In una nota datata 3 giugno 1954, l’ambasciatore del Belgio a Londra trasmetteva un invito al governo di Sua Maestà britannica: un invito a partecipare a una nuova Fiera mondiale che i belgi chiamavano l’“Exposition Universelle et Internationale de Bruxelles 1958”. Cinque mesi dopo, il 24 novembre 1954, l’accettazione formale dell’invito da parte del governo di Sua Maestà fu presentata all’ambasciatore, in occasione di una visita a Londra del barone Moens de Fernig, nominato dal governo belga commissario generale con l’incarico di occuparsi del lavoro di organizzazione dell’Expo. Sarebbe stato il primo evento del genere dopo la Seconda guerra mondiale.
Questo è l’incipit di Expo 58, l’ultima opera dello scrittore britannico (Birmingham, per la precisione) Jonathan Coe. Non si tratta di un romanzo storico, perlomeno non un romanzo storico convenzionale. Expo 58 è una storia di fantasia basata su fatti realmente accaduti. Lo sfondo: il Belgio degli anni Cinquanta, l’Esposizione Universale di Bruxelles del 1958 e la tensione politica della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Russia, espressa attraverso un’intensa attività di spionaggio dell’una e dell’altra nazione all’interno dell’assetto politico europeo del Secondo dopoguerra.
Thomas Foley è un trentaduenne inglese di bell’aspetto, copywriter di basso livello del Central Office of Information di Londra. Occupa il suo tempo scrivendo opuscoli che spaziano dal modo migliore per i pedoni di attraversare la strada al comportamento corretto per non trasmettere i germi dell’influenza. Assiduo lettore di giornali, affascinato, al contrario della moglie, dagli eventi globali, si trova costretto a una vita tranquilla nei sobborghi di Londra e decisamente molto poco attenta agli sconvolgimenti politici che interessavano quegli anni.
Figlio di madre belga e di padre barista, viene scelto per la gestione del finto pub Britannia, orgoglio e occhiello dell’essenza inglese all’interno del padiglione britannico dell’Expo di Bruxelles.
Ignaro degli intrighi politici nei quali verrà introdotto, tra spie incapaci, hostess attraenti e baristi alcolizzati, Thomas inizia l’esperienza che cambierà la sua vita, e che stravolgerà totalmente il suo rapporto con il mondo esterno, lasciandogli per sempre la consapevolezza di aver fatto parte di uno degli eventi più significativi del periodo post-bellico.
L’idea per il romanzo nasce nel momento in cui Coe si ritrova ad ammirare l’Atomium, l’incredibile costruzione di acciaio a forma di cristallo di ferro realizzata proprio per l’esposizione, tuttora vanto della popolazione belga.
Aprendo Expo 58, ho provato un sentimento di riverenza ma allo stesso tempo di cautela. Essendo una giovane lettrice profondamente orgogliosa di portarsi talvolta nella borsa la copia autografata del suo masterpiece, La casa del sonno, e dopo aver divorato capolavori nel loro genere come La famiglia Winshaw, La banda dei brocchi e Circolo chiuso, ero rimasta profondamente delusa dagli ultimi lavori dello scrittore inglese. La pioggia prima che cada era stata una tortura, e l’allontanamento era stato inevitabile.
Expo 58 torna con mia grande gioia all’ironia dei primi scritti. Pungente, comico e sagace in perfetto stile british, con un’attenzione perfetta nel delineare i personaggi e i loro drammi personali e psicologici.
Il tocco ironico si esprime in modo impeccabile, in primis nel momento in cui la giovane hostess Anneke mostra il padiglione russo accanto a quello americano, commentando, con un luccichio negli occhi: «Un esempio tipico dell’umorismo belga». Ma anche nell’obiettivo stesso dell’Expo, ossia quello di generare una “genuina unione dell’umanità”, e nel nome del padiglione belga, chiamato Belgique Joyeuse (Belgio Gaio), in pieno contrasto con quello che era lo spirito della Guerra Fredda.
Si profila perfettamente l’intento di Coe, ossia quello di ironizzare sui tempi moderni, in relazione ai tempi passati: «Il romanzo è ambientato nel 1958 ma contiene anche dei rimandi all’oggi. Tuttavia ho cercato di mantenere un tono delicato e lieve, non volevo spingere troppo con i paragoni».
I rimandi all’oggi non possono che creare paralleli con l’Expo 2015 di Milano, che avrà tutt’altro tono rispetto a quello del 1958. Dalle stesse affermazioni dello scrittore: «L’Expo 58 fu in parte una fiera commerciale, ma fu anche un evento molto idealistico. Difficile, oggi, fare un Expo che non sia molto più cinico di quello del ‘58, perché viviamo in un periodo meno innocente».