Nonostante l’anno terribile del teatro italiano, la compagnia LST Teatro, diretta da Manfredi Rutelli non si è arresa: Il Dio del Massacro, di Yasmina Reza è andato in scena al teatro Caos di Chianciano Terme il 17 aprile 2021 in una rappresentazione privata per giornalisti e addetti ai lavori. È stato un modo per celebrare i 20 anni di attività della compagnia, che ci auguriamo possano essere festeggiati, prima o poi, con una sala piena, la possibilità di stringere mani e abbracciare vecchi amici. È stata comunque un’occasione meravigliosa di tornare a sedersi su una platea, da spettatori, dopo 13 mesi e 16 giorni di digiuno.
I mesi claustrali che ci hanno accompagnato hanno acceso, a livello mainstream, una nuova ondata di attenzioni per le rappresentazioni di quadri borghesi, per le analisi delle disfunzioni di coppia. Senza scomodare il Gruppo di famiglia in un interno – ché Visconti è lungi dal tornare mainstream – le celebrate produzioni Netflix, Marriage Story di Noah Baumbach e Malcom & Marie, di Sam Levinson, sono due incredibili successi dell’ultima stagione. Le persone sembrano cercare identificazione e comprensione nella resa scenica delle complessità che si insinuano nella vita domestica. I citati film sono però vagamente derivativi, e attingono dal serbatoio del decennio precedente, durante il quale principalmente due capolavori della drammaturgia hanno compitato una nuova grammatica teatrale per rappresentare la disfunzione di coppia: Closer di Patrick Marber, ma soprattutto Il Dio del Massacro (le dieu du carnage) di Yasmina Reza. Due titoli che scavano il magma violentissimo che soggiace al principio di realtà delle convenzioni sociali e dei paradigmi culturali. Due classici contemporanei, divenuti anch’essi film apprezzati da pubblico e critica, tradotti in opere cinematografica da Mike Nichols e da Roman Polański.
In questo contesto, Manfredi Rutelli mette in scena proprio Il Dio del Massacro, con la compagnia LST Teatro. Il 17 Aprile 2021, a conclusione di una stagione teatrale fantasma, è stata portata sul palco del teatro Caos questa nuova produzione della compagnia chiancianese. Un’occasione di respiro, di ripensamento dello sguardo. Una sala con pochissime presenze, una rappresentazione privata, esclusiva per giornalisti e addetti ai lavori. In un numero però non molto inferiore rispetto a quello che sarà permesso a partire dal 26 aprile, quando i teatri potranno riaprire al pubblico con capienza non superiore al 25% di quella massima autorizzata. Il teatro Caos di Chianciano Terme, nella fattispecie, conta centottanta posti: ne potrà ospitare solo quarantacinque.
Sul piano scenico del suo Il Dio del Massacro Manfredi Rutelli ricorre all’essenzialità. Insieme alla scenografa Lucia Baricci, dispone una serie di scatole di legno chiaro, quasi dei vasi di Pandora, su cui i personaggi sono ermeticamente seduti. Questi vengono via via ricollocati, a vista, dagli attori stessi, negli intermezzi scanditi dalle sonorizzazioni – di Paolo Scatena – a comporre la scena. Così le scatole diventano ora un divano, ora una poltrona, ora un tavolino da fumo. Niente scenografia inutile, ogni singolo elemento in scena ha una funzione drammaturgica, tutto della scena viene toccato. Ci siamo abituati allo sfarzo della serialità televisiva o allo streaming delle grandi produzioni, e ci siamo disabituati all’essenzialità dei circuiti indipendenti, dei teatri off, ci siamo dimenticati del teatro puro, del gesto scenico puro agito sul palco dall’atto-re. Quello che è mancato in questi mesi è stata soprattutto la responsabilità del guardare: il non rifugiarsi nell’atteggiamento scoptofilo di chi guarda rassicurato dal fatto di non essere guardato, il mero sentirsi raggiunti dalle parole e dai gesti del palco. La necessità della presenza, in platea, è soprattutto questa; l’onere da parte del pubblico di sentirsi una componente integrante dell’evento, una partecipazione viva di un rituale condiviso, antico di millenni.
La pièce è interpretata dai bravi Enrica Zampetti, Alessandro Waldergan, Mihaela Stoica e Gianni Poliziani, nei panni, rispettivamente, di Annette, Alain, Veronique e Michel, che vengono ricollocati dalla Francia del testo originale all’Italia. Bravi, soprattutto per aver mantenuto fluidità e ritmo costante durante tutta la rappresentazione – il flux del teatro di prosa francese – risultato di un’evidente immersione totale nel testo. Le Dieu du Carnage è una sorta di problem-play, capace di mantenere ogni singola battuta sul bilico tra la tragedia e la commedia: come per pochi altri testi, in questo capolavoro di Yasmina Reza il pubblico è assolutamente necessario. Tutto è giocato sul precario equilibrio del pensiero. Ogni battuta può essere recepita come un momento assolutamente esilarante o tremendamente tragico, drammatico o comico, a seconda dell’esperienza individuale; di quanto, pure inconsciamente, si decida di ridere dei nostri limiti e delle nostre fragilità o di soccomberne.
La perizia quando si affronta un testo come Il dio del massacro, sta tutta nel saper gestire gli spazi delegati al pubblico, per la ricezione delle linee. È quindi importante sottolineare come gli LST abbiano portato avanti quasi un anno di prove costruendo uno spettacolo per il quale la risposta fondamentale di una presenza non c’è stata. Hanno ripreso le prove, si sono fermati, hanno ricominciato senza sapere se e quando avrebbero messo in scena lo spettacolo, si sono fermati di nuovo, hanno ricominciato. Alla fine ce l’hanno fatta, e pure bene. Chapeau.
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