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I Baustelle in Piazza Grande: emozione per il ritorno della band poliziana

I Baustelle in Piazza Grande: emozione per il ritorno della band poliziana

Riuscire a rendere la tempesta più tollerabile; l’obiettivo di base per chi ha iniziato a fare musica in provincia «quando ancora non c’erano i telefonini», come ha sottolineato Claudio Brasini durante la nostra chiacchierata nel pomeriggio, è fondamentalmente questo. Certo i paesaggi della Valdichiana sono un po’ cambiati, con loro anche i percorsi della gente che li abita, ma le tempeste, gli obblighi e le oppressioni che spesso derivano dall’animo animale della provincia italiana, che li ha spinti a scrivere I provinciali nei tardi anni novanta, restano invariati. Loro, i Baustelle, hanno saputo dapprima subire, poi assorbire certe oppressioni riuscendole a metterle dentro le canzoni, parlando di questi luoghi come nessun’altro ha fatto mai. Probabilmente una maieutica spirituale, un rituale laico di elevazione e di coscienza; i Baustelle hanno esercitato la diretta traslazione figurata di uno stato ambientale della provincia contemporanea. Il 12 luglio duemilaquattordici, in Piazza Grande, a Montepulciano, i Baustelle sono tornati in patria.

Sarebbe limitativo dire che abbiano portato una tappa del tour di Fantasma, non si sono semplicemente “esibiti”, come solitamente li si può sentire in giro per l’Italia, quella di sabato è stata un’opera performativa totale, che ha coinvolto il cielo, le persone, i fantasmi chianini di ieri e di oggi. Il loro live arriva a concludere una giornata densa di incontri e avvenimenti, nel centro storico poliziano, in seno alla manifestazione “Luci sul Lavoro” che ha visto passare importanti personalità del mondo politico e imprenditoriale italiano.

Concludere il Fantasma Tour a Montepulciano determina una forza simbolica che varca la retorica ovvia del “ritorno a casa” della band poliziana; il disco è stato infatti inciso nei locali della Fortezza, a pochi metri dal duomo, sul sagrato del quale è stato allestito il palco, il cui organo liturgico è uno degli strumenti utilizzati per gli arrangiamenti delle tracce. È la fine di un ciclo, quindi; il disco viene finalmente suonato nel luogo in cui ha preso vita esattamente due anni fa, durante l’estate del 2012.

Proprio lo scorrere del tempo, concept centrale di Fantasma, è stato il contenuto implicito della scaletta scelta per il live; Il Futuro, Nessuno e Radioattività aprono la setlist con una rivelazione epifanica del negativo, tutta la tragedia del tempus edax, tutta la volgare e brutale voracità del passare degli anni, immesso in ogni singola parola scandita dagli ictus della melodia, a rimbalzare nelle pareti del palazzo comunale da una parte e del palazzo Contucci dall’altra, e definire così una vigoria evocativa sublimante, per tutti i presenti in piazza Grande.

Baustelle Foto di Carlo Pellegrini

Sulle battute finali de Il Corvo Joe, la pioggia inizia a battere, sempre più incalzante, sui master, sui monitor di palco, sui mixer, sulle luci. Non c’è niente da fare. I tecnici fanno cenno ai musicisti di fermarsi ed uscire dal palco. Il sagrato viene immediatamente coperto mentre la tempesta si abbatte sulla piazza, seminando il viavai generale del pubblico che cerca riparo sotto le tettoie, dentro i loggiati, nei bar, nelle osterie.

Il concerto si ferma. Rotto a metà. Come le storie d’amore di cui non riusciamo a credere la fine. Desertificato come il futuro di cui ci parla Bianconi, come le piazze in pieno inverno. Il rituale della maieutica interrotto dalla pioggia, l’epifania svuotata. La piazza si sgombra. Sul palco ci sono pozze d’acqua impossibili da asciugare. Il concerto non può ricominciare.

Dopo un’ora di attesa Claudio Brasini appare con la chitarra acustica già imbracciata sotto il loggiato di palazzo del capitano, insieme a lui il resto della band. In pochi attimi il gruppo viene circondato dai fan. È di nuovo concerto. Senza elettricità. Solo con le chitarre acustiche, una tromba e una percussione. Sotto le logge di piazza grande, durante la tempesta, come quando si faceva “chiodo” a scuola.

Ecco; nella situazione descritta Francesco Bianconi canta Le Rane. È questa composizione di contesto e azione che lascia assurgere la serata di sabato a dignità letteraria; Le Rane, il brano più esplicitamente collegato a quei luoghi, il brano più arrabbiato, e contemporaneamente frustrante e dimesso, nei confronti del tempo che scorre, il brano della doppia distanza, una fisica che divide Milano, la città della carriera e della maturità, dalla Valdichiana, luogo di impulso naturale primordiale, di inconscio puerile, ed una emotiva e temporale. Sotto quella pioggia battente i Baustelle si confermano cantori del nostro tempo, e del tragico della nostra quotidianità.

Sorridendo, Francesco invita il contenuto pubblico a dividere il canto tra maschi e femmine per Gomma, proprio come al liceo. Le nuvole rimangono a giacere sulla volta celeste, a tratti torna a piovere e ogni goccia sembra scandire il battiti di un futuro imminente.

C’è qualcosa di profondamente adolescenziale e smaliziato, profondamente cosciente dei propri mezzi e della propria indefessa disinvoltura, nell’improvvisare un unplugged sotto il loggiato di piazza Grande per i pochi rimasti a combattere il freddo, la tempesta, con i capelli arricciati dall’umidità, i cappucci del keeway stretti al mento e la sinusite incipiente. Mentre Rachele Bastreghi viene circondata dai flash fissi degli smartphone, che sono lucciole immobili, piccole fibre di luce che cercano d’illuminare i sentori dell’attimo, la sensazione è quella che pur combattendo la turpitudine delle abitudini di questi paesini da diecimila anime, loro per primi non hanno rinnegato – e non rinnegheranno mai – l’appartenenza netta a questa provincia.

Mai come questa volta i Baustelle sono riusciti ad incarnare la complessità di questa Valdichiana, spesso indicata come gretta, opprimente e dannatamente detestabile, ma che allo stesso tempo riesce a persuadere l’appartenenza della sua gente con il solo ausilio della sua incontrovertibile bellezza e la fa sentire parte del suo paesaggio allo stesso modo degli alberi, dei vigneti, dei campi di grano ai lati delle strade e delle rane nelle notti piovose d’estate.

Baustelle

Foto di Rachele Paganelli

Scaletta

Titoli di Coda

Futuro

Nessuno

Radioattività

I Provinciali

Cristina

Contà l’inverni

Monumentale

La morte non esiste più

La moda del lento

La canzone del Parco

La canzone di Alain Delon

EN

Il Corvo Joe

Sotto i portici

Gomma

Le Rane

La Guerra è Finita

Sergio

Charlie fa Surf

2 comments

  1. Grande concerto…e grande articolo che lo descrive in pieno…come se le gocce di umidità stessero colando dai capelli..mentre leggi di questa magica atmosfera…e ascolti le voci i suoni unici dei Baustelle.

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