Comincia l’avventura narrata dei miei viaggi in Valdichiana: un resoconto genuino di un’antropologa romana degli eventi e delle tradizioni di questo piccolo paradiso terrestre.
Prima tappa, la Valle del Gigante Bianco a Bettolle, arrivata quest’anno alla sua X edizione e dedicata alla razza chianina e alla Valdichiana stessa.
La giornata di domenica 1 giugno vede un arrivo un po’ sonnolento, ma baldanzoso, sciarpa al collo e zaino alla mano, in treno da Roma a Chiusi la mattina presto. Caffè veloce al bar della stazione, poi via di corsa in macchina verso Montepulciano stazione, luogo di permanenza notturna della sottoscritta.
Prima di giungere all’agognata fiera, ricevo un graditissimo invito mangereccio a casa dei genitori del mio collega poliziano. Un pranzo condito da pici al ragù, dessert fatto in casa e chiacchiere sul passato tradizionale chianino: dopo un interessante racconto delle tradizioni matrimoniali riguardo al “finto” matrimonio dei mezzadri (la sposa si sposava a casa del futuro marito, ma i parenti di lei rimanevano nella tenuta di famiglia e organizzavano un matrimonio “doppio” con finti sposi), il discorso si è inevitabilmente diretto sulla fiera che da lì a poco sarei andata a vedere. Destreggiandomi abilmente (spero) con un dialetto chianino abbastanza stretto, soprattutto nel caso della generazione più anziana, ho ascoltato con avidità tutto ciò che si è detto; in quanto antropologa, le mie orecchie erano attentissime e avide di sapere. Pronta a recarmi a una festa che non avevo mai visto, e che non sapevo quanto turistica fosse, l’attimo di autenticità vissuta all’interno di quella famiglia mi sembrava simboleggiare un ottimo auspicio per l’inizio della mia giornata.
Arrivando a Bettolle, intravedo la via diretta a Piazza Garibaldi, cuore della manifestazione: bancarelle e vecchierelli disposti ordinati ai lati della strada, intenti ad attirare, curare e celebrare questa giornata di festa. Una nota particolare va fatta alle Officine idro-meccaniche Calzolari, le quali avevano organizzato un’esposizione-vendita di trattori del secolo scorso, pezzi unici di pregevole fattura e passato (ancora perfettamente funzionanti!).
Mentre ammiravo queste macchine immaginando mezzadri e braccianti impegnati a occuparsi di questa o quella mansione c
Grandi balli consacrano la fine della rievocazione del matrimonio tradizionale. Uomini, donne, bambini vestiti per l’occasione danno il via alle danze, seguiti da cori e canti tradizionali; meravigliosa la scenografia approntata per l’occasione. Un’immagine, in particolare, si è fermata nella mia mente: alcuni bambini vestiti per l’epoca che giocavano, felici e spensierati, rincorrendosi su e giù da un carretto in esposizione.
Con i miei colleghi della redazione perdiamo un po’ di tempo ad ammirare le costruzioni, fatte a mano in miniatura, di attrezzi e mobili per la casa, realizzate ed esposte in una sala adibita alla quale si accedeva dalla piazza principale. Ci rechiamo, poi, all’esposizione di fotografie di Furio del Furia, “fotoamatore evoluto”, che ci ha regalato opere come L’Iolanda scollacciata e L’Antoniettina col passerotto nel pugno.
Tornando nella piazza, arriviamo in tempo per ascoltare la gara di stornelli, antica pratica della zona caratterizzata da sfide verbali, solitamente lanciate in osteria, attraverso le quali due persone si ingiuriano in versi, per la precisione endecasillabi e settenari. Un modo che si usava per non ricorrere alla sfida fisica, e che tanto ricorda la pratica giovanile e moderna del dissing, tipico della musica rap, nel quale ci si offende e ci si ingiuria a vicenda attraverso i propri brani musicali.
Per esempio, un estratto da uno stornello chianino:
Fior che appassisce, è inutil che ti tinga le ganasce,
è inutil che ti tinga le ganasce, il naso da befana un ti sparisce.
Fiorin di moccolo, e da piccino eri un un gran bel coccolo
e da piccino eri un gran bel coccolo, ora che sei grande sei un bel broccolo.
Per offrire una degna conclusione a questo resoconto, un cenno alla sera è d’obbligo: ad allietare la X edizione della Valle del Gigante Bianco sono venuti, infatti, i Nomadi, in concerto allo stadio di Bettolle, che abbiamo avuto il piacere di incontrare prima dello spettacolo, ultima tappa di quella che si è rivelata essere una giornata piacevole e istruttiva.
Alzandomi, la notte, le coperte fin sul viso e chiudendo gli occhi per la stanchezza, la prima cosa che mi è venuta in mente, un attimo prima di addormentarmi, è stata la consapevolezza di un popolo che ama la sua terra e le sue origini. Un vanto fa delle sue cose, e delle sue storie, e amore e passione esprime nel mostrarle e raccontarle.