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Racconti di veglia: Lupi Mannari in Valdichiana

Racconti di veglia: Lupi Mannari in Valdichiana

(articolo a cura di Igor Abbas, Massimiliano Minotti e Alessio Banini)

“Fuggi che c’è il Lupo Manaro!”

Quella della fuga notturna dal Lupo Manaro è una sollecitazione un po’ anomala, ma che accomuna diversi racconti di veglia: storie che parlano di persone, all’apparenza normali, ma che in certe condizioni si “trasformano”, a volte solamente nell’indole (aumentando a dismisura la propria aggressività), altre volte assumendo invece caratteristiche mostruose come aumento della forza fisica, velocità, resistenza, fino addirittura al cambio della pelle. Queste trasformazioni, che fanno parte della più vasta tradizione della licantropia, sono frequenti anche in Valdichiana, con storie che ruotano attorno ai lupi mannari e alla descrizione di bruciori avvertiti su tutto il corpo, a volte riconducibili a malattie come l’idrofobia o il Fuoco di Sant’Antonio.

Per approfondire la presenza dei lupi mannari in Valdichiana (chiamati in dialetto anche “manari” o “marani“), partiamo da alcuni racconti ricevuti da persone che hanno vissuto nelle nostre campagne. Ecco la testimonianza diretta che abbiamo raccolto da una nonna:

“Quando ero bambina nelle nostre campagne viveva un signore che aveva il “Foco”, durante le notti di luna piena correva nei boschi verso i poderi, attirato dalle luci accese, cercando acqua dove bagnarsi, correva e ululava, sbattendo le mani a terra e sui tronchi degli alberi. Una di queste notti mio padre tardava a rientrare, noi fummo terrorizzati dagli ululati, siamo corsi a spegnere tutte le luci e abbiamo visto mio padre tornare, ma lo vide anche quella bestia e gli corse incontro. Mio zio uscì tirando un grosso sasso verso una pozza, distraendo il “Marano” e permettendo a mio padre di chiudersi nel fienile per trovare il momento opportuno per rientrare a casa. Appena trovato il momento, mio padre iniziò a correre, fu però subito visto da quell’essere che gli corse dietro, noi eravamo con la porta aperta, fece a malapena in tempo ad entrare che sulla soglia ricevette un’artigliata talmente forte da aprirgli il giacchetto a brandelli. Chiusa la porta siamo rimasti al buio, vedendo la creatura illuminata dalla luna che sguazzava nella pozza davanti casa, urlando come stesse bruciando viva. Ricordo quella notte da tutta la vita.”

I racconti dei licantropi sono spesso caratterizzati da dimostrazioni di forza sovrannaturale, come ci raccontano altre testimonianze che abbiamo raccolto in Valdichiana, grazie testimonianze dirette o vecchie leggende tramandate nelle campagne:

“C’era un signore nelle campagne tra Chianciano e Montallese che durante gli attacchi da “Manaro” correva per strada, per poi accovacciarsi e prendere a cazzotti l’asfalto, riuscendo addirittura a romperlo, incredibilmente senza subire danni!”

“Mi ricordo, ormai troppi anni fa, di un signore a Città della Pieve che durante uno di questi attacchi riuscì a spostare un bancone di un bar lasciando tutti a bocca aperta. E poi c’era un signore di Chiusi, i cui ululati tenevano svegli gli abitanti dalla stazione fino all’Olivazzo del paese Vecchio.”

Molte altre storie del genere sono narrate da Alessandro Angiolini nel suo libro “Lupi Mannari e Cavalieri Coraggiosi”, da cui riassumiamo le vicende dello Zi’ Quinto, preso dal “Brutto Male”, lo stesso che lo faceva correre urlando per l’aia, rotolarsi per terra, urlare, andare carponi, cercare acqua e rifuggirla al punto tale da infilarsi in un pozzo, per di annegare poi nella cava del Madonnino de’ Monti. Citiamo inoltre la figura romantica del farmacista di Torrita, che ululava alla luna accovacciato, dondolando ritmicamente, cercando di prendere il suo riflesso nell’acqua, fissandolo a lungo e fuggendo via, emettendo lamenti e urla strazianti.

