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Chiara & Civica: come funzionano i referendum?

Chiara & Civica: come funzionano i referendum?

Sono passati più di settanta anni da quando la Costituzione venne promulgata. Ma attraverso i referendum la Costituzione ha visto alcune modifiche, oppure gli italiani hanno potuto esprimersi affinché leggi essenziali per la società in cui viviamo fossero mantenute in vigore.

Andiamo ad analizzare insieme quali sono state le riforme che sono andate a modificare la Costituzione e quali sono stati i referendum più importanti per il nostro ordinamento statale, ma soprattutto per la nostra società.

Ma prima, cosa è un referendum? E quali sono i quesiti permessi dalla Costituzione?

ll referendum è un istituto giuridico ( il complesso di norme attraverso le quali l’ordinamento giuridico disciplina un determinato fenomeno sociale e il fenomeno stesso) contemplato dalla Costituzione della Repubblica Italiana attraverso il quale è garantita la partecipazione attiva alla politica da parte dei cittadini. Il giudizio sulla sua ammissibilità è espresso dalla Corte Costituzionale.

L’ordinamento giuridico italiano prevede diversi tipi di referendum disciplinati da apposite leggi:

  • Abrogativo di leggi e atti aventi forza di legge (articolo 75 della costituzione);
  • Sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale (articolo 138);
  • Riguardante la fusione di regioni esistenti o la creazione di nuove regioni (articolo 132 comma 1);
  • Riguardante il passaggio da una Regione a un’altra di Province o Comuni (articolo 132 comma 2);
  • Riguardante gli statuti regionali (articolo 121),
  • Regionale nella forma abrogativa o consultiva (articolo 123)

Altri referendum a livello comunale e provinciale sono poi previsti da fonti sub-costituzionali.

Referendum Costituzionali

L’art. 138 della Costituzione prevede la possibilità di richiedere il referendum costituzionale, dopo la seconda votazione da parte delle camere, di una legge di revisione costituzionale o di una legge costituzionale.

La seconda votazione in Parlamento deve raggiungere la “maggioranza assoluta” cioè il voto favorevole del 50% più uno. Se viene raggiunta, in entrambe le Camere, la maggioranza qualificata dei 2/3 dei componenti di ogni Camera, non sarà possibile richiedere il referendum.

La richiesta di referendum costituzionale può essere presentata da un quinto dei membri di una Camera, da 500mila elettori o da 5 Consigli regionali entro tre mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Sarà il Capo dello Stato a fissare con un decreto la data della consultazione.

Il referendum costituzionale non prevede il raggiungimento del quorum elettorale pari ad almeno il 50%+1 degli aventi diritto al voto.

Ricordiamo che per quanto riguarda i referendum costituzionali i cittadini sono chiamati a votare solo per esprime il loro consenso su una riforma già approvata dalle Camere. Non si vota per modificare l’articolo in sé ma per approvare la modifica all’articolo.

Andiamo quindi ad analizzare i referendum Costituzionali che hanno visto vincere l’approvazione, quindi la vittoria del nella votazione:

2001: la riforma del Titolo V della parte II della Costituzione.

Al primo referendum costituzionale nella storia repubblicana votò il 34,1% degli aventi diritto e vinse il sì con il 64,2% di voti. Il testo del quesito era questo:

“Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2001?”

La riforma prevedeva, in breve, la modifica della struttura gerarchica dello Stato, lasciando maggiore autonomia alle Regioni. Si aboliva infatti la facoltà per il governo di sollevare questioni, rispetto alle leggi regionali, di legittimità costituzionale o di merito. Si aboliva anche il controllo di legittimità da Parte dello Stato sugli atti amministrativi della regione.

Questo nuovo disegno del sistema risponderà al principio di sussidiarietà per il quale non deve esistere un’unica entità totale che con il proprio potere si sovrappone ai cittadini. Infatti tutto deve partire dal basso (i cittadini si aggregano in comuni, che formano una provincia all’interno di una regione che va poi a formare lo Stato).

2020: Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari

Il referendum più recente aveva il seguente quesito:

“Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?“.

