Close
Close

Nessun prodotto nel carrello.

Chiara & Civica – O la Repubblica o il Caos!

Chiara & Civica – O la Repubblica o il Caos!

Già dal titolo possiamo intuire che parleremo dalla nascita della Repubblica, ma non saremo banali: per esempio, sapevate che la nascita della Repubblica viene descritta da alcuni come un “parto pilotato”? O che ci furono dei ritardi nella proclamazione a causa di un decreto “male interpretato”? Nel caso la vostra risposta sia negativa, sappiate che siamo qui proprio per imparare tutti insieme: a differenza di quello che diceva Nenni, nonostante ci sia la Repubblica, ancora siamo totalmente nel caos.

Quindi, proviamo a fare ordine!

Come si arriva alla nascita della Repubblica?

Nel 1943 diventò capo del Governo Pietro Badoglio, il quale guidò un governo militare e condusse il paese all’armistizio dell’8 settembre 1943. A seguito dell’armistizio nacque il “Comitato di Liberazione Nazionale” (CLN) con lo scopo di opporsi al fascismo e all’occupazione nazista in Italia. Il 4 giugno 1944 avvenne la liberazione di Roma  e nacque un nuovo Governo con presidente del Consiglio Bonomini.

L’accordo fra la Monarchia italiana e il CLN, precedentemente voluto da quest’ultimi, venne formalizzato nel decreto legge luogotenenziale n. 151/1944. Il decreto stabiliva che alla fine della guerra l’Italia sarebbe stata chiamata a scegliere fra Monarchia e Repubblica e che un’Assemblea Costituente avrebbe dato una Costituzione allo Stato. Il 16 marzo 1946 il principe Umberto di Savoia decretò che la forma istituzionale dello Stato sarebbe stata decisa mediante un referendum da indirsi contemporaneamente alle elezioni per l’Assemblea Costituente. Un mese prima del referendum Vittorio Emanuele III abdicò in favore del figlio Umberto, sperando di poter attrarre la benevolenza del popolo italiano. Il 31 maggio si concluse la campagna elettorale e la popolazione italiana si preparò per andare alla urne.

Il Referendum

Nelle giornate del 2 e 3 giugno il popolo andò a votare dando vita al primo suffragio universale italiano. Anche se già nel gennaio 1945 il Consiglio dei Ministri aveva riconosciuto il diritto di voto alle donne, ma di questo parleremo a sufficienza più avanti.

I votanti furono 24.946.878, pari circa all’89,08% degli aventi diritto al voto, e le schede convalidate furono 23.437.143 in totale. I risultati ufficiali del referendum istituzionale furono:

  • Per la REPUBBLICA:   12.717.923 voti
  • Per la MONARCHIA:  10.719.284 voti

I risultati incerti

Il conteggio avvenne in presenza della Corte di Cassazione, seduti a un tavolo a ferro di cavallo, degli ufficiali angloamericani della Commissione alleata e dei giornalisti. I risultati furono proclamati il 10 giugno 1946 da Giuseppe Pagano, presidente della Corte, che però lesse solamente i numeri senza proclamare la vittoria della Repubblica. Pagano concluse poi con una frase piuttosto ambigua: “La corte emetterà in altra adunanza il giudizio definitivo sulle contestazioni […] concernenti lo svolgimento delle operazioni relative al referendum; integrerà i risultati con i dati delle sezioni ancora mancanti e indicherà il numero complessivo degli elettori votanti e quello dei voti nulli»

Ma perché Pagano volle concludere con queste parole?

Si dice che a suggerirle fu proprio Palmiro Togliatti, all’epoca ministro della Giustizia e segretario del Partito Comunista Italiano, che aveva ancora paura di una possibile vittoria da parte della Monarchia, in seguito ai numerosi ricorsi e alle denunce di brogli elettorali che potevano ancora rovesciare l’esito finale del voto.

Ma qualunque sia la storia, il vero motivo sta in una frase del decreto n° 151, “Qualora la maggioranza degli elettori votanti” riferendosi alla vittoria della Repubblica. Che potrebbe non sembrare un problema, se non fosse che sottintende che le percentuali andassero calcolate aggiungendo le schede nulle o vuote. Schede che non erano state prese in considerazione durante il conteggio e a cui si era aggrappato Umberto II con tutti i sostenitori della Monarchia. Le parole della Corte di Cassazione, incomplete e improvvisate, andavano poi ad alimentare l’ipotesi del sovrano. Per questo il Consiglio dei Ministri propose una mediazione, che Togliatti ritenne inutile, ricordando che alcuni ricorsi avrebbero potuto richiedere un esame delle schede elettorali già distrutte.

La Proclamazione della Repubblica 

Nonostante la contrarietà di Umberto II, nella notte fra il 12 e il 13 giugno le funzioni di Capo provvisorio dello Stato vennero trasferite ad Alcide De Gasperi. Il tutto fu incoronato dalla sentenza della Corte di Cassazione che il 18 giugno, stabilì che per “maggioranza degli elettori votanti”, si dovesse intendere la “maggioranza dei voti validi”.

La Suprema Corte, quindi, respinse i ricorsi dei monarchici e procedette alla pubblicazione dei risultati definitivi dei voti nulli: 1.498.136 in totale. Pertanto, anche tenendo conto delle schede bianche o nulle, la Monarchia non avrebbe raggiunto la maggioranza. Nel 1948 verrà poi proclamato il primo Capo dello Stato Enrico de Nicola, ma per questo dobbiamo aspettare la prossima puntata, dove parleremo della Costituzione e dell’Assemblea Costituente. 

Curiosità

Come mai spesso si dice che la Repubblica non è stata una scelta condivisa da tutta l’Italia?

Una risposta è facilmente ricavabile dalle percentuali di voto, infatti l’Italia era divisa in due. Al Nord vinse la Repubblica con una percentuale del 66,2% mentre al Sud la maggioranza era della Monarchia con il 63,8%.

Come mai questo divario?

Nelle due parti d’Italia contarono molto le diverse esperienze durante la guerra: il Nord conobbe la Resistenza e una presa di coscienza politica che invece il Sud non ebbe. Ma dietro il voto monarchico si celava il timore che le forze di sinistra mutassero l’Italia sulla base dei propri obiettivi. La monarchia era vista quindi come baluardo conservatore di fronte alle incognite del dopoguerra.

Perché l’entusiasmo per la Repubblica lasciò in alcuni spazio alla delusione?

Poiché il segretario comunista Togliatti, in quel momento ministro di Grazia e Giustizia, emanò la famosa amnistia grazie alla quale i fascisti tornarono a occupare posti di potere. Fu così che diventò, secondo alcuni commentatori, “ministro della Grazia ma non della Giustizia” (ne abbiamo parlato anche a Radio Salamandre con lo storico Filippo Masina). Ma la delusione si aggravò quando ci fu l’elezione a Capo provvisorio dello Stato dell’avvocato Enrico De Nicola, noto monarchico, così come per la monarchia si era espressa la sua compagine politica, il Partito liberale italiano.

Come mai fu scelto proprio De Nicola?

Il motivo di questa scelta non è ben decifrabile, se non con un occhio critico. De Nicola venne principalmente scelto per la sua provenienza, (era infatti un politico meridionale) e per la benevolenza da sempre dimostrata verso la Monarchia. L’idea era quella di eleggere un Capo dello Stato provvisorio che fosse conosciuto al Sud e che potesse tenere a bada gli animi dei meno entusiasti verso la nascente Repubblica.

1 comment

Lascia un commento

Close