(articolo a cura di Igor Abbas, Massimiliano Minotti e Alessio Banini)
“Questo non lo toccare!”
Chissà come deve essersi sentito il Monsignor Montiani, quando toccando un libro contenente delle missive, si sentì arrivare un grosso ceffone, accompagnato da questo monito. Voltandosi, però, si rese conto che dietro le spalle non c’era nessuno. Ma che storia è questa?
Una storia di fantasmi, ovvio, una storia locale, riguardante un noto palazzo a Montepulciano, ormai modificato e suddiviso in varie funzioni, ma comunque carico di storia e memorie paesane.
Testimonianze e diffusione
Questa leggenda racconta la presenza di un fantasma a Palazzo Ricci, uno storico edificio di Montepulciano situato in Via Ricci, a poca distanza da Piazza Grande. Caratterizzato da un grande portale con una scalinata di pietra, dispone di un cortile interno con vista panoramica; opera dell’architetto Baldassarre Peruzzi, fu fatto erigere dal cardinale Giovanni Ricci nella metà del XVI secolo. Nel corso dei secoli ha avuto diverse funzioni e ha subito molte modifiche architettoniche, dovute ai passaggi di proprietà. Attualmente alcune parti del palazzo sono diventate sede dell’Accademia europea di Palazzo Ricci, emanazione del Conservatorio di musica e danza di Colonia, dove si svolgono corsi, concerti e masterclass. Altre parti sono invece destinate alla contrada di Talosa, che le utilizza principalmente durante la settimana degli eventi del Bravìo delle Botti. Infine, un’altra parte del palazzo fa parte della Cantina De’Ricci, una delle cantine più affascinanti del centro storico.
Le prime testimonianze del fantasma di Palazzo Ricci risalgono proprio ai tempi in cui l’edificio svolgeva principalmente la funzione di cantina e di fattoria per la produzione di Vino Nobile, almeno dagli anni ’60 e ’70: si parla di una misteriosa presenza che si aggira lungo le stanze e i corridoi del palazzo, responsabile di eventi inspiegabili e paranormali.
I racconti principali sono raccolti nel libro di Giorgio Harold Stuart “L’Italia dei Fantasmi”, dove un capitolo riguarda proprio Palazzo Ricci e la sua biblioteca ormai smantellata. Proprio in questa biblioteca era custodito un manoscritto, chiamato il “Libro dello schiaffo”: un nome curioso, anche perché non si trattava di un vero e proprio libro, ma di una raccolta di missive scritte dal Monsignor Ricci a una sua fantomatica nipote che si trovava a Roma. Secondo la leggenda popolare, nessuno era capace di leggere queste missive: ogni volta che qualcuno tentava di leggere il libro, si veniva presi a scossoni, oppure il libro scappava dalle mani, oppure ancora si subiva uno schiaffo da una figura spettrale. Sempre nel volume di Giorgio Stuart si racconta questo aneddoto: una donna terrorizzata che provò a leggere le missive e a prendere appunti, una sera come tante, si ritrovò a essere scossa sulla sua sedia, spintonata e la cartella contenente le memorie le si chiuse da sola tra le mani; quando provò a riaprirla, le scivolò via da esse come se le fosse stata sfilata da qualcuno invisibile. La luce si spense inspiegabilmente, la donna svenne qualche minuto per lo spavento, e quando si riprese lasciò tutto com’era e telefonò al sig. Stuart, noto esperto di paranormale. Al loro ritorno la mattina successiva in archivio, non trovarono più nulla a terra, ma tutto messo correttamente in ordine; l’unica altra persone presente nel palazzo quella sera era la cuoca e non poteva essere la responsabile, in quanto analfabeta, della corretta ubicazione del fascicolo denominato R23, Carteggi Privati di S.E.1539.
L’altra vicenda citata in apertura racconta del Monsignor Montiani, che aveva ricevuto l’incarico di riordinare alcuni preziosi ed antichi dell’archivio. Come altri prima di lui rimase affascinato da ciò che potevano contenere tali missive, si mise comodo sulla poltrona e iniziò a leggere, quando a un tratto, alzando gli occhi e spingendosi gli occhiali sulla fronte, vide chiudersi violentemente con suo grande stupore il libro, ricevendo uno clamoroso schiaffo su una guancia, mentre una misteriosa voce sussurrava “Questo non lo toccare!”
