Carlo Gentile appare come una di quelle persone che si diletta nelle arti cercando di fare passare il tempo che scorre, assorbendole con lui nella speranza che queste possano dare significato alle sue opere. Appare, perché nella realtà l’arte la gestisce attraverso la sua mente e le sue mille abilità, che non hanno avuto uno spazio nel passato ma che se lo sono guadagnato nel presente.
Carlo Gentile, in arte Lucesio, è un cantastorie che riesce a donare una storia a pezzi di materia che ormai non ce l’hanno più e nel fare tutto questo inserisce una denuncia non solo artistica ma anche sociale ed ecologica.
La sua officina artistica è presso la sua abitazione a Torrita di Siena, ma prima Carlo ha passato la sua vita a fare altro, riuscendo a viaggiare il mondo, ma dovendo abbandonare quelle scintille di immaginazione che riempivano le sue giornate da bambino. Una cosa però non ha perso, la sua “chianinità”, che gli ha permesso di stringere amicizie ovunque, perché come ci ha detto “Spesso basta essere puri e sinceri per stringere amicizia anche nei luoghi più lontani di questa terra e il mio essere chianino mi ha permesso di essere sempre vero”. Ma gli ha donato anche il trampolino di lancio nel 1995 quando proprio a casa sua ha deciso di intraprendere un nuovo lavoro, permettendo a quelle scintille di immaginazione che aveva spento di tornare a vibrare.
È iniziato tutto semplicemente, mentre cercava le castagne, e dopo essersi messo a intagliare un bastoncino per noia, si è reso conto di volerlo fare più in grande, perché alla fine chi è che glielo impediva?
Così sono iniziati a nascere i bastoni, poi i camioncini, poi le tele, una fucina di idee e di materiali che gli passavano per la testa andando a costruire mondi e storie. Perché la cosa che colpisce di più di Lucesio oltre alla sua bravura innata, imprecisa tecnicamente certo, ma di grande spessore, è il fatto che dietro ogni singolo oggetto che ha costruito c’è una storia. Non importa quanto grande e complessa ma c’è, ogni opera ha un significato, nulla è dato per scontato, tutto viaggia in mondi a noi sconosciuti per riatterrare proprio sotto ai nostri occhi donandoci uno sguardo sulla realtà da un punto di vista spesso tralasciato, quello dell’immaginazione.
È così che si vanno a costruire opere di denuncia sociale come “Il catino dell’ipocrisia-Mediterraneo”, dove una volta c’era solo acqua ma ora ci sono “citti, citte, mamme e babbi” che ci guardano, aspettando di tornare in superficie. Oppure “Che pomodori che siamo”, una macchina per fare pomodori, da cui esce un liquido rosso che non è passata ma sangue, perché anziché fare i pomodori come ci hanno insegnato i nostri nonni facciamo le armi, facendo scorrere sangue inutile, dando vita alla morte e non al nutrimento. “Nonostantetutto” l’impavido soldato che però come tutti alla morte non può sottrarsi e così muore a causa di un colpo di pistola alla testa; “il parto” visto dalla parte dell’utero che si lacera donando la sua vita a una nuova essenza.
Nel suo laboratorio sono presenti anche opere puramente di fantasia, che vanno a raccontare la vita di una bambino come Carlo che in Valdichiana c’è nato e cresciuto, e che quando vedeva il treno diretto delle 17:30 passare per Torrita non sapeva in quali posti lontani stesse andando. Per raccontare questa storia Lucesio ha dato vita a “Vapor”, il treno che ricorda quello che con il suo vapore gli copriva gli occhi e lo faceva volare. Ma questo è un po’ più speciale: è dotato di un telecomando e da varie turbine che gli permettono di andare a 6696 km/h.
La moto “Aria“, che ovviamente va ad aria, un sistema di accensione che Lucesio ha portato sulla terra odierna dopo avere visitato il futuro. Il “Noimac 5020 SP“, un camion che trasporta pale eoliche, la moto Rombo, che con le sue 20 marce fa tornare chiunque che le salga in sella bambino. “Sybilus“, partita nel 2003 e che arriverà nel 20.003, dove Lucesio la aspetterà, insieme a Siby il suo pilota. Queste sono tutte le storie create da Lucesio per raccontare le proprie opere.
