Nel Maggio 2013, un live dei Bad Mexican ad un festival locale degenerò nella totale anarchia. Quella che – secondo la scaletta – doveva essere un’esibizione di un’ora e dieci, sforò le due ore. Il pubblico, galleggiante tra i miasmi di alcool – e di altri additivi che sarebbe disdicevole qui elencare – cominciò a gonfiare profilattici come palloncini e farli galleggiare in aria. Tommaso Dringoli rumoreggiava nel microfono, muovendo solo le spalle, come un esoscheletro fosforescente sotto la luce dei led e delle teste mobili, mentre Filippo Ferrari esortava il pubblico ad incrementare la componente di caos del concerto. Matteo Salutari cavalcava le ritmiche alla batteria e Davide Vannuccini – entrato ormai nell’organico del ‘messicano cattivo’ – teneva le redini della rumoristica con la sacca preponderante dell’elettronica. Non si trattava di una semplice decostruzione della forma canzone, ma della scomposizione di un intero artistico: il suono della band riusciva a controllare l’entropia delle cose e sistematizzarle, renderle funzionali all’espressività.
In quel periodo i Bad Mexican avevano fortificato la loro posizione all’interno del panorama musicale alternativo italiano: la Lizard Records aveva prodotto il loro disco This Is the First Attempt of a Band Called The Bad Mexican e molte fanzine europee e americane celebrano il disco, esaltando le capacità della band poliziana di superare le forme chiuse del death metal – poiché i tre si formano dopo lo scioglimento della mitologica band dei Valkyrian – e di lì a poco sarebbe decollato il fortunato crowdfunding su Musicraiser per la produzione del sophomore, semplicemente intitolato Due.
Tommaso Dringoli e Filippo Ferrari hanno risposto alle domande de La Valdichiana, in visione del live al GB20 di sabato 23 dicembre. L’ingresso al concerto è gratuito con tessera CAT 2017.
Sono passati tre anni dall’uscita di “Due”. Sono piovute recensioni positive, live sparsi in giro: cos’è successo poi? Dove è stato il ‘Messicano Cattivo’ in questo lasso di tempo? Soprattutto, che cosa ha ascoltato?
E’ successo che la fase di promozione si è fermata nel momento stesso in cui le nostre vite al di fuori del gruppo hanno preso percorsi più impegnativi: chi ha cambiato lavoro, chi si è trasferito… Per questo ed altri motivi il “Messicano Cattivo” è entrato in quello che potremmo definire uno stato di quiescenza indeterminata. Sugli ascolti poi non mi esprimo, potrei dirti i gruppi che sto seguendo io, ma non sarebbe giusto né interessante.
Due è uscito per Lizard Records, ormai un’autorità discografica indipendente per quanto riguarda l’avanguardia e il prog in Italia; siete anche apparsi in un volume firmato da Massimo Salari, intitolato Rock Progressivo Italiano 1980 – 2013; Suonate, sabato, al GB20, un club che sta affinando le sue scelte artistiche in maniera sempre più definita, verso l’avanguardia: Come vi comportate con i generi? Percepite la vostra musica come ‘progressive’, come ‘sperimentale’, o qualsiasi altra etichetta critica? Cos’è per voi “l’avanguardia”?
Alla domanda sull’avanguardia non saprei rispondere, personalmente la trovo un’etichetta estremamente rigorosa e se vuoi accademica, che poco si addice a cosa facciamo e al come. In questi anni abbiamo avuto l’immensa fortuna di essere riusciti a creare un contenitore sonoro totalmente libero, portato avanti da un senso di anarchica leggerezza che ci ha sempre condotti in luoghi se vuoi banali, se vuoi caotici, ma sempre dannatamente divertenti.
Certi fraseggi in Due, ma soprattutto in This Is the First Attempt of a Band Called The Bad Mexican, sembrano giocare su un sottile equilibrio tra la long-form della ‘suite musicale’ – in stile Tool, nelle fasi più aggressive, o Don Caballero e Slint, nelle fasi più ‘tranquille’ – e invece la forma chiusa della “canzone”: con strofe e ritornelli ben definibili. Come vengono fuori le canzoni dei Bad Mexican? Quanta componente di improvvisazione c’è in fase di scrittura?
Le nostre canzoni partono sempre da un’idea se vuoi abbastanza rigorosa, precisa, che finisce poi per passare da quel contenitore anarchico di cui parlavo prima: c’è chi spinge sul pedale della sregolatezza sonora, chi fornisce eleganza e compattezza agli arrangiamenti, chi regala l’idea vincente dopo ore di stallo. Il nostro carburante è sempre stato il rispetto reciproco e l’enorme fiducia che abbiamo sempre riposto l’uno nell’altro.
Cosa potete rivelare del live di Sabato? Con quale disposizione dovrebbe presentarsi il pubblico del GB20?
Nessuna disposizione ma una richiesta: presentatevi sereni e pronti a divertirvi perché alla fine è di quello che si tratta: di una bellissima festa che celebreremo insieme. Ah, e portate le pentole.
Adesso potete aiutarci a risolvere il rebus che appare nel bootleg di “This Is The First Attempt…” ?
Sabato lo risolveremo tutti insieme, così potrete darci una mano.