Energia allo stato puro! È quello che si è respirato venerdì 12 settembre al Live Rock Festival di Acquaviva, quando sono saliti sul palco i protagonisti della serata, l’artista siculo Roy Paci e suoi Aretuska All Star. Preceduto dal rock’n’roll anarchico e imprevedibile degli olandesi The Ex e dall’ensemble elettronica dei RukaRuka, Roy Paci ha fomentato tutto il pubblico del Live Rock con la sua tromba, i sui brani jazz/ska e con la sua musica, che attinge a piene mani al dialetto siciliano, quello della sua terra.
Prima dell’ esibizione, nel backstage del festival, tra una birra e una sigaretta La Valdichiana ha incontrato Roy Paci. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui in maniera semplice e amichevole, con la voglia di raccontare la sua vita, i suoi successi i suoi progetti futuri.
Come prima domanda non potevamo certo non fare riferimento al suo ultimo singolo “Italians Do It Better”, brano che ha conquistato le radio mettendo in luce il nostro carattere nazionale. Roy Paci, con questo brano dichiara di voler rappresentare in maniera musicalmente energica “il genio, la forza, il coraggio di chi ogni giorno, con la sua presenza, rende questo paese migliore”.
“Italians Do It Better” : da questo brano hai cercato di far uscire la parte di Italia che ci rende ancora fieri e orgogliosi, che va avanti in maniera tenace, coraggiosa, e di chi nella vita ce l’ha fatta. Tu ti puoi definire una persona che nella vita ce l’ha fatta?
“Non riesco a capire se ce l’ho fatta o meno. Per molti, grazie al cielo non per tutti, in Italia “avercela fatta” è sinonimo di essere una persona di successo, una persona conosciuta. Per quanto mi riguarda il mio interesse primario quando ho iniziato questa attività, il mio vero obiettivo era quello di sopravvivere con la musica e con la mia passione e quindi se dobbiamo considerarla da questo punto di vista io sopravvivo, non solo, ma riesco a sopravvivere insieme ad altri compagni di avventura che da diciotto anni mi accompagnano in questa bellissima avventura e loro sono gli Aretuska All StarsQuindi il mio punto di vista sul fatto di farcela nella vita è proprio questo, riuscire a vivere con la passione e con il mestiere che si vuole fare da giovane. Questo pensiero me lo porto dietro da una vita. Nella fase infantile e adolescenziale ho dovuto ricorrere a mille espedienti per fare nella vita quello che è la mia passione. Per andare a lezioni di musica, la sera andavo a fare il pizzaiolo e di giorno il muratore. Se i giovani riuscissero a capire questa cosa, forse riuscirebbero a cambiare anche il mondo della musica, perché spesso è visto solo come un mondo di divertimento, certo facciamo divertire e questa sera siamo qui per questo, ma è anche un mondo lavorativo, seppur bistrattato dallo stato italiano, che da le sue gratificazione, quindi a tutti gli effetti è un lavoro e anche molto faticoso”.
“Iniziai con il pianoforte a quattro anni e mezzo, grazie ai miei genitori musicisti appassionati di musica. Seppur contadini si dilettavano con questa e dopo a dieci anni, mio padre volle che entrassi nella banda del paese, dopo aver testato un po’ di strumenti, quando toccai la prima volta una tromba rimasi affascinato. Era uno strumento che mi faceva stare bene, lo strumento a cui avrei voluto dedicare tutta la mia vita. Su questo aspetto mi paragono a Joh Belushi quando vede la luce nel film The Blues Brothers – ride – È uno strumento con le sue difficoltà, il mio primo maestro mi disse una cosa che poi ho riscontrato realmente: “Quando tu lasci la tromba per un giorno, lei ti lascia per una settimana”, quanta ragione aveva! Quando tu studi uno strumento non lo devi mai lasciare neanche per un giorno, è come perdere la stabilità dello strumento, la calibratura, emissione, la tromba è uno strumento impegnativo che richiede tanta attenzione, ma io lo amo”.
Come è nato il progetto AretusKa?
“E’ un mio progetto a cui detti il nome di Aretuska perché i musici di allora erano tutti di Siracusa, la mia provincia, io sono di Augusta, e il vecchio nome di Siracusa era Aretusa, dal nome della Dea Aretusa che nasceva nella fontana posta nel centro storico del mio paese e quindi Arethuska perché facevamo soprattutto musica ska, reggae, rocksteady”.
Come nascono i tuoi brani?
“Dunque a me piace salire sul palcoscenico, suonare e far divertire la gente. Quando però ci sono dei periodi di pausa, grazie a Dio adesso molto pochi, mi chiudo in casa e quando devo creare, che siamo delle colonne sonore o piuttosto che brani, sto al pianoforte e butto giù un po’ di idee, se sono colonne sonore seguo le immagini e creo su quello che mi trasmettono. Sono frutto di sensazioni e di idee di un preciso momento”.
Progetti futuri?
“Ah! Ti do un’anteprima: tra pochi giorni inizierò un programma con Serena Dandini su Radio2. Inizierò questo avventura radiofonica, dico avventura perché sulla radio nazionale non avevo mai fatto niente. In passato, quando ero molto giovane, avevo già fatto lo speaker radiofonico ad Augusta, il mio paese, c’era una radio locale che andava molto forte, e andava molto forte perché c’era un personaggio che l’ha resa gigantesca dal punto di vista della fruizione e questo personaggio era Fiorello. Quindi ho già esperienze radiofoniche ma questa è nuova perché sono coinvolto per parlare di gastronomia e musica all’interno del programma. E quindi saremo a vedere cosa ne uscirà!”.
Roy Paci e i The Ex, insieme ancora una volta sul palco del Live Rock Festival. Combinazione o un incontro prefissato? Non ci è dato saperlo, sappiamo però che il rock inaspettato dei The Ex ha incontrato il jazz/ska di Roy Paci in tempi non sospetti.
“Abbiamo conosciuto Roy Paci in Sicilia – ci raccontano i The Ex – quando suonava con gli “ZU”, il suo primo gruppo jazz-core e in quell’occasione, in nostro Ken Vandermark ha avuto modo di suonare insieme a Roy e da qui abbiamo cominciato a fare un sacco di cose con lui”.
Roy Paci ha collaborato alle realizzazione di due album dei The Ex: “Een Rondje Holland” (2001) e Catch My Shoe (2010). In quest’ultimo Roy Paci, con suoi fiati, è stato in grado di rendere dinamiche “Maybe I Was The Pilot” e “Cold Weather Is Back”, donando, a suoni decisamente più crudi, quel tocco di festosità che solo la suo tromba può dare.