Qual è l’origine della licantropia? Stando ai racconti, ci sono vari modi per diventare lupi mannari. Una modalità ricorrente è quella di nascere la notte di Natale, a cavallo della mezzanotte, oppure il giorno dell’Epifania. Nascere in questi giorni veniva considerato un gesto blasfemo, anche se involontario, il cui retaggio sopravvive ancora oggi. Questi soggetti si definiscono “lupi mannari naturali”, perché presentano la licantropia fin dalla nascita. Ma anche l’anatema di una strega, o al contrario di un santo o una persona venerabile, per sospetta eresia, empietà, antropofagia o altri delitti contro natura può causare la licantropia, che in questo caso è “indotta”. Oppure ancora, si diventa mutaforma dormendo all’aperto in una notte di luna piena o cogliendo fiori neri (questa è una tradizione che proviene dall’est europeo, dove i fiori neri sono considerati di natura soprannaturale e diabolica).

La trasformazione in lupo può anche essere volontaria, se si conosce il segreto. Il rito magico prevede che il soggetto indossi una pelle di lupo, in genere concessa da Satana in cambio della propria anima, al posto della propria, oppure come ornamento, per esempio per foderarvi la cintura. In alternativa si può bere la cosiddetta “acqua licantropica”, quella che si può raccogliere nelle orme lasciate da un uomo-lupo, oppure si può bere o spalmare sul proprio corpo appositi unguenti o filtri magici a base di grasso di lupo, piante tossiche come la belladonna o la cicuta, o dagli effetti psicotropi come semi di papavero e oppio.

Fortunatamente, esistono dei rimedi per difendersi dai licantropi. Secondo i racconti dei nonni quelli più efficaci per evitare di trasformarsi in lupi manari sono il salasso, il bagno in acqua di zolfo oppure pungersi la punta del dito prima della mutazione. In caso di attacco da parte dei licantropi, la leggenda suggerisce di utilizzare il fuoco per contrastarli, oppure di utilizzare pallottole d’argento sciolte da una croce. Secondo alcune storie, potrebbe essere sufficiente stare su una scalinata, perché sembra che i licantropi non riescano a salire più di tre gradini.

Testimonianze e diffusione

Il tema della licantropia e dell’uomo che si trasforma in lupo è ampiamente presente nel folclore europeo, e più in generale è diffuso in tutte le culture dei popoli che hanno avuto a che fare con i lupi. I “lupi manari” della Valdichiana, quindi, presentano molti tratti in comune con le creature delle leggende e delle storie popolari legate alle figure dei “mutaforma” e degli uomini capaci di diventare mostri.

Nella mitologia scandinava il lupo, poiché viveva nelle foreste e nelle caverne, si riteneva fosse in contatto con l’aldilà; veniva quindi considerato in contatto con le forze oscure e pertanto era il simbolo del male. Nei miti dei popoli germanici e delle isole britanniche è inoltre presente il Barghest, un grosso cane o un lupo spettrale. L’uomo lupo viene chiamato werwulf o werewolf.

In Francia esisteva la figura del “mener de loups” o pastore di lupi, una sorte di stregone che, pur non trasformandosi personalmente in lupo, era in grado di radunarli e guidarli (facoltà spesso riconosciuta anche al licantropo). L’uomo lupo viene invece chiamato loup-garou.

Negli Stati Uniti gli indiani Pawnee si ritenevano imparentati con i lupi e si ricoprivano di pelli di lupo per andare a caccia. I primi coloni erano terrorizzati dai pellerossa che ritenevano affetti da licantropia e dai “mezzosangue” nati dai matrimoni misti, mentre i nativi americani a loro volta sostenevano che la licantropia fosse una malattia (o una maledizione) portata dai coloni. In sudamerica esisteva la leggenda del Lobizon, che narrava che il settimo figlio maschio di un settimo figlio maschio sarebbe nato come uomo-lupo.

Nel folclore giapponese esistono l’okami (una creatura simile ad un lupo) e l’okuri-inu (un cane o un lupo che segue i viaggiatori durante la notte), simile al Barghest europeo. Una variante che abbondava nelle leggende popolari cino-giapponesi era inerente le volpi-mannare, infatti la volpe era considerata come l’animale che meglio di ogni altro poteva riuscire ad assumere l’aspetto umano.