E tante altre opere che vanno viste con i propri occhi per poterle capire, per questo vi lasciamo il link di un’intervista realizzata a Lucesio durante un’esposizione dove è lui stesso a raccontare le storie dietro alle proprie opere.
La Frangimottole dell’Universo
Ma un’ultima storia vale la pena raccontarla: l’ultima opera di Lucesio, la “Frangimottole dell’universo”, un’astronave che ha impiegato ben cinque anni di vita a nascere.
Nel 2016 Lucesio inizia la sua costruzione sotto il tiglio di casa sua, un’avventura viste le dimensioni: una lunghezza di 3,63 metri per una larghezza di 1,10 metri e un’altezza di 1,70 metri.
Il progetto nasce da un desiderio lontano: quello di viaggiare per lo spazio e attraverso altri mondi. Un’idea che però non poteva essere realizzata da Lucesio da solo, e così spinto dalla partecipazione alla Festa dell’Unicorno a Vinci, dove ha conosciuto persone dalle mille sfaccettature, ha deciso che avrebbe portato anche i suoi amici. Perché la sua astronave non dovrà finire in un museo come la Gioconda ma dovrà essere portata su Marte, magari fra centro o cinquecento anni, ma ci dovrà arrivare e chi meglio dei suoi amici potrebbero accompagnarlo?
In più Lucesio ha deciso di portare con sé anche dei semi, così da poterli piantare se non ci sarà nulla da mangiare. Ed essendo quasi certamente impossibile arrivare con il proprio corpo a concludere tale viaggio, Lucesio ha deciso di donare 82 pergamene ai suoi amici, facendogli scrivere ciò che avrebbero voluto portare su Marte e poi inserendole in capsule, confinate all’interno dei dischi che formano parte dell’astronave.
Il tutto verrà preservato nobilmente grazie ai materiali con cui è stata costruita l’astronave: ferro, rame, acciaio, alluminio, ottone, teflon, ghisa e nylon. L’astronave è smontabile in 42 pezzi, è infatti tutta avvitata, non ci sono pezzi saldati, ed ha come equipaggiamento 6 camion: Tapù, una talpa microbiologica per analizzare i terreni, Grizù, analizzatore di particelle microscopiche nell’aria e nell’acqua, Zuppo, acceleratore di particelle elettriche per fare tornare il cielo buio a giorno, Rolò, orecchio interstellare per trasmissioni con altri tipi di creature che troveremo nello spazio, Serpò, serpentina molecolare in grado di riportare le cose che abbiamo rimpicciolito per il viaggio allo stato naturale, Lasè, il laser sbriciolatole in grado di annientare qualsiasi ostacolo.
In più nell’astronave sono presenti degli specifici elementi progettati da Lucesio: il puntatore Astrospettacolarus in grado di capire se ciò che si vede è reale o no, la cabina di comando con i robot, l’elica e i fori fotonici che permettono di viaggiare a velocità mai viste, i fari Intridax per vedere attraverso qualsiasi ostacolo, i buchi Fondax che studiano i relativi infiniti, i Superbix pulitori d’aria, Girostex i due raddrizzatori di rotta, i trasmettitori di voci Rumorox e infine Timpux un traduttore universale.
Un’astronave completa di tutto che ha iniziato il suo viaggio il primo Aprile del 2021 verso lo spazio infinito che porta con sé 83 messaggi di cui uno è la sua vera essenza:
“A te che un giorno oreggerai quello che che ho voluto custodire nelle sue ottantatré capsule, ti parrà forse strano che io abbia voluto portare con me i miei più cari amici. Per me non aveva senso intraprendere questo viaggio senza di loro, in queste capsule ci sono amici e amiche artisti, amici e amiche di una vita intera e i miei familiari e, se tu l’hai aperta e non siamo su Marte, richiudila perché noi ci dobbiamo arrivare”.
La Frangimottole dell’Universo non è solo un’opera di Lucesio ma rappresenta il motivo per cui ha iniziato il suo viaggio nell’arte. Non è infatti mai tardi per sognare o per dare voce alle proprie abilità e se gli altri non lo comprenderanno o non riusciranno a vedere ciò che vedi non preoccuparti, vai avanti, l’importante è che tu riesca a immaginarlo con la fantasia.