Approvata con il 69,96% di voti favorevoli, cosa prevedeva? Il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: da 630 a 400 seggi alla Camera dei deputati, da 315 a 200 seggi elettivi al Senato.

Inoltre è stata chiarita l’ambiguità sulla nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica, stabilendo che non è possibile averne più di 5 in tutto.

Affluenza per regioni, percentuali di voti Sì

Referendum abrogativi

L’articolo 75 della Costituzione permette ai cittadini (500 000 elettori) o alle Regioni (5 Consigli regionali) di proporre all’elettorato “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”. Esso stabilisce inoltre che deve essere raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

Affinché il referendum sia valido e perciò idoneo ad abrogare la disposizione oggetto del quesito è stato fissato nella maggioranza degli aventi diritto al voto il quorum.

Non tutte le leggi possono essere oggetto di abrogazione tramite referendum: “le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”. In più non è possibile abrogare mediante referendum disposizioni costituzionali.

Quali leggi sono rimaste in vigore grazie al referendum abrogativo?

Di referendum abrogativi ce ne sono stati molti e vari negli anni, ma cercheremo di parlare di quelli che hanno fatto la storia. Di leggi che, grazie alla conferma del referendum popolare, hanno dato diritti a chi non ne aveva:

“Legge sul divorzio”, 1974
referendum 1

Il divorzio venne introdotto a livello legale in Italia, nonostante l’opposizione della Democrazia Cristiana, con la legge 1º dicembre 1970, n. 898. Mancando l’unanimità nell’approvazione della legge negli anni seguenti si organizzò un movimento politico, sostenuto anche dai partiti contrari all’introduzione della legge, che promosse un referendum abrogativo, nell’intento di far decadere la legge.

Alla votazione per il referendum di abrogazione ci fu un’affluenza dell’87,7% che portò alla vittoria il “no” (ovvero la conferma della legge sul divorzio) con una percentuale del 59,3%. Affluenza che non è mai stata ripetuta.

“Interruzione di gravidanza”, 1981

Nel 1981 attraverso il referendum agli italiani venne chiesto di votare a favore o contro di più leggi. Si parlava di abolire la legge Cossiga, concepita per affrontare l’emergenza terrorismo negli anni ’70, di abolire l’ergastolo, la norma che vigeva sul porto d’armi e si chiedeva l’abrogazione di alcune norme della legge 194 sull’aborto.

referendum costituzionali 2

Su quest’ultimo punto si dividevano i principali schieramenti politici:

Abrogazione di tutti i procedimenti, gli adempimenti e i controlli, di tipo amministrativo o anche giurisdizionale, riferiti all’interruzione volontaria della gravidanza, come pure tutte le sanzioni per l’inosservanza delle modalità configurate dalla legge 194 del 1978. Promosso dal Partito Radicale

Abrogazione di ogni circostanza giustificativa ed ogni modalità dell’interruzione volontaria della gravidanza, quali sono previste dalla legge 194 del 1978. Di segno opposto al quesito precedente. Promosso dal Movimento per la vita.

In entrambe le votazioni vinse il No con l’88,42% e il 68%.

A tale votazione si arrivò con una serie di scandali, come l’arresto di alcuni politici e della segretaria del CISA (centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto) per avere praticato l’aborto, attraverso manifestazioni e proteste ma soprattutto attraverso la campagna abortista a cui si aggiunsero sempre più partiti. Il 5 febbraio una delegazione comprendente Marco Pannella e Livio Zanetti, direttore de L’espresso, presentava alla Corte di Cassazione la richiesta di un referendum abrogativo degli articoli nn. 546, 547, 548, 549 2º Comma, 550, 551, 552, 553, 554, 555 del codice penale, riguardanti i reati d’aborto su donna consenziente, di istigazione all’aborto, di atti abortivi su donna ritenuta incinta, di sterilizzazione, di incitamento a pratiche contro la procreazione, di contagio da sifilide o da blenorragia.

Iniziò così la raccolta firme. In tutto furono 700.000 e il 22 maggio 1978, dopo l’approvazione della camera, entrò in vigore la legge 194.

referendum costituzionali 3

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