Per quanto riguarda il folclore italiano, la licantropia affonda le sue radici addirittura nell’epoca degli Etruschi. Nella mitologia etrusca il dio Ajta, sovrano degli inferi, portava un elmo di pelle di lupo che lo rendeva invisibile, incarnando in qualche modo le sembianze del mannaro. La presenza del lupo era poi fondamentale in epoca romana, infatti i fondatori Romolo e Remo furono allattati da una lupa. Tra le feste romane vi era la cerimonia dei Lupercalia, che si teneva il 15 febbraio: durante la cerimonia il sacerdote, vestito da lupo, passava un coltello bagnato di sangue sulla fronte di due adolescenti, per trasmettere loro le qualità di guerriero e cacciatore del lupo. Questo testimonia che nella cultura romana il lupo era temuto, ma anche ammirato, tanto che la sua pelle veniva indossata da importanti figure all’interno dell’esercito, che la usavano per ricoprirne l’elmo e parte della corazza

Nell’antica Grecia compaiono altre raffigurazioni di uomini capaci di diventare lupi, rispettivamente Zeus, Febo e Licaone; è proprio con quest’ultimo che nasce il termine licantropo. Licaone era un feroce re dell’Arcadia che un giorno dette ospitalità a un mendicante ma, per burlarsi di lui, lo sfamò con le carni d’uno schiavo ucciso (secondo altre versioni, la portata principale era uno dei suoi stessi figli). Il mendicante, che era in realtà Zeus travestito, si indignò per il gesto sacrilego, e dopo aver fulminato i suoi numerosi figli lo trasformò in lupo, costringendolo a vagare per i boschi in forma di bestia.

In Italia il lupo mannaro assume nomi diversi a seconda della regione d’origine: lupu pampanu o marcalupu in Calabria, lupenari, pompanari o pampanari in Irpinia, Secondo le tradizioni locali, la licantropia sopraggiunge a dicembre, in particolari nelle notti di luna piena che precedono il Natale, costringendo gli uomini che ne soffrono a vagare per le campagne nudi e coperti solo di peli e foglie (in dialetto “le pampane”, da qui il nome). In Puglia viene chiamato lupom’n, luv ravas in provincia di Cuneo, lupo ravat nelle valli valdesi. In Lunigiana si segnala infine la figura del lupomanaio, che si aggira per i borghi del paese.

Durante l’Inquisizione non era raro finire al rogo con l’accusa di mannarismo: si dava al mostro un’origine diabolica, a ciò si devono alcuni dei suoi caratteri nella morfologia locale. Durante tale periodo la licantropia veniva associata a una sessualità libera, esuberante ed aggressiva: i lupi mannari erano uomini dotati di attributi maschili ipersviluppati e istinti animaleschi insopprimibili, mentre le femmine delle streghe con un’irresistibile capacità attrattiva, e istinti omosessuali repressi. Con la rinascita della filosofia razionalista, tali credenze non vennero messe da parte e la licantropia venne relegata a immagine folkloristica, e parallelamente comparve in psichiatria come malattia mentale patologica o forma di isteria.

Caratteristiche e analisi

In virtù della vasta diffusione delle leggende che ruotano attorno alla figura dei licantropi, esistono molte analisi e approfondimenti dedicati ai lupi mannari. Grazie al progredire della scienza, oggi sono molte le spiegazioni plausibili che possiamo dare a questo fenomeno. Esistono infatti soggetti affetti da ipertricosi, una patologia che causa la crescita incontrollata dei peli corporei in zone che ne sono generalmente sprovviste. In alcuni casi più gravi il volto del malato è talmente pervaso di peli da somigliare in maniera inquietante a quello di un lupo, come nel caso degli Aceves, la famiglia messicana che da cinque generazioni è affetta da ipertricosi generalizzata congenita.

Una spiegazione ai racconti dei lupi mannari può essere data dalla rabbia, che è una malattia mortale causata da un virus che si trasmette mediante il contatto con la saliva degli animali infetti. Il virus della rabbia di solito si trasmette tramite il morso di un animale infetto e provoca allucinazioni ed esplosioni di violenza.

