«Qual è il tuo disco preferito?» chiedo ad Anthony Heinl durante l’incontro pomeridiano nel foyer del teatro Pietro Mascagni di Chiusi, poche ore prima del debutto in prima nazionale del nuovo spettacolo della Evolution Dance Theater, Night Garden, «Oh ce ne sono tantissimi» dice «Sicuramente qualcosa dei Led Zeppelin» mi fa, con la dilatazione delle formanti vocaliche propria degli americani che parlano italiano mantenendo, fortemente, il loro accento d’origine. Una risposta quasi estraniante per un coreografo come lui, attento alle più innovative trovate digitali che il nostro presente offre, tanto estraniante quanto le scelte drammaturgiche che trasferisce in scena attraverso la compagnia EDT di cui è direttore dal 2008. Sembra quasi storcere il naso quando ci si riferisce alle sue creazioni come “coreografie di ballo”: la danza non è che una porzione dell’intero scenico che la sua centrifuga creativa elabora costantemente. Heinl infatti ha una formazione di base scientifica: «studiavo fisica e chimica all’università di Boston» dice «prima di dedicarmi completamente al teatro», e la capacità alchemica di mescolare elementi e farli reagire, di misurare i dosaggi delle componenti per un equilibrio efficace, ha visibilmente permeato tutta la sua carriera di ballerino e coreografo.
Night Garden è una raccolta poetica in verso libero, con un’estrema prepotenza visuale. No, non è uno spettacolo di danza, è performance totalizzante, è quintessenza del superamento. La tecnica di palco non è affidata alle americane, né a faretti o puntatori di sala. Tutto ciò che è luminescenza all’interno nel contesto scenico viene prodotto – dal punto di vista del pubblico – direttamente dai corpi dei performer, che si muovono sulla parete scura della superficie della boccascena. Il 75% della funzionalità e del movimento è legata alla luce e non ai corpi in sé, il pubblico osserva figure eteree mobili, luminescenze, fluorescenze che si imprimono su velatini a tagliafuoco, filamenti di tessuto illuminati da neon e led, lampade in resina o UV, tutto marcato dal punto di vista illusionistico e onirico. Non si vedono i volti, non si vedono i confini esatti delle fisicità, ma solo la loro rappresentazione fosforescente.
La scelta musicale è sopraffina: AIR, Radiohead, Woodkid, Sneaker Pimps, Darkside, Joni Mitchell, ed altri, coronano la perizia immaginifica e creativa della compagnia. «Tutto inizia dalla musica» ripete più volte durante l’intervista Heinl: «la mia mente produce immagini infinite e confuse, attraverso la musica tutto prende forma».
Anthony Heinl insieme a Nadessja Casavecchia hanno elaborato una formula estremamente efficace di spettacolarità, collisione pop di esperienze divergenti, la quale carpisce perfettamente l’attenzione del pubblico più digiuno dalla danza, il pubblico apparentemente meno interessato. Con la Evolution Dance Theater hanno riunito sei danzatori provenienti dalle formazioni più poliedriche: Chiara Morciano, Chiara Verdecchia, Carim Di Castro, Lavinia Scott, Bruno Batisti ed Emiliano Serra spaziano dal classico alla breakdance, dagli esercizi degli acrobati ai ginnasti. Lo spettacolo scuote l’abitudine del guardare, producendo un potenziamento di ogni singolo movimento di palco attraverso gli effetti speciali di luce e di strumentazione scenica. Un complesso estetico totale, inseribile ovunque, dai teatri tradizionali ai palchi dei maggiori festival techno e rock d’Europa.