Giunge alla sua 3° edizione “La festa dell’olio e dei sapori d’autunno”, l’evento organizzato col patrocinio della Pro Loco di Montepulciano, che celebra uno dei protagonisti indiscussi delle nostre terre, l’olio. Un momento d’incontro per fare il punto sullo stato di salute di un elemento imprescindibile della nostra cultura. L’olio infatti, è portavoce di un patrimonio non solo gastronomico, ma anche identitario, sinonimo di tradizione, civiltà e sacralità. Pianta di una longevità estrema, l’olivo accompagna la civiltà umana fin da suoi albori. La leggenda narra che tra gli dei, che facevano a gara per trovare il dono più prezioso per donare agli uomini, venne scelta Atena, che donò alla stirpe dei mortali proprio l’ulivo.
Un prodotto che però non riceve sempre la giusta importanza. Manca infatti prima di tutto una comunicazione adeguata, che possa promuovere nel miglior modo possibile l’olio, e rendere anche più consapevole il consumatore al momento della scelta. Ma soprattutto, molto spesso, è assente un vero supporto all’attività degli olivicoltori, che da generazioni si dedicano a realizzare un prodotto che non sempre porta con sé il guadagno sperato.
Tutti questi aspetti sono stati affrontati nel pomeriggio di sabato 29 ottobre presso il salone del convento di S. Agnese, in un convegno che ha visto l’intervento di numerosi esperti del mondo dell’olio, che da prospettive diverse hanno sottolineato le criticità, ma anche le potenzialità che contraddistinguo in questo momento la produzione olearia toscana.
Il supporto il coordinamento dei produttori, sono i primi elementi da cui partire per mantenere alta la qualità di una delle eccellenze culinarie della nostra terra. Un’attività nella quale da anni si impegna l’O.T.A., l’Associazione Olivicoltori Toscani Associati.
“Assistenza tecnica, ma anche innovazione e trasferimento di nuove conoscenze e tecnologie. È questo il supporto maggiore che oggi l’Associazione fornisce ai suoi soci, per un settore, quello oleario, ancora legato a tecniche produttive di uno o due secoli fa, e che rispetto ad altri comparti dell’agroalimentare, necessita maggiormente dell’inserimento di innovazioni tecnologiche e meccaniche. Questo per aumentare anche la resa e il profitto dei produttori stessi, e garantire una maggiore qualità del prodotto finale. A tal fine abbiamo rapporti costanti coi centri di ricerca, le università e il CNR.”
Sono queste le parole di Giampiero Cresti, presidente dell’O.T.A., che descrivono chiaramente il lavoro incessante che l’associazione porta avanti. Un impegno non solo rivolto agli addetti ai lavori, ma che guarda anche al territorio.
“Fare e promuovere la cultura dell’olio significa partire dalle fasce più giovani, attraverso numerose attività sul territorio toscano, per aumentare la conoscenza e la consapevolezza di questo prodotto. Molto spesso la qualità e l’eccellenza faticano ad emergere nel mercato attuale. Questo perché, quando ci si approccia all’olio, mancano gli strumenti per valutare il reale rapporto tra prezzo e qualità. Non ci si rende conto dell’investimento di risorse umane ed economiche che necessita la produzione dell’olio, e soprattutto del piacere e del gusto che un olio di qualità può conferire ad un piatto, anche se questo comporta una spesa maggiore.”
Un fattore oggi imprescindibile per liberare le grandi potenzialità insite nel comparto oleario è l’investimento sia sulle nuove tecnologie sia su pratiche produttive diverse. Una questione che da anni viene portati avanti dal dott. Stefano Biagiotti, direttore di Qualità Sviluppo Rurale, che si occupa di offrire consulenza e servizi alle aziende dell’agroalimentare.
“L’innovazione, sia meccanica che nelle pratiche, è ormai un elemento indispensabile nella produzione di olio. I vantaggi in un’agricoltura di precisione, ad esempio attraverso l’impiego di droni, possono essere molti, sia di natura economica per il produttore, ma anche per il consumatore. Una pratica di questo tipo infatti, può ridurre in modo considerevole l’utilizzo dei fitofarmaci. Soprattutto quello a cui oggi si guarda non sono solo più i costi legati alle materie prime – continua Biagiotti – ma anche quelli inerenti lo smaltimento dei rifiuti. Ecco perché accanto all’innovazione tecnologica, si devono unire le buone pratiche. Si sta abbandonando infatti il concetto di un’economia lineare, per abbracciare quello di economia circolare, nella quale gli scarti vengono riutilizzati all’interno del processo produttivo. Tutto questo parte dalla consapevolezza della limitatezza delle risorse a disposizione, e dall’impatto sull’ambiente. Un’agricoltura condotta in modo intensivo oggi non è più ecosostenibile, in termini di sfruttamento del suolo, della produzione di anidride carbonica o degli interventi coi fitosanitari, che molto spesso vengono fatti senza una reale necessità. La coltura dell’olivo, ben prima dell’introduzione della meccanizzazione e delle nuove tecnologie, si muoveva in questa direzione. Dobbiamo – conclude Biagiotti – sostenere l’attività degli olivicoltori non solo per consentire ad una delle nostre eccellenze di essere ancora competitiva sul mercato, con prodotti che fanno del basso costo e della bassa qualità i loro punti forza, ma anche per l’opera di salvaguardia del territorio che portano avanti da decine e decine di anni.”
La ricchezza dell’olio si riflette anche sulla nostra tavola. Il sapore che un buon olio extra vergine d’oliva conferisce al piatto è qualcosa di irripetibile. Una bontà che allo stesso tempo è sinonimo di salute. L’olio è infatti uno dei pilastri della dieta mediterranea, fonte di numerosi benefici e segreto per una vita longeva.
Sull’importanza dell’olio in tavola e su una corretta educazione alimentare, da anni il dott. Giorgio Ciacci porta avanti una serie di progetti, come “Mangiocando” nato nel 2002, rivolto ai ragazzi della scuola primaria, e la Onlus “ELEA”, impegnata nel comune di San Quirico d’Orcia con il “Circo del Gusto” nelle mense scolastiche.
“Expo 2015 ha lanciato un grande messaggio, ossia quello di arrivare alla consapevolezza che il cibo non sia solo una questa di sopravvivenza, ma anche un elemento di compagnia di tutti i giorni, e arrivare ud una vera cultura del cibo anche in relazione all’ambiente. Questa consapevolezza deve essere sviluppata con un lavoro che inizi proprio dai bambini. I dati europei – prosegue il dott. Ciacci – ci vedono in modo preoccupate al primo posto per quanto riguarda il rischio di obesità. Questo vuol dire che le generazioni future saranno molto più predisposte alle malattie cardiovascolari e anche, purtroppo, ai tumori. Una questione strettamente connessa anche con l’ambiente. Oggi infatti si dice “dimmi cosa mangi e ti dirò come stai e come sta il pianeta intorno a te”, e questo la dice lunga su come il nostro modo di magiare possa avere delle ripercussioni non solo su noi stessi, ma anche sulla realtà circostante. L’auspicio è che questa nuova cultura intorno al cibo sia il frutto di un lavoro congiunto, che veda coinvolte le famiglie, le scuole e le istituzioni.”
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