Che cosa significa far parte degli scout nel 2016, in Valdichiana? Questa è la prima domanda che mi è venuta in mende quando la nostra redazione è stata invitata dal gruppo scout Agesci di Montepulciano ad assistere all’‘evento che si è svolto presso l’Auditorium della BCC Montepulciano. Gli scout della provincia senese hanno preparato delle rappresentazioni teatrali per sensibilizzare gli spettatori sul tema del coraggio, chiamata “Il fantastico ricamo del mondo”, sulle problematiche dei giovani tra i 17 e i 21 anni.
Un gruppo scout come quello di Montepulciano, con base a S.Agnese, che riunisce ragazzi da molti paesi della Valdichiana, non poteva che suscitare la nostra curiosità: il gruppo ha raggiunto i trent’anni di attività, segno inequivocabile dell’importanza sociale e culturale di un’associazione giovanile che affonda le radici della sua storia agli inizi del XX secolo.
È per rispondere alla curiosità di comprendere il mondo degli scout che, a margine dell’evento, abbiamo intervistato un gruppo di ragazzi, due capi scout e quattro esploratori: Valerio Toppi, Cecilia Billi, Anita Nappini, Valerio Dente, Daniele Pinsuti e Giuseppe Di Bella.
Cominciamo dalla domanda più banale, ma necessaria: che cosa sono gli scout?
“Un’associazione giovanile che opera in tutto il mondo. Il punto fondamentale degli scout è quello di far crescere e responsabilizzare l’individuo, all’interno delle varie fasce d’età. L’obiettivo dell’associazione scoutistica è formare persone, dei buoni cittadini. Agesci è annoverata tra le agenzie formative, anche se non abbiamo una vera e propria qualifica: cerchiamo di insegnare a bambini, ragazzi, giovani adulti, cerchiamo di trasmettere quello che è stato appreso attraverso un servizio di volontariato.”
Quali sono le vostre attività?
“Tutto si basa sul gioco e sull’avventura, vogliamo scoprire la natura vivendola direttamente, attraverso i campeggi in cui cuciniamo con il fuoco senza elettricità e tante altre attività. Poi gli scout più grandi fanno esperienza di servizio, ad esempio all’orfanotrofio antoniano. Una volta a settimana andiamo a giocare con i bambini, cerchiamo di portare avanti un’attività che abbia un filo conduttore. Tutto questo per far capire che in quello che ci circonda ci sono realtà più semplici e più difficili. Magari nel nostro territorio non ci sono disagi enormi, ma c’è chi sta peggio di noi e va aiutato.”
A cosa servono i vostri eventi? Che cosa si può imparare dagli scout?
“Si parte sempre dall’esperienza e ogni cosa va messa in pratica. C’è un tris di parole che spiega bene: esperienza, simbolo, concetto. In qualsiasi ambito, anche quando si fanno eventi formativi, si parte da un’esperienza e si arriva al concetto; prima si vive e alla fine si capisce il senso dell’esperienza vissuta. Il gioco non è mai fine a se stesso, dietro c’è una morale. Cerchiamo di appiattire le differenze e le diversità, già il fatto di avere un’uniforme addosso aiuta a comprendere… Portiamo l’uniforme e non la divisa, perché non vogliamo sentirci diversi dagli altri, ma tra di noi siamo tutti uguali. Non c’è chi ha il vestito migliore o peggiore, siamo tutti uguali. Se io non so fare una cosa, ci sarà sicuramente qualcuno che mi aiuterà.”
Negli scout sono compresi i bambini, i ragazzi e i giovani adulti: come sono suddivise le fasce d’età?
