Le Comunità del Cibo sono uno strumento di tutela, valorizzazione e progettazione delle identità rurali. La realizzazione delle Comunità del Cibo è stata resa possibile grazie alla Legge 194 del 1 dicembre 2015, attraverso il quale possono nascere accordi tra soggetti di estrazione diversa, accumunati dall’intenzione di svolgere un ruolo attivo nel sistema agricolo, economico o sociale a livello locale.
Attraverso le Comunità del Cibo le realtà territoriali promuovono la salvaguardia della biodiversità autoctona e le tradizioni agricole. Sempre secondo il riferimento legislativo, le attività delle Comunità del Cibo possono avere obiettivi molteplici, tra cui lo studio e la trasmissione di conoscenze sulle risorse genetiche autoctone, l’avvio di filiere corte, la diffusione di sistemi colturali a basso impatto ambientale, il recupero del sapere agricolo tradizionale, la selezione naturale delle sementi e la realizzazione di orti didattici o urbani.
La Comunità del Cibo della Valdichiana
Dal 2021 è attiva anche la Comunità del Cibo della Valdichiana, il cui territorio ricade su 17 Comuni tra Valdichiana senese e aretina, per una superficie complessiva di oltre 1.850 kmq. L’ obiettivo principale è quello di tutelare e valorizzare le identità rurali della Valdichiana Toscana, contribuendo alla progettazione dello sviluppo locale in maniera sostenibile. L’associazione vede l’adesione di Amministrazioni Comunali, Associazioni di Categoria, Ordini Professionali e Consorzi, oltre alla Camera di Commercio di Arezzo-Siena che ha il ruolo di soggetto coordinatore. Tutti i soggetti che fanno parte della Comunità del Cibo della Valdichiana hanno aderito alla Carta dei Valori, che è diventata un elemento fondante per i progetti di sviluppo rurale locale.
Tra gli obiettivi della Comunità del Cibo della Valdichiana vi sono l’impegno a proteggere e ripristinare un miglior grado di agrobiodiversità, la realizzazione di un progetto strategico di sviluppo locale sostenibile attento all’ambiente, lo studio, il recupero e la trasmissione di conoscenze tradizionali, la realizzazione di forme di filiera corta, lo studio e la diffusione di pratiche proprie dell’agricoltura biologica e di altri sistemi colturali a basso impatto ambientale, favorire la capacità collettiva di progettazione dello sviluppo in chiave sostenibile e partecipare alle politiche di gestione del territorio in cui ricade la Comunità per la sua crescita di carattere economico, sociale, culturale e turistico.
In questo senso la Comunità del Cibo della Valdichiana si pone come uno dei soggetti più adeguati al reperimento di risorse da destinare allo sviluppo rurale. Già dal 2022 la Toscana è un punto di riferimento per progetti di questo tipo, grazia alla presenza di Comunità del Cibo strutturate come quella della Valdichiana, con delle differenze importanti nei confronti di altre Regioni italiane.
Le Comunità del Cibo come modello di sviluppo locale sostenibile
Proprio il rapporto tra il concetto di sostenibilità e la progettazione delle Comunità del Cibo è alla base del volume pubblicato dalla collana saggistica di LaV Libri: “Un modello di sviluppo locale sostenibile: le Comunità del Cibo. L’esperienza della Valdichiana” di Stefano Biagiotti. La crescente attenzione nei confronti di queste tematiche si sta infatti accompagnando alla sensibilità, nel mondo accademico e degli organi di governo, ai temi dello sviluppo sostenibile e delle food policy. Partendo dal caso di studio della Comunità del Cibo della Valdichiana, in questo volume si approfondisce la necessità di dare concreta attuazione ad atti di indirizzo e risposte a interrogativi di riorganizzazione delle comunità, all’insegna del tema della sostenibilità.
La tesi fondante del volume è che le Comunità del Cibo, grazie alle loro reti di relazioni, siano lo strumento idoneo per progettare e realizzare politiche locali sostenibili, con modelli di partecipazione dal basso. Se strutturare secondo i requisiti della norma UNI ISO 37101:2019, le Comunità del Cibo che prevedono un’ampia partecipazione di soggetti del mondo economico, amministrativo e sociale al loro interno (come quella della Valdichiana) diventano lo strumento idoneo per uno sviluppo locale sostenibile capace di portare vantaggi economici, sociali e ambientali per le imprese e per la comunità.
La presentazione del volume è avvenuta lo scorso venerdì 19 gennaio nel contesto dell’annuale Fiera di Sant’Antonio a Torrita di Siena, portando nuovamente all’attenzione le importanti tematiche trattate dal saggio di Stefano Biagiotti. Riportiamo il testo finale dell’intervento, per mettere in luce la necessità di una progettazione che tenga conto della sostenibilità dal punto di vista ambientale, economico e sociale, per garantire uno sviluppo locale duraturo e lungimirante.
“Un ambito locale per essere sostenibile deve essere capace di sostenere nel tempo la riproduzione del capitale complessivo composto dalle tre dimensioni economico, sociale e ambientale. Un ambito locale è competitivo quanto è in grado di generare benefici per coloro che ci vivono, e capace di soddisfare gli “ospiti” per un periodo di tempo lungo. Implementare un sistema di gestione per lo sviluppo sostenibile, per un ambito locale anche sovracomunale, significa dotarsi di uno strumento per le politiche, la programmazione, i piani e i progetti che prevedendo un approccio multidisciplinare, multisettoriale, olistico e partecipato consentirà maggiore stabilità, maggiori investimenti e migliore qualità della vita.“
“Le comunità del cibo possono essere un’organizzazione sostenibile quando si siano dotate di un sistema di gestione di sviluppo sostenibile secondo il modello PDCA che tenga conto dei fattori di cui alle norme della famiglia UNI ISO 371 xx, integrato e ricompreso nel piano strategico delle Comunità del Cibo. Sarebbe pertanto auspicabile che le Regioni normassero le Comunità del Cibo, con una procedura di riconoscimento, prevedendo al momento dell’iscrizione la redazione di un piano strategico che contenga gli elementi per valutarne la sostenibilità secondo le norme della serie UNI ISO 371 xx. Così facendo si potrebbe creare una rete di Comunità del Cibo italiane, con l’implicito riconoscimento di essere delle organizzazioni di ambito locale sostenibili, adottando un sistema di certificazione di seconda parte, riducendo i costi e creando un piano strategico per lo sviluppo sostenibile”