Straniero
Questa qui è una parola spessa, densa, presente. È una parola quanto mai attuale, in questo mondo che si globalizza, si estende e si espande sotto i nostri occhi, a ogni istante che passa. Il sostantivo – o aggettivo, in questo caso a seconda dell’utilizzo – introduce suo malgrado il tema bistrattato dell’accoglienza dell’umano da parte dell’umano.
Perché, pur essendo tutti “cittadini del mondo” (locuzione di taglio un po’ buonista), ciascuno di noi proviene da qualche parte, e a questa provenienza si appicciccano tutta una serie di abitudini, convenzioni, cibi, difetti, idiosincrasie (nella prima denotazione del termine), passioni, preferenze, capacità (…) che fanno di noi individui dei membri di un gruppo ‘altro’ rispetto ai nuclei formati da persone di provenienza diversa.
Mi sono appena resa conto che anche “appartenenza” avrebbe potuto essere una parola interessante, ma che ci volete fare, oggi m’è venuta questa.
Dicevamo che la provenienza è quello che ci caratterizza come individui appartenenti a un gruppo. Occorre qui fare una distinzione, che si applica, di conseguenza, anche al concetto di straniero: i gruppi cui afferiamo sono molteplici e di dimensioni sempre maggiori a seconda dei criteri di esclusività. Qui mi riferisco a gruppi più o meno omogenei dal punto di vista linguistico, per esempio. Solo per farvi capire che non sto parlando di senesi e aretini… Il discorso è un po’ più ampio: lo “straniero” che intendo io arriva per lo meno da oltre il confine della penisola e ha usi e costumi da un po’ a radicalmente diversi dai nostri; magari la pelle di un’altra sfumatura; magari crede in un altro Dio (o in altri dei, o in nessuno); mangia (o non mangia) delle cose in particolare. Parla un’altra lingua, magari con un altro alfabeto (o addirittura con dei piccoli disegni)! Insomma: è percepito, chi più chi meno, come diverso da noi.
Troppo spesso, però, confondiamo la parola “straniero” con “estraneo”, qualcosa di ‘altro’ da noi in senso stretto. Qualcuno che – non importa quanto ci accaniamo a chiarire la nostra provenienza – “tanto è straniero” e non capirà mai “come vanno le cose da noi”. Purtroppo diamo ancora per scontato che l’alterità sia una cosa negativa e che le barriere della comprensione siano lì per una buona ragione invece che per l’estrema gioia di scavalcarle. Spesso ci dividiamo in ‘noi’ e ‘loro’, senza capire che la provenienza differenzia le esperienze che abbiamo del mondo, ma non ci rende diversi come esseri umani.
Imparare da uno straniero o manifestare la propria provenienza in terra straniera è cosa unica. Il flusso ininterrotto della ricchezza non monetaria del genere umano è sempre passato, passa e passerà da tutti quegli stranieri (per noi) che hanno trovato in terra straniera (per loro) un nuovo posto dove mettere solide radici.