“Raccontare una storia non è un impegno che va preso alla leggera. Raccontare una storia inventata è facile, ma raccontare una storia vera è difficile. E quando prendiamo l’impegno di raccontare una storia, noi di Valdichiana Media dobbiamo portarlo a termine”.
Prendo in prestito la frase di Alessio Banini per rimarcare quella che è l’attività giornaliera di Valdichiana Media: i componenti della redazione non si limitano solo a descrivere i fatti di cronaca o a seguire gli argomenti più importanti, ma cercano di far vivere al lettore delle esperienze uniche, raccontando avvenimenti e particolari del territorio che a volte sfuggono ai suoi stessi abitanti, o che per molti non sono degni di far notizia.
Proprio l’esigenza di raccontare è stato il nostro valore di riferimento anche quando il Magistrato delle Contrade di Montepulciano ci ha affidato il compito di contribuire al racconto del Bravìo 2015. Un impegno semplice, per certi versi, ma raccontare un avvenimento con quarant’anni di storia alle spalle e che ogni anno viene sempre più seguito, fotografato, menzionato e documentato, non solo dalla stampa locale e nazionale, ma anche da quella internazionale, non può essere semplice. Un po’ di timore è sorto all’interno della redazione, ma allo stesso tempo eravamo entusiasti del compito assegnatoci.
Abbiamo affrontato con coraggio il timore non di non essere all’altezza; ci siamo riuniti e ci siamo scervellati su cosa dovevamo e potevamo inventarci per descrivere il 43° Bravìo delle Botti in modo da renderlo ancor più memorabile. Fin dalla prima puntata di “Quelli che la Botte”, il programma televisivo con 15 anni di storia che accompagna e intrattiene il pubblico di Tele Idea nella settimana degli eventi che precede la corsa del Bravìo, ci siamo resi conto che non serviva inventarsi nulla di complicato: bastava essere noi stessi e permettere alla manifestazione di parlare di sè stessa, dando spazio ai contradaioli e agli spingitori, a tutti coloro che il Bravìo lo vivono e lo amano. Non dovevamo creare contenuti eccezionali per sovrastare l’evento, ma facilitare il racconto dei protagonisti senza imporre loro nulla.
Con le nostre gag (tutte non programmate), gli interventi, le interviste, le incursioni e le improvvisazioni abbiamo cercato di rendere il pubblico il vero protagonista della trasmissione, cercando di comunicare allo spettatore l’imbarazzo della diretta, le fatiche degli spingitori, l’agitazione delle cucine nell’ora di punta e l’adrenalina che si respira per le vie di Montepulciano nella settimana degli eventi. Fino al contest “Il meglio fico del paniere”, un azzeccato esperimento che ha messo in relazione la televisione con i social network e la vita reale delle contrade, ottenendo un grande coinvolgimento del pubblico.
Adesso, dopo una settimana dalla fine della trasmissione, possiamo cominciare a fare un bilancio. Il primo bilancio lo avete già fatto voi, tutti i nostri lettori e i nostri spettatori, e vi ringraziamo per tutti i commenti di apprezzamento che ci avete inviato. Forse per chi ha già raccontato il Bravìo negli anni passati, il nostro gruppo è stato uno fra i tanti, ma essere uno fra i tanti a fare la differenza è una bella soddisfazione.
In conclusione, se dovessi dare un titolo a questa bella esperienza, che non è stata solo lavorativa, ma soprattutto formativa ed emotiva, prenderei in prestito un titolo di un famoso film: “Il nostro pazzo, grasso, grosso Bravìo delle Botti”. Pazzo perché non ci sono orari precisi e riempie l’intera vita per due settimane, grasso perché la cucina è prelibata (ringraziamo tutte le contrade per averci ospitato a cena!) e è una manifestazione in grado di coinvolgere centinaia di persone ed è in grado di far piangere, ridere ed emozionare anche chi poliziano non è.