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La “Naturalis Historia” di Roberto Ghezzi

La “Naturalis Historia” di Roberto Ghezzi

L’arte contemporanea può spaventare il grande pubblico, la mancanza di riferimenti realistici rischia di essere vista con sospetto e paura: ma queste difficoltà non frenano il giovane pittore Roberto Ghezzi, che con la sua mostra “Naturalis Historia” vuole dimostrare che anche il nostro territorio ha tanto da dire nell’arte contemporanea.

Nato a Cortona nel 1978, Roberto vive e lavora in Valdichiana, ma è già diventato un pittore quotato e può vantare numerose mostre. Ha frequentato lo studio di scultura e pittura di famiglia (è il nipote dell’artista cortonese Gino Ghezzi) e l’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Negli ultimi anni ha esposto in Italia (Milano, Roma, Firenze) e all’estero (Londra, Shanghai), oltre a disputare numerosi premi e concorsi dedicati all’arte contemporanea.

La mostra “Naturalis Historia” è stata allestita presso la Fortezza di Montepulciano e sarà aperta al pubblico dal 13 marzo al 3 aprile, con una selezione di opere di grande formato sul tema del paesaggio e della natura. La mostra, organizzata e promossa dal Lions Club Chianciano Terme e patrocinata dal Comune di Montepulciano, è stata curata da Maria Nicole Iulietto e rimarrà aperta tutti i giorni dalle ore 11 alle ore 19, in concomitanza con la 61° Mostra dell’Artigianato.

Abbiamo intervistato Roberto Ghezzi al vernissage di apertura della mostra, in occasione della cena di gala organizzata dal Lions Club Chianciano Terme: l’artista cortonese ha donato una delle sue opere per permettere la realizzazione di un progetto musicale a favore dell’orfanotrofio Antoniano di S.Francesco. Una serata dedicata alla cultura e alla beneficenza, quindi, in cui l’arte è stata donata dai giovani artisti del territorio per creare altra arte.

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Una delle opere esposte nella mostra “Naturalis Historia” di Roberto Ghezzi

Bentrovato Roberto, complimenti per la tua mostra. Puoi parlarci dello spirito che ha animato la serata organizzata dal Lions Club e i motivi che ti hanno spinto a donare uno dei tuoi quadri?

“Per me è un onore inaugurare la mostra con un evento del genere. Sono lusingato, perché lo scopo è benefico: un’opera verrà posta come premio di una lotteria tra i soci del Lions Club e il ricavato servirà a finanziare un maestro di coro o di strumento dell’Istituto di Musica di Montepulciano per la realizzazione di un progetto musicale a favore dell’orfanotrofio Antoniano di S.Francesco. L’intera mostra è stata promossa dal Lions Club e patrocinata dal Comune di Montepulciano, a cui vanno i miei sinceri ringraziamenti.”

La mostra conta trenta inediti, che non sono stati mai esposti prima. Che cosa dobbiamo sapere per visitare al meglio la tua mostra e comprendere pienamente le tue opere?

“Ho avuto la possibilità di sfruttare il chiostro al primo piano della Fortezza di Montepulciano, che è bellissimo: ristrutturato da poco, offre la possibilità durante la sera di vedere attraverso le finestre, creando un’atmosfera quasi metafisica. La mostra è strutturata come un percorso: nella prima sala sono presenti delle opere più figurative, più accattivanti dal punto di vista cromatico, con un dato mimetico più spiccato. Le persone possono riconoscervi qualcosa che hanno visto nella loro infanzia o nel loro passato, anche se non ci sono elementi contestuali. Poi il percorso si snoda lungo il corridoio sulla sinistra, dove i colori si iniziano a mescolare, le tecniche dell’olio lasciano spazio ad altre tecniche miste, dove acrilico ed olio sono mescolate assieme per ottenere effetti diversi. In queste opere il dato reale, il collegamento col referente, è più diluito, le persone ci possono vedere molte cose. E questa ambiguità è voluta, proprio per cercare di far sì che le persone abbandonino per un istante il dato della sicurezza e si abbandonino dentro l’opera, senza più un riferimento preciso. Infine il percorso continua con l’introduzione ai soggetti della prima sala, quindi è circolare, si ritorna a un figurativo più classico. Si tratta di una specie di circolo senza fine, dove le persone possono immergersi in due tipi diversi di produzione, però con un filo conduttore unico, che è l’indagine sulla natura.”

Credi che possano esserci delle difficoltà nell’apprezzare l’arte contemporanea da parte dei visitatori?

“Il percorso che abbiamo pensato per la mostra serve anche per avvicinare le persone, perché il contemporaneo è spesso visto con sospetto e paura. Non appena si abbandona il dato fattuale e realistico, le persone hanno paura a buttarsi in un’opera che non abbia dei riferimenti concreti. A volte però basta una linea d’orizzonte, come quelle che inserisco spesso nelle mie opere, per provare empatia. C’è una linea d’orizzonte, non mi interessa più capire se quello sopra rappresenta il cielo, la terra o la montagna, però mi piace e l’ho già vista. Anzi, mi piace ancora più delle altre, perché non rappresenta nulla di particolare, ma rappresenta tutta la natura, quindi mi sento a mio agio.”

Qual’è il rapporto della tua arte con il territorio in cui vivi? Sei partito da Cortona, hai esposto in Italia e all’estero, adesso una mostra a Montepulciano: credi che questo territorio faccia abbastanza per l’arte?

“Cosa posso dire? Nessuno è profeta in patria. A volte riesco a ricevere maggiori apprezzamenti fuori dal territorio in cui sono nato, ma questo non penso che sia dovuto a una mancanza da parte del nostro territorio. Non solo la Valdichiana, ma tutta l’Italia, vive l’ombra lunga del Rinascimento. Sotto certi aspetti è un’ombra positiva: è bellissimo essere gli eredi di Michelangelo, Raffaello e Tiziano. Dall’altro lato può rendere difficile parlare di contemporaneo, perché si teme di risultare come figli di un padre imponente, un padre che pesa sulle nostre spalle. Parlare di arte contemporanea, soprattutto di paesaggio, è molto difficile: il Novecento è stato il secolo dell’uomo, il paesaggio ha avuto una valenza fondamentale nel Romanticismo e nell’Impressionismo. Tuttavia, non è un buon motivo per smettere di provare. Penso che l’Italia e il sud della Toscana abbiano tanto da dare sul contemporaneo, proprio perché affondiamo le nostre radici su una storia così imponente. Senza fondamenta la struttura crolla. Qui abbiamo radici forti: basterebbe avere più coraggio”

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