“Non comprerò mai più un piumino Moncler” – “Con quanto costa un piumino Moncler!”
Sono queste le espressioni che oggi, più che mai, si stanno rincorrendo a livello nazionale, sui principali social network e sulla stampa. La trasmissione Report, il programma di inchiesta condotto da Milena Gabanelli ha fatto ancora centro e la puntata andata in onda ieri 2 novembre, dove è stato mostrato come Moncler impacchetta i suoi piumini d’oca, come trova le materie prime e come vengono lavorati da laboratori tessili esteri – snobbando palesemente il Made in Italy per i costi troppo alti – ha fatto aprire gli occhi a molti consumatori, facendo chiarezza su cosa c’è realmente dietro un piumino Moncler. Forse qualcuno sapeva già tutto, ma sicuramente ha lasciando interdetti i più.
L’inchiesta comincia prima di tutto con il reperimento di materie prime, ovvero le piume d’oca, quelle stesse piume d’oca vanto e segno distintivo del brand. Le telecamere di Report si sono recate in alcuni allevamenti di oche in Ungheria e hanno documentato lo spiumaggio degli animali. Lo spiumaggio delle oche deve avvenire secondo regole ben precise, in modo da non causare stress agli uccelli. Invece, ieri sera, chi ha visto il servizio ha dovuto assistere a immagini forti, dove le piume delle oche venivano letteralmente strappate agli animali vivi, creandogli delle lacerazioni, e conseguentemente venivano ricuciti con ago e filo, per poi ricominciare la pratica una volta ricresciute le piume.
Già da sola, questa parte del servizio potrebbe essere oggetto di grande discussione, ma il servizio va avanti e quello che viene dopo, forse, è ancora più preoccupante. L’inviata, Sabrina Giannini, spiega che siccome produrre in Italia costa troppo per Moncler, da un giorno all’ altro, il brand del lusso decide di sospendere tutti contatti con i laboratori tessili italiani per andare all’estero: in Romania, in Armenia o addirittura in Transnistria, uno Stato auto proclamato facente parte del territorio della Moldova, non riconosciuto dalle Nazioni Unite. Report, a questo punto, ha intervistato i responsabili delle catene di produzione di piumini, che proprio da Moncler ricevono tutte le materie prime: piume, stoffe, bottoni, chiusure lampo, etichette e loghi da applicare al capo finito. I terzisti ricevono per ogni capo finito un compenso che si aggira tra i 30 e i 45 euro, mentre sul cartellino, in negozio, il prezzo sale fino a raggiungere e talvolta superare i 1.000 euro.
Questo servizio, ovviamente, ha scatenato l’ira dei consumatori e soprattutto di tutte quelle persone che, almeno una volta nella vita, hanno comprato un Moncler. Io alla vista del servizio, per una volta, mi sono sentita orgogliosa di non aver mai posseduto un Moncler, ma mi sono immedesimata in tutti quelli che hanno investito i propri risparmi per comprare un capo importante e di qualità e che dopo questo servizio si sono resi conto che di qualità ha veramente poco. L’unica cosa di cui possono essere felici, tralasciando tutto, è quella di essere soddisfatti che almeno le piume sono vere piume d’oca.
Ma scherzi a parte! La pagina Facebook di Moncler, oggi, è stata presa d’assalto dai consumatori, alcuni denunciavano il prezzo finale dei noti piumini, altri le condizioni di lavoro dei dipendenti, dei terzisti e delle povere oche, ma tra tanti, c’erano anche quelli che difendono la scelta di Moncler di andare a produrre all’estero a scapito del Made in Italy. Chi è che adesso non lo farebbe?
Molto spesso, però, questi insulti non vengono presi in considerazione e rimangono inascoltati dall’azienda, perché purtroppo c’è la cognizione che la pagina facebook funga da vetrina per l’azienda, un luogo dove far bella mostra dei prodotti, tralasciando l’idea che un social network possa anche servire come mezzo per dialogare con il consumatore finale, ascoltando le sue esigenze e perché no, anche i consigli.
Moncler potrà non leggere i milioni di commenti sulla sua pagina facebook, ma indubbiamente non può far a meno di notare il titolo in rosso all’apertura della Borsa. Oggi 3 novembre, infatti, il titolo è risultato uno dei peggiori.
Intanto Moncler, nel suo sito ufficiale, ha pubblicato un comunicato dove si legge:
“Moncler, a seguito della trasmissione di Report di domenica 2 novembre, specifica che tutte le piume utilizzate in Azienda provengono da fornitori altamente qualificati che aderiscono ai principi dell’ente europeo EDFA (European Down and Feather Association), e che sono obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali, come riportato dal Codice Etico Moncler (sezione Governance al punto 6.4). Tali fornitori sono ad oggi situati in Italia, Francia e Nord America. Non sussiste quindi alcun legame con le immagini forti mandate in onda riferite a allevatori, fornitori o aziende che operano in maniera impropria o illegale, e che sono state associate in maniera del tutto strumentale a Moncler….”
A questo punto viene da pensare, ma allora cosa abbiamo visto in televisione? Il servizio non era vero? E se fosse così, allora perché una televisione pubblica avrebbe mandato in onda certe immagini, denunciando certo cose? Che ritorno avrebbe avuto?
Il comunicato continua: “Moncler non ha mai spostato la produzione come afferma il servizio, visto che da sempre produce anche in Est Europa. In Italia ha mantenuto collaborazioni efficienti con i migliori laboratori. Per quanto riguarda i ricarichi, il costo del prodotto viene moltiplicato, come d’uso nel settore lusso, di un coefficiente pari a circa il 2,5 dall’azienda al negoziante, a copertura dei costi indiretti di gestione e distribuzione…. – nota conclude – L’azienda ha dato mandato ai propri legali di tutelarsi in tutte le sedi opportune.”
Bene, Moncler ha detto la sua, risposta ovviamente scontata, non poteva dire diversamente. A questo punto non ci resta che aspettare le dichiarazioni dei propri legali.
Una domanda che mi viene in mente: quanto durerà questa indignazione dei consumatori? Continuerà per qualche settimana e poi tutto come prima? Forse sì, visto che su Twitter la protesta è calata e su Instagram il piumino d’oca più famoso al mondo continua a fare moda, ma l’importante è che tutti si siano resi conto di come lavorano, per la maggior parte dei casi, i colossi della moda. Dico la maggior parte, perchè ci sono sempre quelle eccezioni che fanno grande il settore. Io lo ammetto: mi piace la moda, mi piace seguirla, amo gli aninali ma non sono animalista, non sono vetegariana o vegana e sono sempre più orgogliosa di non avere un piumino Moncler nel mio guardaroba, il motivo? Semplicemente il costo, i miei risparmi preferisco spenderli in altri modi.
E oltre a dire questo, mi piace vedere e sapere che una TV pubblica si sia occupata di un caso così importante, qualche anno fa era semplicemente impensabile.
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