Non è semplice spiegare, a chi non ne ha mai sentito parlare, chi sono i Makers e cosa fanno. La Valdichiana ha provato a conoscere più da vicino loro e i loro prodotti a Luci sul Lavoro, manifestazione dedicata al mondo del lavoro, con convegni, laboratori, aree espositive, workshop e spettacoli dal tema il “Lavoro come un approccio multidisciplinare”, che si è svolto nella Fortezza di Montepulciano dal 10 al 12 luglio 2014.
Il mio viaggio nel mondo Makers inizia, con la spiegazione degli oggetti che loro producono, per lo più droni e robot particolari, messi in bella mostra nella stanza vicino al chiostro della Fortezza. Comincio ad incontrare coloro che hanno ideato e prodotto queste macchine e gli porgo una semplice, e forse un po’ banale, domanda, ma indispensabile, per chi come me non ha mai usato la parola Maker per definire una professione di persone che fanno cose.
E allora chi sono i Makers e cosa fanno?
Il primo a cui faccio la domanda è David Montenegro, maker e curatore di Maker Circus che mi risponde così:
“Francamente non riesco a darti una definizione di Maker. Ti potrei dire che i Makers sono quelli che stampano con la stampante… – momento di pausa – No aspetta! Sinceramente non mi sono mai posto il problema di definire chi sono i Makers, diciamo che aiuti le persone a fare cose”.
“Un maker è l’evoluzione degli artigiani. Così come gli artigiani erano un mix di conoscenze, incorporate in un sapere antico, tipo i falegnami, i Makers hanno le stesse caratteristiche, fanno le cose con le mani, quindi in modo concreto, e questa concretezza è declinata dalla tecnologia, dall’informatica, dall’elettronica e da altri tipi di tecnologie che si stanno sviluppando adesso, insomma tutte cose legate molto all’innovazione”.
Poi incontro Luciano Cantini, Cofondatore della parte elettronica della Kentstrap, a cui pongo la solita domanda e lui mi risponde:
“Spiegare cosa è un maker è una cosa un po’ troppo ampia, ma diciamo che un maker è colui che fa cose sfruttando le nuove tecnologie, frese, taglio laser ecc. È colui che abbraccia la filosofia dell’open source, la conoscenza libera e la condivisone della conoscenza con altre persone. Io nello specifico mi occupo di stampa tridimensionale e sempre riferito alla cultura open source. Noi ci siamo basati su video e tutorial trovati online e per diffondere le nostre opere facciamo divulgazione presso istituti, fiere e ovunque ci invitano”.
Ottimo! Finalmente ho più chiaro chi sono i Makers e cosa fanno, sono una sorta di artigiani digitali che fanno cose sfruttando le nuove tecnologie. Mentre li sento parlare del loro lavoro mi viene in mente un’altra domanda: Il vostro lavoro è iniziato per gioco e per passione?
David Montenegro: “Si inizia perché si ha il piacere di fare quello che si fa, successivamente siccome lo fai con piacere, cerchi di farlo bene e quindi diventa una passione, poi trovi qualcuno che ti paga e che non va a minare il sillogismo iniziale e allora diventa un lavoro. Ma il condizione è d’obbligo e ci sono SE grandi come una casa”.
Davide Bennato: “Prima è passione, perché non ci sono passaggi istituzionalizzati di formazione. Uno ha un interesse, questo interesse è alimentato dalle notizie che circolano in rete e la cultura open source può iniziare a far fare le cose più semplici e più famose tipo le stampanti 3D o cose più avveniristiche”.
Luciano Cantini: “È diventato un lavoro, ma è iniziato tutto da una passione, io lo posso definire un gioco portato avanti insieme a mio fratello e al resto della famiglia. Quello che facevamo suscitava interesse nelle persone e così abbiamo costituito quello che adesso è un lavoro e un’azienda evoluta, ma iniziata tutto per passione e per gioco”.
Quindi si diventa Makers un po’ per gioco e soprattutto per passione, ma il passaggio da passione a lavoro, intesa come la creazione di una vera azienda, è davvero breve. E tra dieci anni come si vedono i makers?
David Montenegro: “Tra dieci anni non mi so vedere, sicuramente non mi vedo in Italia. Ma è complicato da spiegare perché una volta che vivi legato tanto alle tecnologie è difficile capire in che direzione andranno, io so solo che mi vorrei trovare lontano dall’Italia”.
Davide Bennato: “Adesso li chiameremo maker e tra dieci anni li chiameremo semplicemente professionisti della tecnologia, perché secondo me è una competenza della tecnologia che andrà sempre di più sviluppata, diffondendosi e che distribuirà la caratteristiche professionali in un contesto sempre più professionale e articolato”.
Luciano Cantini: “Tra dieci anni spero di non occuparmi solo di stampa tridimensionale ma magari avere attività sia italiana che all’estero. Mi piace anche molto insegnare e quindi vorrei insegnare ai ragazzi a diventare dei moderni makers”
Insomma i Makers non sono altro che gli artigiani di una volta che con le mani e qualche attrezzo riusciamo a fare grandi cose. E come i falegnami e gli artigiani, i Makers con un po’ di fantasia, grande manualità e tecnologia riescono a fare cose, a volte non necessariamente funzionali, che potrebbero cambiare la vita di tutti di giorni e rendercela più semplice.
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