Associazione per delinquere, tratta degli esseri umani, riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione nell’Operazione AGADEZ della Polizia di Stato: 12 misure cautelari emesse in tutta Italia
Sono state eseguite 7 misure cautelari delle 12 emesse dal Gip del Tribunale di Firenze, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, all’esito delle indagini condotte dalla Polizia di Stato, con l’Operazione Agadez. Gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Siena, in collaborazione con le Questure di Foggia, Torino, Cuneo, Chieti e Pistoia, hanno arrestato 6 donne di nazionalità nigeriana e un uomo italiano, di età compresa tra i 25 e i 54 anni, per associazione per delinquere, tratta degli esseri umani, riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione.
Le misure, 5 custodie cautelari in carcere, un provvedimento di arresti domiciliari e un obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, sono state eseguite in provincia di Firenze, tra Empoli e Castel Fiorentino, in provincia di Torino, nel cuneese e a Chieti. Le serrate indagini sono scattate nell’autunno del 2016, a seguito di alcuni interventi delle forze dell’ordine per liti in strada tra prostitute che si contendevano il posto.
I successivi sviluppi, con appostamenti, intercettazioni telefoniche, portate avanti anche con l’ausilio di interpreti, hanno portato gli investigatori della Squadra Mobile senese a verificare che dietro a quel giro di prostituzione vi era un vero e proprio sodalizio criminale di cittadini di origine nigeriana e ghanese, che traeva profitto dal meretricio di giovani connazionali, anche minorenni.
Tramite un’organizzazione ben strutturata, le ragazze venivano fatte entrare clandestinamente in Italia, costrette ad attraversare il deserto sub sahariano, dopo un lungo periodo trascorso nelle cosiddette “connection houses” in attesa di essere imbarcate dalle coste della Libia. Le sfruttatrici investivano sulle giovani ingenti quantità di denaro – anche diverse migliaia di euro – per le spesse dei viaggi verso il nostro Paese, per le necessità sanitarie e altro. Dopo averle irretite, una volta giunte a destinazione, pretendevano dalle donne la restituzione dei soldi.
In alcuni casi il ricavato dell’attività di prostituzione veniva reinvestito in operazioni immobiliari nel paese di origine o per finanziare gli ulteriori arrivi di ragazze da mettere in strada. Le indagini intanto proseguono alla ricerca dei 5 indagati attualmente irreperibili.