Queste non sono le uniche leggende popolari legate al libro con le missive; secondo un’altra testimonianza, avvenne una volta che un prete aprì il libro durante una visita a Palazzo Ricci. Dapprima spintonato, il libro chiusosi da solo tra le mani con una forza tale da far saltare il laccetto, il parroco continuò ad andare avanti non rispettando l’avvertimento, ricevendo quindi un sonoro ceffone. Il prete stava per restituire lo schiaffo al chierichetto, pensando fosse stato lui, ma si accorse che non avrebbe potuto essere il responsabile, trovandosi dalla parte opposta della sala. Le minacce non finirono, entrambi si sentirono spintonati fino alla porta dell’archivio, lasciando la sala terrorizzati.
Il “Libro dello Schiaffo” non è l’unica testimonianza del fantasma di Palazzo Ricci, in quanto esistono altri racconti di fenomeni paranormali che sono avvenuti tra queste mura. Come ci ha raccontato il fratello dell’ex-fattore, una volta una porta si chiuse a chiave da sola: pensando che potesse trattarsi solamente di un colpo di vento che l’aveva fatta sbattere, furono costretti a usare gli attrezzi per aprire una porta in una rimessa dove non era bastato nemmeno piegare il grimaldello per impedire una chiusura non voluta. Ci sono inoltre testimonianze di una cameriera storica, sentita camminare con il suo passo tipico da una stanza all’altra come se avesse continuato a svolgere le sue mansioni dopo la morte; si dice inoltre che si aggiri ancora per il cortile la Marchesina con il suo cane, facendo sentire i passi insieme al campanello legato al collo dell’animale. Chiavi tintinnanti, passi misteriosi e rumori incomprensibili sono frequenti nei racconti e nelle testimonianze di chi ha vissuto a Palazzo Ricci, anche se attualmente non vi sono stati più casi paranormali, come se i fantasmi fossero definitivamente scomparsi.
Caratteristiche ed analisi
Chissà cosa contenevano le missive del “Libro dello Schiaffo”, importanti al punto, secondo la leggenda, da essere protette anche dopo la morte di Monsignor Ricci? Secondo le dicerie dell’epoca, forse le lettere non erano state inviate a una nipote, ma ad un’amante romana; secondo altre dicerie riportate nel volume di Stuart, potevano essere addirittura lettere galanti indirizzate a un altro Cardinale. Storie d’amore proibite di questo tipo possono sollecitare la fantasia e si ammantano di un’aura di mistero e segretezza con il passare degli anni. Il fantasma che proteggeva questo segreto, infatti, potrebbe essere stato utilizzato come spiegazione paranormale per tutte le stranezze avvenute a Palazzo Ricci nel corso del tempo.
Quando si parla di case stregate, la presenza di fantasmi può essere spiegata dall’antichità dei luoghi e da fenomeni naturali, alimentati dalla suggestione degli abitanti: le gallerie di tufo sotterranee possono essere fonti di rumori vari e costanti, fino a sembrare lamenti. Addirittura alcuni gas sprigionati da elementi naturali possono condurre ad allucinazioni visive o uditive. Se la diceria della casa stregata si diffonde, può alimentare fenomeni di imitazione e sviluppare ulteriori testimonianze, portandoci a considerare come paranormali altri fenomeni a cui non avremmo dato peso: se la storia attira, può fare leva sulla mente delle persone, alla ricerca di qualcosa fuori dall’ordinario.