“La prima fascia d’età va dagli 8 agli 11 anni, i lupetti: il bambino entra a 8 anni e ci sono già bambini di 11 che sono al quarto anno, hanno già vissuto esperienze di campeggi, sanno come si lava una gavetta e come ci si comporta, conoscono le regole e i giochi. C’è anche bisogno di insegnare ai bambini come si gioca, che non è una cosa tanto semplice ultimamente, e quindi è più un passaggio di nozioni da un bambino più grande a uno più piccolo. Poi c’è la fascia dai 12 ai 16 anni che comprende esploratori e guide, infine dai 17 ai 21 anni sono il clan degli scout. Queste fasce d’età seguono il regolamento del fondatore dello scoutismo Baden Powell.”
Parliamo adesso del gruppo scout di Montepulciano: che cosa avete di diverso dagli altri?
“Di diverso niente, però quest’anno festeggiamo 30 anni di attività continuativa, un traguardo abbastanza importante. Quello che ci può differenziare da altre realtà parrocchiali è che abbiamo iscritti da tutto il territorio della Valdichiana: Torrita, Chianciano, Chiusi, tutte le frazioni di Montepulciano… Siamo a Sant’Agnese perché è qui che è nato il gruppo Agesci, ma non è solo una realtà parrocchiale. Il nostro gruppo è composto da circa 70 soci, di cui 10 10 soci adulti e gli altri 60 suddivisi tra bambini e ragazzi dagli 8 ai 21 anni. La nostra associazione reputa che a 21 anni il ragazzo sia in grado di prendersi la responsabilità di fare una scelta: scegliere tra continuare il servizio dall’altra parte come capo scout, oppure uscire e continuare per la propria strada.”
Come avete deciso di diventare scout? È una scelta impegnativa?
“La maggior parte di noi ha iniziato quando eravamo piccoli, un momento importante di ritrovo; poi ci sono casi più rari, di chi si unisce in età più avanzata, però di solito si inizia quasi tutti bambini. Spesso ci troviamo a dover lottare contro idee distorte e pregiudizi, probabilmente un’immagina sbagliata arrivata dalle televisioni e dai media in cui gli scout vendono i biscottini e aiutano gli anziani ad attraversare la strada. Facciamo anche azioni di volontariato, ma quello dello scoutismo è un ambiente di crescita e di avventura, un’esperienza formativa grandissima. Come se negli scout avessimo trovato una seconda famiglia. Anche a livello di tempo è una scelta abbastanza impegnativa, tra le riunioni, le attività di volontariato, le uscite mensili che durano tutto il weekend. Da ottobre a maggio siamo impegnati, poi un mese di stacco in cui ci prepariamo per i campi estivi, che durano una settimana.”
Quindi, che cosa significa nel 2016 essere scout?
“Cercare l’avventura: scoutismo è avventura. Vuol dire rendersi conto di non essere gli unici al mondo, che ci sono anche gli altri e che c’è sempre bisogno di dare una mano. Proviamo sempre ad aiutare gli altri, nel nostro piccolo. Impariamo a vivere senza essere schiavi degli oggetti, infatti il cellulare durante le attività non li usiamo quasi mai. Se hai la mente impiegata in altre cose, hai i momenti di gioco, di riflessione, il cellulare non ti serve, passi la giornata in un altro modo. Il ritmo è molto più lento, non c’è la televisione o internet a distrarti: cammini, parli, giochi, ti metti da solo, riesci a stare con te stesso. Il mondo rallenta e non sei più schiavo della tecnologia.”
Qual’è il vostro rapporto con la religione?
“In Italia ci sono tre associazioni di scout diverse, due cattoliche una laica. Noi dell’Agesci siamo un gruppo cattolico e facciamo parte della zona senese. Il modo in cui inseriamo il tema della religione nelle nostre attività è lo stesso di tutte le altre cose che facciamo. Il nostro non è catechismo, cerchiamo di partire dalle esperienze, dalle cose pratiche, alla fine il collegamento puoi trovarlo anche con il Vangelo, dipende come lo leggi o come imposti la cosa. In ogni gruppo c’è comunque un assistente che ci dà una mano, come da regolamento scout: noi ad esempio abbiamo Padre Marco, che è il frate domenicano della parrocchia di S.Agnese.”