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Si può essere campioni anche nel lanciare la ruzzola: Bruno e Simone Massini

Si può essere campioni anche nel lanciare la ruzzola: Bruno e Simone Massini

Capelli canuti, radi sulla parte centrale della testa, e un bianchissimo baffo folto sotto il naso.

Parlare con Bruno Massini, seduti su quelle sedie di legno con i pomelli intagliati che solo i nonni hanno, è parlare con una generazione lontana, che nonostante la tecnologia e l’automazione ancora vive e si alimenta di tradizione e manualità.

Bruno ha 74 anni e una gran parlantina. Dopo avermi salutato mi fa entrare in casa e mi fa conoscere la moglie, Renata, e il nipotino. Noto subito il tavolo già apparecchiato con i suoi cimeli da mostrarmi, e un enorme mobile che sormonta la televisione fino a farla sparire, sotto il peso di una ventina di coppe scintillanti.

“Parecchie l’ho buttate o l’ho messe via sennò un c’entravano”.

Bruno è un vincente e mi ha invitato a casa sua per parlare dello sport che lo ha reso celebre. L’organo che si occupa di regolamentare la sua attività è la FIGeST, Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali, e immagino che molti di voi leggano questa sigla per la prima volta, come me.

Bruno è il Campione Italiano 2019 di lancio della ruzzola a coppie.

Ma che cos’è la ruzzola?

Ruzzola è sia il nome di un gioco popolare nato in un passato indefinito, sia lo strumento con cui si gioca a questo gioco, come il pallone per il calcio, la pallina per il tennis o le dita delle mani per la morra (sì, anche la morra è uno sport a tutti gli effetti, che ci crediate o meno).

La ruzzola è uno spesso disco di legno, intagliato e modellato, attorno a cui si avvolge uno spago legato a un dito della mano: facendo scorrere lo spago attorno alla ruzzola, le si imprime una maggiore rotazione che le permette di percorrere una distanza più ampia rispetto ad un semplice lancio di mano.

L’obiettivo, come avrete intuito, è lanciare la ruzzola più lontano degli altri, e in sostanza di terminare il percorso prestabilito con meno lanci degli avversari.

I limitati cenni storici e le fonti scarse lo dipingono come un gioco “umile”, praticato cioè nel passato dagli strati di popolazione meno abbienti, in origine addirittura con le forme di cacio vere e proprie – permane tutt’ora la specialità del lancio della forma di formaggio, di cui la ruzzola è l’immediata discendente.

Ai tempi non c’erano telefonini, il gaming non era forse nemmeno nel mondo dei sogni e allora “si faceva con quello che s’aveva”, spiega Bruno.

“Ho iniziato ad appassionarmi alla ruzzola grazie al mi’ babbo. Al tempo si giocava a ruzzola solo nel periodo di Quaresima, le strade erano bianche e pulite e stavamo a Scrofiano. La domenica ero sempre dietro a lui a vederlo giocare, era un buon giocatore: si giocavano le 5 lire, quel poco che c’era. Verso i 10 anni così s’è iniziato anche noi ragazzi a giocare, dopo scuola s’andava pe’ i campi e si portavano dietro le nostre ruzzole”.

Mentre Bruno parla si respira il grande spirito di competitività che lo ha mosso sin da giovanissimo, quando ha iniziato a gareggiare seriamente contro le altre realtà del luogo.

“Già a 12-13 anni andavo con i più grandi a giocare. Ci si organizzava tra di noi, non c’erano ancora UISP e FIGeSt, si gareggiava contro Montepulciano, Argiano, tra paesi e paesi. La prima vera sede fu fatta alla Stazione di Montepulciano, eravamo un’ottantina di iscritti, e si incominciò a spostarsi più lontano per queste gare, a Perugia, Città di Castello…”.

Bruno ha iniziato a giocare in coppia col fratello, Ivo, e da subito ha iniziato a imporsi con ottimi risultati in tutto il territorio toscano. La sana rivalità coi fratelli Ferroni, altra coppia molto brava a detta di Bruno, lo ha spinto a migliorarsi sempre di più, fino a partecipare anche a vari campionati italiani – da Cosenza a Milano s’è girato tutta Italia!

Dopo due protesi alle ginocchia, che lo hanno fermato negli anni migliori della sua carriera, Bruno nel 2007 ha ricominciato a giocare, per poi laurearsi campione UISP nel 2008 e, successivamente, nel 2012.

