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I Metallica e il sogno del concerto di un’intramontabile band

I Metallica e il sogno del concerto di un’intramontabile band

Caldo, polvere, ressa di corpi umani uniti tra loro: questa l’immagine che si ha di un concerto metal. Una cultura di borchie e magliette dalle scritte indecifrabili. Capelli lunghi, lasciati liberi al vento, tatuaggi e piercing, l’aspetto di una società che vive al di fuori della società stessa.

Questo era il metal di tanti anni fa, un periodo che i Metallica si portano dietro come eredità musicale. Loro sono stati tra i primi: insieme ai fan loro coetanei, rappresentano una delle tante storie musicali degli anni d’oro della musica. All’epoca giovani, appena travolti da quel nuovo genere così trasgressivo e invitante.

Adesso il pubblico dei concerti metal ha davvero tutto un altro sapore; sì, rimangono il caldo e la polvere, ma che bellezza osservare una tale eterogeneità di persone, dal giovane erede del metallo vecchio stile, al signore di mezza età vestito in camicia che ripensa alle glorie passate. Alle famiglie, ebbene sì, rigorosamente più indietro. Bimbi di 5, 8 anni, con gli occhioni contenti e ammirati, in braccio a padri e madri vestiti con semplici jeans e maglietta.

Sonisphere 2014. Un giorno metal al Rock in Roma all’Ippodromo delle Capannelle, il 1 luglio, che si preannunciava già sulla carta come un successo clamoroso. Dopo averlo vissuto si può dire che, di certo, non ha deluso le aspettative.

I gruppi ospiti sono, in ordine, i norvegesi Kvelertak, i danesi Volbeat e gli americani Alice in Chains e poi, naturalmente, i leggendari Metallica. Soltanto i loro nomi evocano un tripudio di riff a profusione e chitarre distorte lanciate al massimo della velocità.

Causa immenso traffico in direzione Capannelle, riesco ad arrivare appena in tempo per l’inizio dei Volbeat. Ore 18:00. Il caldo è appena tollerabile grazie a una leggera brezza, ma nessuno dei fan all’interno dell’Arena concerti sembra soffrirne. Magliette dei Metallica che si perdono nella polvere tirata su da migliaia di passi in movimento, passi diretti verso la birra più vicina o alla ricerca di qualche amico perduto.

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C’è davvero tanta gente, e sono tutti su di giri: i Metallica non tornavano a Roma da cinque anni, durante il tour attraverso il quale presentarono il loro album Death Magnetic al pubblico romano. Questa, poi, è un’occasione unica per chi è venuto ad ascoltare la band di Los Angeles: si tratta infatti di Metallica by Request, un concerto la cui setlist è realizzata interamente con i risultati delle canzoni più votate dai fan stessi. Ha, quindi, tutta l’aria di essere un concerto memorabile, dove ogni pezzo suonato sarà un classico tra i più amati della band. Ancor di più, l’ultimo brano è deciso sul momento: i megaschermi ai lati del palco richiedono durante ogni pausa disponibile di votare tra tre canzoni (The Four Horsemen, Fuel e Whiskey in the Jar) la preferita da esibire. Mentre suonano i Volbeat, la vincitrice indiscussa sembra essere la terza, ma sarà surclassata all’ultimissimo momento da Fuel.

I Volbeat sono sul palco: coloro che non li conoscono sono attratti irresistibilmente dalla loro carica emotiva. Il cantante esprime tutta l’energia possibile, si vede che trovarsi su quel palco lo rende euforico, e lo esprime in particolar modo durante la canzone The Mirror and The Ripper.

Personalmente sono invece molto curiosa di ascoltare gli Alice in Chains, gruppo con il quale sono quasi cresciuta, immancabile nei cd misti che creavo al liceo. Si esibiscono un’oretta dopo, e suonano almeno fino alle 20.30, forse di più. Il pubblico si compatta, catturato dagli assoli di Jerry Cantrell alla chitarra.

