Decima tappa della rubrica di itinerari lungo il Sentiero della Bonifica in Valdichiana Toscana
Quella dei Ponti d’Arezzo è una storia di costruzioni e restauri. Dove il Sentiero della Bonifica si interseca con la strada Senese Aretina le auto sfrecciano veloci. Sopra il Canale Maestro un traffico intenso fa vibrare di continuo la più recente di una lunga serie di infrastrutture che, proprio qui, hanno permesso per secoli di attraversare la vecchia palude.
Alcuni documenti storici attestano già nel Trecento la presenza di quattro o cinque piccoli ponti in muratura più o meno in corrispondenza della “via alberata”, come la chiama la gente del posto. Fino a metà Settecento, poi, in questo punto furono realizzati manufatti e paratoie per gestire le piene del Clanis. Il timore era che il fiume, nei periodi di portata abbondante, potesse mettere in difficoltà Firenze ingrossando troppo l’Arno. Un errore di valutazione, perché in realtà la Chiana non era pericolosa per il capoluogo del Granducato di Toscana. Eppure è anche per quella sbagliata convinzione che la campagna da Pieve al Toppo a Olmo è stata interessata più volte da lavori di riassetto idraulico.
Eccetto la posizione, l’opera moderna non ha niente a che vedere con gli antichi “Ponti murati d’Arezzo”, rimossi a cavallo fra XIX e XX secolo per adattare strutture e viabilità all’avanzamento della bonifica. I pesanti danni subiti durante gli scontri bellici resero necessario l’ennesimo intervento, nell’ambito del quale il cavalcavia fu ricostruito più largo di com’era prima. Il percorso ciclopedonale lo incrocia soltanto da sinistra e riprende con lo sterrato appena superata la lingua d’asfalto della strada statale.
Nonostante un viavai notevole di mezzi pubblici e privati nelle immediate vicinanze, qua l’itinerario è particolarmente affollato di ciclisti, runner e persone a passeggio. Dopo un lungo scolo che taglia quasi da cima a fondo l’argine destro comincia un tratto pieno di buche profonde, di varie dimensioni. Ai campi sulla sinistra fa da contrappeso il corso della Chiana, molto più in basso delle ruote della bici. Bisogna arrivare ad una “S” sul sentiero per avvistare la canna fumaria a strisce bianche e rosse del termovalorizzatore di San Zeno. All’altezza dell’impianto, l’acqua prende inaspettatamente un po’ di velocità.
Tutto nel paesaggio circostante racconta il compromesso in divenire tra attività economiche e natura che caratterizza la parte finale del viaggio, con il Canale Maestro a fare da separé fra i comuni di Civitella e Arezzo. Il panorama non cambia praticamente di una virgola fino al chilometro 59 e all’ex Magazzino del Grano di Porto alla Nave. La ristrutturazione dell’edificio ha conservato buona parte del suo aspetto originario. Lo stabile fu tirato su nel 1781 dai produttori delle proprietà terriere dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano. Le sue pareti delimitano i locali dove un tempo si stoccavano i beni alimentari provenienti dalla Valdichiana sia aretina che senese e destinati ai banchi di vendita dei principali poli commerciali dei dintorni. Le origini del porto fluviale, l’ultimo attracco attrezzato per le imbarcazioni che navigavano la palude, si perdono nella storia delle comunità che secoli fa hanno abitato a ridosso del Clanis.
Qualche metro oltre l’immobile due corsie strette d’asfalto interrompono lo sterrato. Seguendo quella strada verso destra, in direzione San Zeno, si passerebbe sopra il ponte di Porto alla Nave. Come per i Ponti d’Arezzo, pure in questo caso una discreta sequenza di modifiche ha segnato la storia dell’opera, abbattuta e ricostruita secondo una singolare alternanza di materiali (soprattutto legno e muratura). Il fatto di comparire anche in una mappa disegnata da Leonardo da Vinci nel 1502 aggiunge pepe al passato di una struttura apparentemente anonima, introdotta da una strettoia e conclusa da una curva spigolosa.
Lungo il perimetro dell’ex Magazzino del Grano una coppia di sculture attira l’attenzione dei passanti. Le statue, entrambe firmate dall’artista Lucio Minigrilli, raffigurano l’Omino d’Oro e la Sputaci, due personaggi piuttosto noti della storia locale aretina. Fra le due opere, una fontanella d’acqua invita a rinfrescarsi prima dell’ultimo miglio prima della Chiusa dei Monaci.
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