Prima di parlare però dello straordinario risultato di quest’anno, è doveroso introdurre il compagno di squadra che insieme a Bruno ha vinto il Campionato Italiano 2019 di ruzzola a coppie, disputatosi a Camerino, provincia di Macerata.

Il suo braccio destro è stato nientemeno che il figlio, Simone. Nonostante appartenga alla generazione immediatamente successiva a quella del padre, Simone è l’esempio di come le tradizioni possano sopravvivere soprattutto grazie al rapporto tra genitori e figli.

“Non è molto che Simone gioca, saranno sì e no dodici anni. Quando vedeva che la domenica riportavo sempre qualcosa a casa, premi e coppette a non finire, cominciò a provare anche lui. Iniziò a provare le ruzzole attorno alla mia cantina, provava tutti i giorni, e mi accorsi subito che aveva una caratteristica non da poco: essendo alto, aveva un grande slancio col suo braccio, e gli venivano fuori dei tiri davvero belli. Iniziò a venire a giocare con noi più vecchi, e la differenza si vedeva subito: con nove lanci parecchie volte arrivava più lontano di noi che se ne facevano dieci!”.

Simone forte, perfetto per le situazioni di rettilineo e salita, Bruno invece più tecnico, con movimenti di spalla e avambraccio affinati alla perfezione grazie alla grandissima esperienza maturata in oltre sessant’anni di lanci della ruzzola: la coppia perfetta per staccare gli avversari nel “dritto” e mantenere il distacco in “curva”.

Ecco che è nata, proprio quest’anno, la coppia padre-figlio Massini, che ha subito ottenuto una grandissima vittoria.

“Il mi’ figliolo mi disse: “Te hai vinto du’ volte, io ho vinto nel 2016 a Teramo, perché non si prova insieme?”. Il resto è storia, come si suol dire in questi casi. Dopo un paio di manche di qualificazione, che hanno permesso a Bruno e Simone di aggiudicarsi il pass per la finale di Camerino, sono arrivati i giorni della finale. Il sabato sera, grazie ai due turni vinti, sono rimasti tra i migliori cinque, e il giorno dopo nella finalissima hanno sbaragliato la concorrenza.

Al minuto 16:46 dell’intervista che trovate qui, Bruno e Simone si rimbalzano apprezzamenti e ringraziamenti, estremamente sinceri. “Giocare col mi’ babbo è un grande orgoglio” dice Simone, e Bruno risponde per le rime: “…giocare con un figliolo è una soddisfazione unica, poi so che se ci chiappa tira forte e quindi ci gioco volentieri. In qualche tiro l’ho aiutato, ma quando c’era lo “sfogo” c’era bisogno di Simone!”.

A Camerino, grazie alla vittoria, è arrivata anche la promozione diretta in Serie B, la categoria immediatamente superiore alla C.

Mentre mi ha portato a far vedere le coppe e il medagliere, abbiamo finito per parlare delle problematiche che gravitano attorno a uno sport così di nicchia come la ruzzola.

Il problema fondamentale di questi sport, ovviamente, è che col tempo rischiano di essere dimenticati. “Manca il ricambio…”, dice Bruno con un pizzico di amaro in bocca. Mi parla di una coppia di fratelli nemmeno maggiorenni di Poppi, che si ritrova qualche volta ad affrontare, ma nulla più. “Ormai non si fa più capo a questi sport minori, tutti vogliono essere calciatori, tennisti eccetera, o addirittura i ragazzi preferiscono stare in casa che fare sport”.

In questo senso la FIGeST, dal 1962, funziona da riserva naturale per animali in via di estinzione. “Essere riconosciuti dal CONI e dall’Europa – vedi affiliazione con l’ETSGAè stato un grande traguardo, ci fa sentire importanti e considerati”.

Ma le istituzioni non bastano, e ce l’hanno insegnato proprio Bruno e Simone con questa storia di sport.

Servono amore per la tradizione e passione che si tramanda di generazione in generazione, anche contro le convenzioni sociali dei nostri tempi che ci vogliono tutti calciatori, studenti universitari, malati di smartphone e di videogames.

Si può essere campioni anche nel lanciare la ruzzola, e sarebbe un peccato dimenticarselo.

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