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Polvere di Cipria – Quarta Parte

Polvere di Cipria – Quarta Parte

Polvere di Cipria – Quarta Parte

Un altro piccolo strappo alla regola, ma alla creatività non si comanda, tantomeno all’ispirazione, che attinge sempre al flusso di informazioni cui siamo tutti sottoposti da parte dei media. E così, mi ritrovo pubblicizzato sulla Rai il celeberrimo film con Romy Schneider e Karlheinz Böhm, ovvero “La Principessa Sissi“. Personalmente, ammetto che a me le figure principesche non attraggono particolarmente, anzi, per svariati motivi. Lo strappo con tali personaggi, lo si può definire una sorta di trauma infantile, se volete: ed è stato tutto quando ho scoperto la vera storia di Elisabetta d’Austria, o Elisabetta di Baviera, da sempre presa come massimo modello di romanticismo. Ma altro che fiaba d’amore…

Elisabetta di Baviera (1837 – 1898)

Eppure, la vita e la storia d’amore tra Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach e Francesco Giuseppe I sono state perfettamente idealizzate e mitizzate nell’immaginario femminile come un prototipo, un modello a cui aspirare. Una vita principesca e un marito fedele e innamoratissimo e premuroso – e pazienza se il marito in questione fosse l’imperatore d’Austria, che comunque era ben facoltoso e potente; sembra non esserci niente di meglio nell’esistenza di una donna, comunque vezzeggiata e coccolata in una corte e in un paese che l’amava molto.

I fatti non stavano proprio così. Dispiace essere così tranchant, ma la realtà (purtroppo) non sempre riesce a essere mitigata dalla fantasia.

Sfortunatamente, anche in tempi ben più recenti, è risaputo che le principesse a corte non abbiano vita facile. Donne come Lady Diana, la Principessa Letizia di Spagna, la principessa Masako – soprannominata “la principessa triste”, che non appariva in pubblico e in impegni ufficiali dal 2002 a causa del suo disturbo da adattamento alla vita di corte, con una rassicurante apparizione ufficiale in Olanda lo scorso Aprile – non hanno avuto affatto una vita facile, e si suppone neanche troppo felice. Donne dai natali tutto sommato normali, che cercano una carriera, un’indipendenza, oltre che una famiglia, che si ritrovano catapultate e chiuse in un ambiente totalmente differente, se non opposto rispetto alle loro aspirazioni. Rigidi protocolli da seguire, indiscrezione e mancanza di privacy perenne non rendono la vita facile, soprattutto quando le nuove arrivate provengono da un ambiente diverso da quello della nobiltà. Oggi come ieri. Elisabetta d’Austria (o di Baviera, la sua terra di provenienza) ha sposato – come si usava fino a non troppo tempo fa – un uomo che non conosceva molto. Ha dovuto colmare le sue lacune, migliorare la sua educazione (molto scarsa) e le sue maniere, in modo tale da poter essere degna del futuro marito. Ma è ovvio che l’impatto con la corte – che non l’ha mai apprezzata, complice la suocera, l’Arciduchessa Sofia, che avrebbe preferito un’altra moglie per il figlio e non apprezzava le “libertà” che la nuora si prendeva in fatto di educazione dei figli e nelle scelte politiche dell’imperatore – non è stato tra i più positivi: oggetto costante di pettegolezzi, commenti, Sissi ha sofferto sin da subito di crisi depressive, isteria (complice comunque una tara ereditaria dal ramo Wittelsbach della famiglia), manie di magrezza, disturbi alimentari che l’hanno portata a una grave forma di anoressia e uno smodato culto della bellezza –  Schönheitskult  – che la portava a cure maniacali verso i suoi lunghissimi capelli, sessioni estenuanti di ginnastica ed equitazione, nonché lunghissime passeggiate, seguita dalla sue dame di corte. E le misure del corpo – peso, girovita tenuto strettissimo in corsetti, larghezza di polpacci e cosce – venivano ripetutamente misurate e annotate in un quaderno. Elisabetta d’Austria era profondamente consapevole della sua bellezza e voleva primeggiare, essere un esempio per la corte mormorante. Doveva apparire perfetta, per non essere vittima delle chiacchiere più di quanto non lo fosse già. Ma c’era e c’è tutt’ora un limite tra cura e disturbo ossessivo. Certo, poteva avere problemi di suo, ma l’ambiente circostante non l’ha mai aiutata ad ambientarsi o a farsi sentire pienamente accettata. E non ha aiutato nemmeno il comportamento di Francesco Giuseppe I, che non è mai stato un esempio di fedeltà verso la moglie. Da qui, sono partiti i numerosi “viaggi curativi”, a volte vere e proprie fughe, di Sissi, che si sentiva istantaneamente meglio non appena lasciava la corte austriaca.

In più, si aggiungevano le difficoltà ad avere figli – culminato con il trauma della morte della prima figlia dopo pochi anni – e soprattutto, il sospirato e atteso erede maschio. Rodolfo d’Asburgo ebbe una vita turbolenta, tra alcolismo, morfina e malattie sessuali contratte per le sue numerose relazioni extraconiugali e sregolate. Da qui, l’impossibilità di dare un erede maschio agli Asburgo, e l’ultima fatale relazione che lo portarono al suicidio e all’omicidio della giovane amante. La principessa Sissi non si riprese più da quel trauma, segnando irreversibilmente la crisi del matrimonio tra lei e Francesco Giuseppe, considerandolo un marito troppo assente e troppo accondiscendente verso le decisioni dell’invadente arciduchessa Sofia e poco comprensivo. L’imperatrice, poi, è sempre stata presa dal rimorso di non aver potuto crescere personalmente tre dei suoi figli – Sofia, morta in tenera età, Gisella e Rodolfo, tutti affidati alla suocera – così, l’ultima figlia, Maria Valeria, nata in Ungheria, terra amatissima dall’imperatrice, viene seguita ed educata con molto affetto da Sissi, arrivando a instaurare un rapporto molto stretto e molto profondo.

Il tempo è edace, e l’ultima grande ossessione di Sissi, mentre vagava per l’Europa in incognito, per evitare di essere riconosciuta e sottoposta a rituali di corte che non aveva mai sopportato, era la vecchiaia. La sua bellezza andava sfiorendo e lei non rinunciava alle sue cure estetiche drastiche, continuando a stringersi in corsetti strettissimi e strati di vestiti. Ma la sua bellezza si era fatta oramai cupa, senza sorrisi e senza felicità. Ignorava le lettere dell’imperatore che affettuosamente la richiamava al suo fianco, dichiarandole tutta la sua mancanza, e non gli scriveva praticamente più. La morte sopraggiunge a Ginevra nel 1898, per mano di un anarchico italiano che la pugnala al petto. L’imperatrice non accusa subito il colpo, e continua a camminare stretta nei suoi vestiti, per morire pochissimo dopo per emorragia interna.

Per quanto nell’immaginario Sissi rimanga una sorta di Cenerentola ottocentesca, la sua storia fu tutt’altro che felice. Uno strano e infelice destino, che alcune delle principesse di oggi paiono in parte condividere, chi più, chi meno.

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