Figure che si slanciano nello spazio, trame di rami e radici, geometrie non casuali cariche di una vibrante energia vitale caratterizzano le sculture che portano Andrea Roggi (Castiglion Fiorentino, 1962) a essere oggi stimato quale autorevole nome della scultura contemporanea.
Promotore dalla fine degli anni Novanta della corrente Art for Young, il cui concetto centrale è quello di destare nelle giovani generazioni la passione per l’arte, e ideatore del Parco della Creatività nella località di Manciano, Andrea Roggi firma lavori che rivelano la sua completa dedizione all’arte. Dal 1991, anno di fondazione del laboratorio artistico La Scultura di Andrea Roggi, decine di opere dall’estetica ben riconoscibile e dall’interessante valore simbolico sono state protagoniste di esposizioni in città italiane (tra cui Venezia, Siena, Matera, Assisi, Asolo, Lucca, Firenze) e in contesti internazionali (Grand Hall Olympia a Londra, Ahoy a Rotterdam, Grand Palais a Parigi, Oishi Gallery e Fukuoka City Museum a Fukuoka, Forum Grimaldi a Monaco, Shanghai World Expo Exhibition Center).
Di respiro internazionale è anche la recente e prestigiosa collaborazione che ha unito l’arte di Andrea Roggi a quella glamour dello statunitense, designer di gioielli, Martin Katz per la realizzazione di Energia della Vita, un capolavoro in bronzo e pietre preziose. Presentata nel Salone dei Cinquecento a Firenze lo scorso 4 novembre, l’opera è esposta al pubblico dal 21 dicembre all’8 gennaio presso la Scuola grande di San Rocco a Venezia.
Cosa ha scaturito l’incontro tra due creatività così distanti?
“L’incontro con Martin Katz, celebre designer di Beverly Hills, è stato propiziato da sua moglie, Kelly Fisher Katz, che aveva visto delle mie opere e aveva suggerito di presentarci. Confrontando i nostri percorsi artistici ho pensato che lui, attraverso la raffinatezza dell’arte orafa, avrebbe potuto valorizzare la mia idea di Energia della Vita, rappresentata in modo ricorrente nelle mie esposizioni attraverso una piccola sfera. Il mio obiettivo è infatti quello di astrarre il più possibile la scultura per affidare alla forma sferica il concetto di “vita”, un’entità essenziale e universale, da trasmettere pertanto in modo semplice.
Inizialmente ho avuto il dubbio che l’aggiunta di pietre preziose potesse entrare in contraddizione con questa idea di semplificazione, ma l’oro bianco, gli zaffiri blu, le tormaline Paraiba, i granati tsavorite e i diamanti bianchi incastonati da Katz non hanno che arricchito la sfera, donandole ancor più potenza espressiva. Infine, completando l’installazione con un piccolo punto luce, la sfera ha iniziato a irradiare riflessi sulle radici dell’Albero della Vita, l’opera in bronzo che le fa da cornice, suggerendo con efficacia l’idea che dal soffio vitale si origini il mondo“.
Di pari passo a questo processo di astrazione, gli elementi figurativi sono comunque molto presenti all’interno della sua produzione artistica. Come si abbinano i due linguaggi ?
“Soprattutto nelle sculture che vengono esposte in contesti pubblici, gli elementi semplici e familiari sono utili a raggiungere un pubblico vasto e vario. Tuttavia una componente figurativa non si limita al significato diretto che se ne può cogliere, in quanto essa è sempre espressione di qualcos’altro. Sembianze umane e arboree, ad esempio, fanno parte di un codice che traduce i segni visivi in riflessioni sugli effetti della storia sul tempo presente (radici), sull’azione della vita nel presente (tronchi antropomorfi), sul futuro a cui tutto il resto dà inizio (rami, foglie e frutti). Pertanto anche la dimensione figurativa, come quella astratta, è rivestita di un forte valore simbolico.“
Una carriera longeva e accreditata come la sua è sinonimo di un’ispirazione continua. Da dove derivano i concetti che poi si concretizzano in così tante opere?
“Nel mio concetto di arte, è necessario mettere prima di tutto se stessi e il proprio pensiero in quello che si fa. Un’idea deve necessariamente emergere dall’esperienza propria di una persona che vive un certo momento storico. È impossibile non portarsi dietro la storia e la cultura da cui si proviene, ma chi fa arte è testimone del proprio tempo, ha come obiettivo quello di far vedere in anticipo agli altri ciò che gli altri non vedono o che in quel momento non appare poi così chiaro. Non è escluso che a distanza di tempo certi stessi simboli non possano essere ripresi, magari con sfumature di significato diverse, poiché c’è stata un’evoluzione nel senso a loro attribuito. Ma ciò accade perché l’arte scaturisce dalle emozioni di una persona e, difatti, se non potessi attingere liberamente a quello che vivo o ho vissuto, oppure seguire in prima persona la realizzazione dei miei lavori, penso che non avrebbe molto senso considerarli miei.”
Il materiale più frequentemente utilizzato per le sue opere è il bronzo, ma non mancano lavori in marmo e acciaio. A cosa si deve una tale ricerca materica?
“Iniziare a lavorare il marmo, nel 2017, o l’acciaio inox, nel 2020, mi ha consentito di capire le potenzialità dei singoli materiali, premesso che per saperli gestire con padronanza occorre fare tanta pratica, conoscerli bene. Sperimentare materiali e tecniche permette di trovare nuove forme, anche per esprimere in modo diverso un concetto già affrontato o che altrimenti non sarebbe possibile trattare.
Ad esempio, grazie alla tecnica di fusione dinamica che abbiamo brevettato nel 2019, in laboratorio riusciamo a creare oggetti che sarebbero irrealizzabili sfruttando solo la tecnica della cera persa. L’obiettivo, in sintesi, rimane quello di trovare il mezzo maggiormente adeguato a rappresentare i differenti concetti.”
Le sue opere sono sempre più richieste. Cos’è secondo lei che piace dei suoi lavori?
“Ho avuto modo di osservare che le mie opere emozionano molto, le persone ci si riconoscono – a tale proposito sottolineo che riuscire a suscitare emozioni è motivo di massima gratificazione. Cerco di comunicare in modo comprensibile, di trasmettere messaggi a più livelli: se con uno sguardo più superficiale si possono cogliere certi aspetti, con maggiore attenzione se ne scoprono altri. Io stesso comprendo appieno il significato contenuto in un’opera anche anni dopo averla realizzata, perché in fase di creazione lascio che a guidarmi sia l’istinto.”
Foto Giacomo Roggi