Non mancano poi casi di soggetti che volontariamente o meno, ingeriscono sostanze psicotrope: ce ne sono di naturali e sintetizzabili i cui effetti allucinogeni potrebbero far credere a una persona di essersi trasformata in un licantropo e alcune di esse sono contenute in certe varietà di funghi. Una particolare sostanza psicotropa è contenuta in un fungo allucinogeno presente nella coltura di segale, la segale cornuta, così detta perché il fungo che attacca la pianta provoca il formarsi di escrescenze sulle spighe che somigliano a dei piccoli corni. Questi cornetti contengono alcaloidi velenosi del gruppo delle ergotine (tra cui l’acido lisergico, la base dell’LSD), che interferiscono con il sistema nervoso centrale provocando sintomi come delirio e forti dolori alle gambe.

È interessante notare che la segale cornuta sarebbe legata anche al “Fuoco di Sant’Antonio”, che era diffuso soprattutto nel nord Europa, dove il consumo di questo cereale era massiccio. I malati che si recavano in pellegrinaggio presso i santuari di S. Antonio in Italia e poi guarivano, o guadagnavano un po’ di sollievo dai sintomi, gridavano al miracolo, mentre in realtà questo sarebbe stato esclusivamente merito del cambiamento di alimentazione (discendendo la penisola italica passavano dal pane di segale a quello di grano tipico di quelle zone, e questo guariva o attenuava l’intossicazione).

Infine, un’altra spiegazione alla licantropia potrebbe essere la psicosi. Alcune fonti mediche infatti, nell’affrontare il tema della licantropia parlano di licantropia clinica, ma tale denominazione non è psichiatricamente corretta. Se infatti consultiamo il DSM (sigla del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), ovvero il manuale che racchiude la classificazione delle malattie psichiatriche in base alla loro sintomatologia, non vi rintracciamo alcuna “diagnosi di Licantropia clinica”, questo perché di fatto e per maggiore chiarezza medica si tratta di casi di psicosi con delirio teriamorfa. In estrema sintesi definiamo psicosi una condizione in cui il soggetto presenta una perdita di contatto con la realtà, e questo è quanto accade ad esempio in un individuo che crede di essere un animale; e poiché nel caso della licantropia, il delirio consiste nel fatto che il soggetto crede di trasformarsi o di essere un lupo, quindi di avere sembianze di animale, possiamo definirla una psicosi teriamorfa (terio significa proprio animale).

Influenze nella cultura pop

Il Lupo Mannaro, in ogni sua forma, è onnipresente nella cultura pop, dalla letteratura al cinema, dai fumetti alle serie tv. A partire dalla favola di Cappuccetto Rosso (in cui il lupo sarebbe in realtà un licantropo, vista la sua capacità di parlare) questa figura è ampiamente documentabile, quindi ci concentreremo su alcune apparizioni meno note, come il film “Voglia di Vincere” con Michael J.Fox.

Lo stesso Michael Jackson, nel videoclip “Thriller” si trasforma in un licantropo, dando origine all’estetica dei lupi mannari nei “teen horror” che ha portato a serie televisive di culto come Buffy l’Ammazzavampiri.

A ben pensarci, l’ultimo avvistamento di un lupo mannaro in Valdichiana è quello della saga “Twilight”, in cui uno dei pretendenti della protagonista è un giovane nativo americano, Jacob Black, che si rivela essere un licantropo. Dal momento che il capitolo della saga in cui Jacob viene introdotto è “New Moon”, girato anche a Montepulciano, potremmo inserirlo come erede della tradizione dei “manari” chianini che hanno terrorizzato le nostre campagne.

 


Disclaimer: “Racconti di veglia” è una rubrica che vuole stimolare l’interesse sul folclore locale e sulle storie popolari della Valdichiana, con piccole analisi e collegamenti alla cultura di massa. L’intento è quello di tramandare la memoria orale delle “Veglie” contadine ai tempi della mezzadria, senza tralasciare uno sguardo alle più recenti “leggende urbane” e ai casi misteriosi degni di interesse. Le fonti vengono raccolte principalmente attraverso testimonianze dirette, memorie dei collaboratori, interviste e testi locali.

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