Christa Fonfara è un’artista tedesca originaria di Francoforte, che da ormai più di trenta anni svolge la sua attività di pittrice a Petroio. Dopo il diploma all’Accademia delle Belle Arti di Stoccarda nel 1972, ha intrapreso la carriera di scenografa nei teatri di Stoccarda e Bochum. Nel 1987, la decisione insieme al marito compositore Jo Post, di lasciare la Germania per stabilirsi definitivamente in Italia. Nel suo laboratorio alterna lavori su commissione a nuovi progetti, in cui sperimenta e mescola varie tecniche, come ci ha raccontato.
Cosa caratterizza la pittura di Christa Fonfara?
«Le mie opere sono accomunate da uno stile prevalentemente astratto, su cui di tanto in tanto si identificano soggetti figurativi in linea con i temi rappresentati. Proprio per avere a disposizione più linguaggi espressivi, sono utilizzati accostamenti di diverse tecniche, soprattutto acrilico, olio e collage».
Scorrendo la galleria di quadri, si evidenziano tematiche varie. Cos’è che le suggerisce?
«La maggior parte delle mie opere nascono da letture di testi filosofici e dall’ascolto di musica classica. Le composizioni di Richard Wagner, Richard Strauss e Gustav Mahler, con le suggestioni della cultura romantica e la sua carica comunicativa che soggiace al mito e alla tragedia, sono una ricca sorgente di ispirazione per la mia attività creativa. Fare riferimento ad un paradigma come quello romantico, che coinvolse in modo traversale tutte le forme espressive, è utile per un’arte, come questa, non confinata alla sola pittura».
Infatti tra i vari progetti intrapresi, alcuni si incontrano con la letteratura e il teatro.
«Proprio in questo periodo stiamo preparando uno spettacolo in cui le immagini, che nello specifico realizzerò unendo sabbia e collage, scorreranno sullo sfondo della lettura di brani scritti da Frida Kahlo e Vincent van Gogh, mentre tutto sarà accompagnato dalla musica di Jo. Sarà una performance nella performance, una metafora di come un processo creativo necessariamente si svolga all’interno dell’esistenza umana».
Quale è stato un momento particolarmente significativo per la sua carriera?
«Di certo il trasferimento in Italia ha costituito un momento importante. Il lavoro in teatro è stato formativo, ma a lungo andare limitante, in quanto imponeva di affrontare tematiche precisamente indicate. Decidere di vivere l’arte liberamente, per essa stessa e non per qualcuno, è stato una svolta, anche se c’è stata pure qualche difficoltà iniziale».
Perché avete scelto di stabilirvi proprio in questa parte della Toscana?
«Eravamo stati in Toscana più volte in vacanza, e quindi avevamo potuto conoscere lo stile di vita che hanno le persone qui. Ho sempre trovato la dimensione del piccolo paese molto affine allo spirito che cercavo per aprire il mio studio».
In che modo l’ambiente condiziona la sua pittura?
«Talvolta ricorrono all’interno delle mie opere degli elementi naturali, ma in genere non mi dedico alla pittura di paesaggio, che eppure è comunemente diffusa. Preferisco trovare punti di vista personali, anche insoliti, attraverso cui rappresentare la realtà».
Cosa pensa della condizione dell’arte, ma più in generale della cultura, in Italia oggi?
«Avendo continuato a tenere contatti con l’estero in questi anni, mi rendo conto che attualmente nel resto dell’Europa c’è più vivacità a livello di produzione artistica. In Italia c’è molta innovazione nel settore del design, ma la cultura per quel che riguarda l’arte in sé sembra rimanere concentrata solo sulla conservazione del passato, valorizzando poco di quanto sta accadendo in epoca contemporanea».