La storia del fantasma del Palazzo Ricci riassume i tratti tipici della “casa stregata” o della “casa infestata”, una particolare tipologia di racconto sovrannaturale in cui un’abitazione è coinvolta in presunti eventi paranormali. Tali racconti sono così ricorrenti da attraversare la storia e la letteratura in innumerevoli forme: già ai tempi dei romani venivano infatti scritte storie su case stregate, così come ne “Le mille e una notte”. In tutte queste storie, le abitazioni (che possono essere case, castelli, ville o palazzi) sono abitate dagli spiriti degli abitanti passati, e le attività sovrannaturali da loro prodotte sono fatte risalire a eventi violenti accaduti in tali luoghi o a segreti che non devono essere rivelati. Dei conflitti irrisolti, quindi, legano i fantasmi (o le anime dei deceduti) a tali edifici e causano problemi ai nuovi proprietari: si passa da innocui dispetti ad atti più ostili come il lancio di oggetti, fino ai casi più estremi in cui le entità sono spinte ad atti malvagi e crudeli.
Nella letteratura dell’orrore la casa stregata è un elemento narrativo ricorrente, che ha raggiunto il suo apice nel XVIII e nel XIX secolo, particolarmente utilizzata nelle trame dei romanzi gotici: basti pensare a “La caduta della casa degli Usher” di Edgar Allan Poe, “Il giro di Vite” di Henry James o “Il castello di Otranto” di Horace Walpole. Palazzi infestati dai fantasmi sono molto frequenti nelle leggende popolari in tutta Italia e non solo, con una vastissima varietà di casi paranormali e vicende particolari. Proprio in virtù della lunga storia di queste abitazioni, possono portarsi dietro racconti del passato e tramandarli tra le generazioni, contribuendo ad alimentarle e a diffonderle.
Il successo e la diffusioni di queste tipologie di storie non sono casuali. A quanti di noi è capitato di effettuare delle “prove di coraggio” durante l’infanzia, magari assieme a un gruppo di amici, intrufolandosi in qualche casa abbandonata solo perché si era diffusa la diceria che fosse presente un fantasma? Queste storie fanno parte della nostra esperienza e del nostro vissuto, perché colpiscono paure e timori che tutti noi possiamo condividere, ovvero quelli di sentirsi insicuri anche all’interno della nostra stessa abitazione.
Influenze nella cultura pop
Dal momento che la casa stregata è presente in tutta la nostra letteratura e fa parte di innumerevole leggende popolari, ha una grandissima influenza nella cultura attuale e nella nostra vita. Il cinema ha spesso sfruttato questo tema: prima di arrivare al più recente “Crimson Peak” (pellicola del 2015 di Guillermo del Toro di chiara ispirazione gotica) e al classico “Haunting – Presenze” (film del 1999 di Jan de Bont con Liam Neeson e Catherine Zeta Jones), la citazione più importante se la merita “La casa dei fantasmi” del 1959 di William Castle, vero e proprio masterpiece del genere:
Il cinema horror ha sfruttato in maniera così capillare il tema che risulta difficile rendere giustizia alla vastità delle pellicole dedicate all’argomento. A nostro avviso, tuttavia, una citazione particolare la merita “La Casa” di Sam Raimi del 1981, che diventò un vero e proprio cult-movie capace di sviluppare storie successive e serie televisive dedicate.
Anche il mondo della musica ha affrontato questo tema: Michael Jackson, nel suo mediometraggio Ghost del 1996, di cui pubblichiamo un assaggio, vive in una casa stregata:
Nel mondo dei videogiochi, con la loro possibilità di immergersi nella narrazione e di vivere in maniera interattiva l’esperienza, la casa stregata è particolarmente adatta ai giochi “survival horror”. Il primo “Alone in the Dark” del 1992 della Infogrames, che ha dato vita a una serie di successo, era ambientato proprio in una villa infestata.
Disclaimer: “Racconti di veglia” è una rubrica che vuole stimolare l’interesse sul folclore locale e sulle storie popolari della Valdichiana, con piccole analisi e collegamenti alla cultura di massa. L’intento è quello di tramandare la memoria orale delle “Veglie” contadine ai tempi della mezzadria, senza tralasciare uno sguardo alle più recenti “leggende urbane” e ai casi misteriosi degni di interesse. Le fonti vengono raccolte principalmente attraverso testimonianze dirette, memorie dei collaboratori, interviste e testi locali.