L’uso di Internet è oramai consolidato nelle nostre vite – e ha portato senza dubbio a molti vantaggi e comodità nelle nostre prassi quotidiane. A partire dallo facilitare parte della burocrazia, alcune operazioni di acquisto e anche a partire dall’ampliare l’offerta di beni di ogni genere. Negarlo sarebbe poco onesto – Internet ha aiutato la maggior parte di noi e ci ha portato numerosi benefici. Anche da un punto di vista relazionale, ha facilitato dei legami a distanza, ha permesso a molti di noi di andare oltre certe cerchie locali, conoscendo nuova gente nell’etere (a patto però che certi legami si consolidino, diventando anche rapporti face-to-face, distanze permettendo).
C’è però da considerare anche un filone di svantaggi e di disagi che Internet ha portato, da un punto di vista relazionale. È corretto pensare che un uso smodato di Internet abbia portato a dei disagi nella psiche delle persone? O meglio, che un abuso del genere abbia esasperato certi disagi psicologici, o anche psichiatrici, portandoli direttamente in Rete? Negli ultimi anni, un filone della psicologia e della psichiatria, così come della sociologia, si è concentrato molto sui processi digitali, e su come questi sono stati in grado sia di degradare una vita tutto sommato stabile degli utenti, sia come questi abbiano peggiorato la situazione di una persona con dei disturbi pregressi.
Possiamo considerare i cosiddetti Internet Disease (Disagi causati da Internet) delle vere e proprie sindromi strutturate? Disagi che necessitano di cure mediche, se necessario? Si può dire di sì, perché vanno a confluire in alcuni disturbi psichiatrici già identificati, di natura ossessivo-compulsiva, di natura bipolare e via discorrendo.
Quest’editoriale è basato su alcune osservazioni avvenute in queste anni in Rete – osservazioni non solo derivate da Facebook – il social network più utilizzato dagli italiani – ma anche, in tempi meno recenti, dall’ora dimenticato MySpace, dove erano stati riscontrati i primi casi di individui che hanno poi manifestato disagi causati da Internet. Pur non essendo psichiatra, ma avendo studiato basi di Psicologia della Comunicazione, Sociologia, Antropologia e come questi si rapportano al mondo digitale, con gli anni è stato più facile notare individui dai comportamenti problematici in Rete.
Partendo dallo PIU – Problematic Internet Use (Uso Problematico di Internet) – si scoprono molte declinazioni di quest’abuso che diventa dipendenza: vi sono dipendenze da gioco d’azzardo online, acquisti compulsivi online, dipendenza da pornografia online, dipendenza da social network orientati a un preponderante egocentrismo fatto di selfie, monologhi, un parlare e un uso di chat continuo. Sono tutte dipendenze che scattano nel momento in cui c’è una forte eccitazione positiva: si provi a pensare quando ci si riesce ad aggiudicare un’asta online, quando si vince una mano di poker online, quando si ricevono complimenti positivi per il fiume di foto quotidiane (dove si è sempre presenti, di rado sono foto ambientali) postate nel proprio profilo. Un’altra dipendenza pericolosa, perché non solo dannosa per chi ne soffre, ma per chi viene coinvolto per un lasso di tempo significativo, è la dipendenza da relazioni online.
Si ribadisce che sentire i propri amici online, laddove poi ci sia una relazione face-to-face, non è per nulla dannoso, così come non c’è niente di male nel conoscere della gente tramite un forum o una chat, sempre purché ci sia poi un riscontro nella vita offline. Ma ci sono persone che, con i loro disturbi e la loro “valvola di sfogo” su Internet, intrappolano persone normali in relazioni online dannose, che possono avere conseguenze a volte irreversibili sulla psiche dei malcapitati. E molto spesso, queste relazioni malate non escono dalla Rete.