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Salutando a malincuore gli Alice, arriva il momento di una lunga, trepidante attesa. I Metallica, da vere star, si fanno attendere quasi un’ora. Il desiderio di sentirli diventa insostenibile per i fan. Il motivo è semplice, tutto deve essere perfetto: soundcheck, pedane, megaschermi. Tutto è preparato dallo staff del Rock in Roma con la massima cura.

A un certo punto è silenzio, e scema dolcemente la musica registrata per far posto alla musica di Ennio Morricone, L’Estasi dell’oro, con tanto di video da Il buono il brutto e il cattivo di Sergio Leone. Il prologo tradizionale dei concerti dei Metallica. Un inizio che manda tutti in delirio, soprattutto visto che a consacrare l’ingresso della band sul palco è Battery, seguita a ruota da Master of Puppets.

Difficile descrivere l’emozione, e l’adrenalina che attraversa ogni singola persona. I Metallica suonano veloci, Master of Puppets è decisamente più movimentata rispetto alla versione studio: James Hetfield è incontenibile e non dimostra per niente l’età che ha; Kirk Hammett esegue alla perfezione ogni nota; Lars Ulrich, che è stato giudicato come “andato” dimostra invece un’ottima precisione ritmica. Allo stacco all’interno del brano, si appoggia sulla grancassa, apparentemente già esausto, ma senza neanche guardarsi con gli altri riparte all’unisono senza nessun tentennamento. Un po’ di smorfie sul viso da parte del bassista Robert Trujillo, mentre muove le dita freneticamente sullo strumento, ma anche lui si destreggia abilmente per tutta la durata del brano.

233647-400-629-1-100-10500389_10152166203505264_935379556562929268_n1Il concerto prosegue senza pause: Welcome home (Sanitarium), seguita da Ride the lightning, durante la quale Kirk Hammett si pronuncia con un fortissimo assolo. Poi è il momento di The Unforgiven, memorabile, prima di fare una “pausa” dai vecchi classici e ascoltare un nuovo pezzo, The Lords of Summer, un brano che, purtroppo, rispetto agli altri non sembra nulla di che.

James Hetfield si lancia in uno dei numerosissimi saluti al pubblico di Roma, pubblico che a quanto pare rimane nel cuore della band. Si volta verso Kirk e gli dice: «Hey, come on, say hello to Roma», dando il via a un bellissimo assolo arpeggiato del chitarrista.

James passa il microfono a Riccardo, un fan italiano che al grido «Do you want heavy?» introduce Sad But True, scatenando l’entusiasmo dei fan.

Arriva il momento di Fade to Black, e tutti ascoltano estasiati l’intro alla chitarra di Kirk, meraviglioso. A seguire i virtuosismi del brano strumentale Orion e le melodie di One, accompagnata da giochi pirotecnici e spari; ancora, For whom the bell tolls e Blackened, durante le quali il pubblico riesce con la sua voce a sovrastare il microfono.

Prima delle canzoni previste per la fine, ossia Enter Sandman e Creeping Death, Nothing Else Matter fa alzare le braccia e i telefonini di tutti i 32.000 fan presenti.

I Metallica hanno già sforato le due ore di concerto, ma non gli basta: è il momento di Fuel, eletta dai voti. Doveva essere l’ultimissima, e invece no. Seek & Destroy fa impazzire tutti in un pogo scatenato, lasciando ormai il pubblico senza voce.

Durante i saluti e il consueto lancio di plettri e bacchette, i Four Horsemen si passano il microfono a vicenda. Il genuino entusiasmo che mostrano nei vari «We will come back!», «You are fantastic!», lascia un sorriso sulle labbra di ognuno. Davvero, a tutti resta ben chiaro il motivo per il quale i Metallica rimangono, dopo così tanti anni, una delle band più importanti di sempre.

 

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