Questa settimana vorrei parlarvi di tre film frutto di una collaborazione ben riuscita tra due artisti messicani: il regista Alejandro Gonzàlez Iñárritu e lo scrittore ed autore Guillermo Arriaga. Oltre ad avere lo stesso regista e lo stesso scrittore, i tre film, Amores Perros, 21 Grammi e Babel, pur avendo trame diverse e non collegabili tra loro, hanno uno stile simile ed un identico tema, quello della morte e del dolore, a tal punto da battezzare successivamente l’insieme di questi tre film come La trilogia della morte.
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Amores Perros (2000). Dopo aver lavorato insieme per la realizzazione di diversi cortometraggi alla fine degli anni ’90, questo è il primo lungometraggio che ha visto la collaborazione tra Iñárritu e Arriaga. Il film, vincitore del Premio della critica al Festival di Cannes del 2000, tratta tre storie apparentemente separate, ma legate insieme dal tema della morte, dell’amore e dell’affetto verso i cani. La prima storia parla di Octavio, interpretato da Emilio Echevarrìa, innamorato della moglie del fratello, Susana, che, non avendo soldi per fuggire via con lei, decide di entrare nel mondo del combattimento di cani. La seconda storia parla di una modella Valeria, che dopo aver subito un brutto incidente ad una gamba, è costretta a passare la convalescenza in sedia a rotelle in una nuova casa, acquistata dal compagno Daniel, dove perde misteriosamente il suo cane. L’episodio finale del film parla di un killer professionista, El Chivo, che, giunto ormai avanti con gli anni, cerca di mettersi in contatto con la sua unica figlia, Maru, che aveva abbandonato quando era piccola per unirsi ad un gruppo di guerriglieri.
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21 Grammi (2003). “Si dice che nel preciso istante della morte tutti perdiamo 21 grammi di peso.” Secondo capitolo della trilogia, il film, candidato agli Oscar come miglior film straniero, è incentrato sul tema della vita oltre la morte e della reincarnazione. Ricalcando lo stile della narrazione non lineare, sperimentato già con successo in Amores Perros, il film vanta un cast d’eccezione: Benicio Del Toro nei panni di Jack Jordan, un ex detenuto diventato un fanatico religioso, Naomi Watts, che interpreta una madre di due figli con problemi di tossicodipendenza, Sean Penn nel ruolo di Paul Rivers, un matematico con una grave malattia cardiaca. Dopo alla morte di una persona, le vite dei tre personaggi si intrecceranno.
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Babel (2006). Il film è stato accolto molto bene dalla critica guadagnando prestigiosi premi come: il David di Donatello per miglior film straniero in concorso, la Palma d’Oro di Cannes come miglior regia e il premio Oscar per la colonna sonora. Chiudendo la trilogia della morte, la pellicola riprende lo stile non lineare basato su quattro storie: la prima narra la storia di due piccoli pastori di capre nelle montagne dell’Atlante in Marocco; la seconda parte riguarda il viaggio fatto da una coppia, interpretata da Brad Pitt e Kate Blanchett, che tenta di riavvicinarsi dopo la morte del figlio appena nato. La terza racconta di una governante messicana che, per andare al matrimonio del figlio in Messico, porta con se i figli che gli sono stati affidati. L’ultimo episodio parla del disagio che sta attraversando una adolescente sordomuta giapponese dovuto dalla morte della madre.
Stile. Anche nei loro lavori successivi alla trilogia e alla loro collaborazione, i due artisti hanno portato lo stile che ha contraddistinto questi film. Sia in Burning Plain di Arriaga, che in Biutiful di Iñárritu, si intravede un continuum nella narrazione, che continua ad non lineare e ad incastro, e nei temi affrontati legati soprattutto alla morte e al dolore che essa comporta. Nei loro film sembra che Iñárritu e Arriaga vogliano farci capire che il dolore, sentimento intimo, è in grado di legare più persone nel mondo portandolo da una sfera molto personale ad una più universale.