Parliamo quindi di un disturbo che si basa su una dipendenza. Solitamente queste persone riescono anche a essere molto popolari su Internet, ma come fanno? Perché attirano l’attenzione per la quantità di foto, l’apparente vivacità della loro vita – che a ben vedere, in realtà non così vivace, per la loro loquacità online e… Per la loro perenne presenza online, a qualsiasi ora. Ci si sente automaticamente invogliati ad aggiungere queste persone nella propria cerchia di conoscenze. E la trappola scatta subito, perché di relazione vera e propria non si parlerà mai, per quanto la carica emotiva delle conversazioni online sia molto elevata, tanto quanto una conversazione fatta di persona. Questo perché? Perché fondamentalmente nella Rete si possono creare ideali di principe azzurro o principessa, che un incontro reale smonterebbero e farebbero svanire all’istante. L’individuo dipendente quindi gioca sull’emotività del suo interlocutore, ne cerca una perfezione illusoria e lo vuole comunque tenere sia a distanza, ma anche sotto controllo. Ma non solo: è anche in grado di convincerlo delle sue ragioni e di giocare sulla sua empatia. Come? Si è appena parlato dell’emotività. Molto spesso, queste persone disturbate si trasformano in Sob Story Teller (Autore di Storie Strazianti), le cui “confessioni shock”, che dicono di non aver mai detto a nessuno, in realtà tutta la loro cerchia di contatti ne è al corrente, sono basate su lutti continui e sempre improvvisi e… Su traumi infantili, o adolescenziali, subiti, o peggio ancora, di malattie gravi – come leucemie, tumori, operazioni delicate imminenti. Questo tipo di comportamento è una sorta di sviluppo “digitale” della Sindrome di Münchhausen, e molto spesso è tutto inventato, ma nel frattempo, l’individuo disturbato è riuscito ad attirarsi il conforto e la simpatia dei suoi contatti, continuando a inventare disturbi e malattie di ogni tipo. Molto spesso, quando lo smascheramento da parte dell’interlocutore è vicino, questi soggetti mostrano anche sbalzi d’umore, una certa aggressività verbale, fino a quando non tornano docili e dolci, una volta riacquistato il controllo sul loro interlocutore. Come se si avesse avuto a che fare con due persone totalmente diverse in pochissimo tempo. Se vengono smascherati del tutto, questi soggetti spariscono nel nulla, cancellando tutti i loro profili sui social network – come se non fossero mai esistiti. E la persona coinvolta può rimanerci traumatizzata, in maniera più o meno lieve, in base al coinvolgimento emotivo che ha avuto.
Sarebbe riduttivo definire queste persone delle pure e semplici drama queen. Perché dietro questi comportamenti ci sono dei disturbi più o meno gravi, che le famiglie di questi individui non hanno saputo cogliere e curare in tempo, mettendo sotto protezione soffocante questi soggetti, come se fossero bambini da proteggere e da coccolare sempre e comunque, senza contraddirli e senza cercare di indagare ulteriormente circa i loro comportamenti. A volte, questi individui dipendenti da relazioni online hanno una vita agiata, con un posto di lavoro fisso, senza particolari problemi, con un supporto eccessivamente amorevole da parte della famiglia. E agiscono lontani dalla vita reale, in questo caso. Perché è facile comportarsi così e inventarsi tutto nelle relazioni online? Perché in Rete non si hanno fatti per provare le loro bugie o comunque smascherarli immediatamente – quindi possono agire indisturbati. Nella vita reale si tende a non contraddire queste persone, per paura di essere giudicati delle persone spregevoli e indelicate. Ma chiudere una persona con dei problemi relazionali e psicologici di varia entità in una stanza, a relazionarsi con un computer, non è esattamente una delle scelte più sagge che si possano fare; perché i danni più grossi sono anche e soprattutto a carico di chi si è fatto coinvolgere sentimentalmente – e non lo si mette in dubbio, in buonafede – da queste persone. E molto spesso, chi poi viene “sedotto e abbandonato” da questi soggetti problematici, non ha il coraggio di raccontare a nessuno quello che ha passato, preso da vergogna, rimanendo a livello più profondo ferito da una vicenda simile e talvolta in difficoltà nel relazionarsi con altre persone in maniera serena.
Per saperne di più, si consiglia caldamente di vedere qualche puntata di una serie TV – reality in onda su MTV, intitolata “Catfish: False Identità”. Può rendere l’idea, visivamente parlando, di quanto descritto in quest’articolo.