiccò al fortilizio di Bettolle, e successivamente dopo l’acqua stagnante della palude valdichianense.
Non c’è vita se non dopo l’emersione dai putridi e mefitici acquitrini, e non c’è vita se non quella che attraversa il fuoco. E a salvare il paese dalle fiamme sono:

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Con l’eleganza e la compostezza di chi sa assaporare le vittorie. Raffinata ed ostinata, sobria e grintosa. La contrada che si estende a Nord Ovest del paese, punto cardinale dell’orientamento toscano; qui si fondono le provincie di Siena, Arezzo e Perugia, qui si incrociano le due vie di comunicazione più importanti del centro Italia. Il vitalismo dei suoi colori rappresenta il richiamo al dinamismo distinto del suo paesaggio; la fascia territoriale che Pietro Leopoldo predilesse durante la visita nei luoghi della bonifica da lui avviata. Accurata e signorile; come la Villa – la Villa di Montemaggiore – che pur nascondendosi alla vista domina tutto il bassopiano circostante, così la contrada che oggi popola questa landa. Vincente a distanza di anni, come un memento della propria sottaciuta e non ostentata potenza, come a dimostrare senza sbavature la propria presenza incombente, capace di smuovere le torri e spegnere tutti i fuochi. Barocca e inafferrabile, entra in piazza con i colori rosso e verde, la Contrada di Montemaggiore!

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Ed ora, con i colori rosso e nero, la contrada della vetta, la cima della dorsale collinare sulla quale poggia il paese vecchio, il popolo ruvido e rumoroso del centro storico che con la forza e la determinazione tipica dei padronati è divenuto il più temuto tra i candidati alla vittoria. Dal 1100 è stato feudo della famiglia Cacciaconti che lo rese il fortilizio di confine tra i più importanti e contesi della toscana durante il medioevo. Ancora oggi illuminata, come l’ordine dei Cavalieri di Santo Stefano che abitavano la Real Fattoria della famiglia de’Medici, fulcro, cuore pulsante della vita di Bettolle, sgomina e impone il proprio sigillo, con i colori rosso e nero, incalza per le strade del paese la contrada del Poggio!

 

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La contrada campione in carica. La dimostrazione palese che la Nobiltà è saper attendere, che la Nobiltà è saper aspettare il sole per il quale nessuna notte è mai così lunga da impedire l’alba. E come il sole presente e vivo il grande popolo Post Nobiliare di Bettolle, dall’estremità a sud del paese, a circondare il tasso di nobiltà e di eleganza della Villa Cassatum Bettollarum concessa con privilegio dall’Imperatore Enrico II all’Abate di Farneta nel 1014 e successivamente ristrutturata dagli eredi del Conte Walfredo, che l’aveva ricevuta dall’Imperatore Ottone IV nel 1209. La cassazione della gioia. Giallo come il colore del Sole e della ricchezza spirituale primariamente che materiale, e blu come il colore del suo sangue; entra in piazza la Nobile contrada del Casato!

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Ad Ovest di Bettolle, lungo le discese e le risalite delle campagne della bonifica; la perfezione della ricostruzione; la palude che si fa terreno fertile, il disordine che si fa territorio colonico, cenere che si fa fuoco in un ciclo di passione gialla come l’oro e nera come la fatica per conquistarlo. Contrada di ritrovamenti di importanti reperti etruschi, di ville leopoldine, di ricchezza nascosta ma efficace. Contrada bifronte come il dio Giano, rappresentato nel suo stemma; la nobile semplicità e la quieta grandezza. Una delle più vittoriose del paese, storica contrada da battere da diciotto anni in pole position, da diciotto anni primeggia, impone la propria presenza con l’invidiabile albo d’Oro. Come Gaio Giulio Cesare, ha dominato la sua Battaglia di Zela, sbaragliando gli eserciti di Mitridate, venne, vide e trionfò. Sempre agguerrita, con i colori giallo e neri entra in piazza la contrada Capitana delle Caselle!

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Ed ora la contrada imbattibile, sempre in prima linea, tra le più vittoriose della storia del palio della rivalsa. Atleti teste di serie, esempio di determinazione e gioia della competizione, direbbe Annah Arendt. Paladini della bettollitudine, dell’appartenenza e della partecipazione del paesano e del contradaiolo alla vita attiva della preparazione al palio. Nel ‘700 era solo l’estensione a sud-ovest del territorio bettolino intorno al Podere della Sugheraia di proprietà del Conte Gualfredi della Valle. Nel rigido inverno 1944, nell’Italia dilaniata dall’occupazione tedesca, un manipolo di soldati della Wehrmacht abbatté un antico pino per avere legna da ardere e quindi riscaldarsi. Da allora la Ceppa del pino è diventata l’eponimo della contrada più maestosamente vincente di Bettolle. Signore e Signori, con i colori Bianco e Blu, entra in piazza la contrada della Ceppa!

Foto: Serena Novembri e Marco Roghi

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