Ottava tappa della rubrica di itinerari lungo il Sentiero della Bonifica in Valdichiana Toscana
Dall’ex casello idraulico di Frassineto il Sentiero della Bonifica ricomincia con un muro giallo di rotoballe, sulla sinistra. Dietro, una distesa di girasoli rimanda una luce intensa, come un ciondolo dorato su un décolleté verde. A destra, un grosso tubo incassato a vista in una struttura metallica si protende sopra la Chiana, verso la Fattoria di Frassineto.
A entrambi i lati del tracciato sono spuntati dei fiori di campo bianchi, viola e gialli, che danno una sfumatura poetica all’inizio di questo segmento. Qualche centinaio di metri più in là, delle piante proiettano ombra sul percorso, poi si prosegue sotto il sole pieno, in mezzo alla campagna. In lontananza si avvistano le case di Alberoro, mentre sullo sfondo, nelle giornate di cielo terso, si scorge nitidamente il borgo di Civitella, arroccato sul suo colle.
Ogni tanto lo sterrato si apre con spacchi che rendono vacillante l’equilibrio in sella. Dei ponticelli di pietra sui fossi si mimetizzano bene nel paesaggio rurale; a destra il Canale Maestro scorre in fondo ad argini che, da verticali, si piegano in una curva dolce nella parte più in basso. Dal lato opposto i campi di varie cromie, dal verde chiaro al giallo paglia, stanno per lasciare posto ai frutteti di Civitella.
All’altezza di un meleto compare di sghembo al sentiero un manufatto di immissione in muratura. Queste strutture, dette anche briglie o serre, furono realizzate nell’Ottocento per attenuare la potenza della corrente dei canali che si immettevano in quello principale, in modo da non creare gorghi. Il pericolo da scongiurare era l’erosione del letto dei corsi artificiali minori. In altre parole, l’acqua doveva scivolare piano, senza intaccare il fondale.
La briglia risalta nel panorama come un elemento affascinante ma intruso. Osservarla fa tornare in mente il Callone di Valiano, nella Valdichiana senese. Come quell’opera, questa serra è la firma dell’uomo sulla bonifica. Dietro il manufatto, in corrispondenza di Rigutino, delle colline elevate si innalzano facendo da cornice alla pianura.
Delle spighe sottili di forasacchi creano una specie di velatura chiara a margine del sentiero. Si pedala sempre dritto sul percorso, con pendenze quasi impercettibili. Soltanto i tonfi dei cannoni spaventapasseri interrompono a cadenza lenta e regolare il silenzio purissimo, a tratti irreale, della natura circostante: a sinistra i meleti, a destra i campi, oltre il Canale Maestro. Come al solito dalla Chiana, color verdastro opaco in questo punto, tutto tace.
Dopo una seconda serra, su un lato, si spalanca una sorta di passerella in terra battuta, una curva in mezzo a un meleto con una casa contadina sullo sfondo. Lucertole velocissime corrono all’impazzata sullo sterrato, vicino alle ruote. Il tempo di una foto mentre un ultraleggero sorvola la zona e si riparte, alla volta del territorio di Civitella in Val di Chiana.
Il percorso ciclopedonale si torce in delle curvette a mezzaluna poco marcate. Intorno al chilometro 52 le chiome di alberi grandi, cresciuti vicino alla Chiana, movimentano le sponde del corso d’acqua. L’ombra pure in questo caso dura un battito di ciglia. Adesso i meleti arretrano un po’ e i campi finiscono prima dell’itinerario, dando luogo a una specie di muretto rialzato.
Dopo uno slalom lievemente più stretto degli altri si incontra una piccola costruzione diroccata, messa in sicurezza con delle impalcature. A circa 200 metri da questo edificio, un cartello blu indica la Sp327. Da lì, tagliando da un meleto, si può raggiungere la strada asfaltata che porta a Tegoleto e Pieve al Toppo.
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