Domenica 14 agosto i concorrenti delle quattro contrade di Celle sul Rigo, Case Nuove, Pianetto, Borgo Nuovo e Cantone, si sono sfidati all’ultima scorza di formaggio, per contendersi il tradizionale Palio del Cacio. Un pubblico numeroso ha seguito con grande partecipazione prima il corteo in abiti tipici della tradizione contadina, la corsa, potendo godere anche di una vista privilegiata, grazie all’apertura della torre campanaria.
L’edizione 2016 ha visto, per la prima volta, le quattro contrade darsi battaglia in tre diverse categorie, bambini, giovani e big. Le Case Nuove hanno dominato nelle prime due, mentre il Borgo Nuovo ha primeggiato nella categoria principe, aggiudicandosi l’ambito Palio dell’Assunta, dipinto da Lara Selva con la tecnica dell’aerografia, che raffigura proprio la Madonna che abbraccia il paese di Celle.
L’artista di Città della Pieve, che ha ricevuto nel 2008 il 1° premio per in concorso internazionale di aerografia e numerose pubblicazioni in riviste di settore, l’ultima delle quali in Aerografo 2.0- The Icons-, è ormai una firma storica della manifestazione cellese, avendo realizzato altri pali in passato, e cerca di raccontare con la propria arte, il clima di unione e condivisione che i piccoli borghi vivono grazie a queste manifestazioni.
“I pali, in realtà piccole come quelle di Celle, servono per creare unità e consolidare i rapporti tra le persone e le generazioni. I giovani, che molto spesso navigano senza una rotta ben precisa, riscoprono in queste occasioni un sentimento di appartenenza che per la maggior parte dell’anno resta sopito, e che si infiamma grazie anche alla competizione. La comunità, intesa come luogo di identità e condivisione di un medesimo patrimonio di tradizioni, rivive grazie a questi giochi popolari” – Sono queste emozioni che attraverso Celle, e numerose altre realtà, in queste giornate di rievocazione, secondo Lara Selva.
Gli stessi sentimenti che elle stessa cercherebbe di comunicare nel realizzare un palio meno vincolato dalla committenza. Tradizione che però non deve diventare oppressione, e questo fin dalla scelta dei colori.
“Il colore deve avere un’impronta giovanile e restituire freschezza, non solo all’opera ma anche all’intera manifestazione. Il rischio di queste manifestazioni è che perdano appeal, e che vedano un calo sensibile di interesse, se vivono unicamente nei fasti del passato. Un palio deve saper trasmettere visivamente la tensione verso un continuo rinnovamento, che solo l’arte è in grado di dare. Ecco perché la mia scelta nei colori è caduta su colori più vivi, spingendo verso tonalità brillanti, senza dover cadere necessariamente in tinte cupe, che richiamassero ambientazione medievali”.
L’arte è dunque come veicolo principale per il rinnovamento e la sperimentazione, parola questa che assume un rilievo di prim’ordine nel percorso artistico di Lara Selva. Sperimentare vuol dire prima di tutto un percorso esperienziale e di maturazione attraverso la pratica e il contatto diretto con la cosa.
“Qualsiasi filtro teorico che non si supportato da un’adeguata preparazione pratica e da una conoscenza delle tecniche, costituisce una zavorra più che un aiuto – continua Lara – ecco perché anche ai giovani che vengono da me per formarsi chiedo prima di tutto di farmi vedere se mano e preparazione teorica vanno di pari passo, senza che la seconda sovrasti o annulli la prima”.
Fare arte significa “sporcarsi le mani” con la materia, come del resto fa chi gioca il cacio, per esprimere non solo emozioni visive, ma anche, dove possibile, olfattive e gustative. La passione per il cibo va di pari passo con quella per l’arte, due strade che per Lara possono costituire una fonte di contaminazione reciproca.
“L’amore per il cibo è stata una delle spinte la futura realizzazione di un progetto che contempli dei quadri che non solo possano essere ammirati, ma anche annusati. Questo inserendo degli aromi nei colori affinché si possano riprodurre tutti gli aspetti di un piatto.”
Un assist perfetto per capire come Lara selva rappresenterebbe una forma di cacio, come la userebbe e in che modo trasmettere il feeling che si crea nel discobolo cellese quando si appresta a tirare il formaggio.
“Un quadro astratto che quasi graffia la tela, sarebbe il miglio modo per rappresentare il formaggio. In questo modo riuscirei a comunicare da una parte la perfezione circolare della forma, ma con all’interno la possibilità di trasformare il materiale, e annullare questa perfezione, sia attraverso il calore per fondere il formaggio, sia frantumandolo proprio. Un mix di quiete e movimento, di essere e non essere, che si ritrova nel binomio giocatore-formaggio, dove la concentrazione prima del tiro cela in sé la tensione”.
Chi conosce e ha vissuto per molto tempo l’adrenalina che la competizione suscita è Settimio Bonemei, storico giocatore del palio che da due anni ha deciso di appendere il cacio al chiodo per lasciare spazio alle giovani leve.
“Ho giocato 15 pali consecutivamente– sottolinea con una nota di orgoglio- e ne ho vinti sei. Ricordo ancora quando da giovane seguivo il gioco, che si svolgeva, secondo la tradizione, il Martedì grasso, ultimo giorno di carnevale. Non c’era contrattempo o intemperia che potesse fermare la contesa: sia con la pioggia che con la neve, ci si sfidava per aggiudicarsi il formaggio dell’avversario. In tempi dove l’abbondanza non faceva da padrona, portarsi a casa quasi un chilo di cacio, voleva dire assicurarsi del cibo per un bel po’.”
Non mancano poi alcune riflessioni tecniche.
“La regola principale è non muovere mai il piede di appoggio dal punto in cui è caduto il cacio. Una volta questo caposaldo veniva rispettato con molta più attenzione di adesso, questo anche dovuto diversità tra le forme di cacio di adesso e quelle di allora. Prima infatti si gareggia con del formaggio che veniva prodotto in modo artigianale. Ognuno portava la sua forma, e queste rendeva impossibile trovarne due identiche. Inoltre erano leggermente più leggere e più schiacciate. Questo faceva sì che le forme scivolassero di meno in salita. Oggi per evitare che tornino indietro nei punti in pendenza, e visto che sono più pesanti e rotonde, si cerca di imprimere una forza maggiore, con il rischio di muovere il piede d’appoggio.”
Le ultime parole vanno alla bellezza e imprevedibilità del gioco del cacio e alle nuove generazioni, che dovranno farsi carico di continuare questa tradizione.
“L’esperienza e la bravura sono due fattori importanti, perché ti permettono di poter afferrare e lanciare nel miglior modo, e valutare la traiettoria più adatta. Ma il caso regna sovrano su questo gioco, e anche la maestria viene soppiantata quando la sorte fa rotolare il formaggio addosso ad uno scalino. I giovani saranno coloro porteranno avanti questo gioco, è dunque importante lasciar loro spazio, affinché familiarizzino e si affezionino a questo spaccato di vita cellese. Questa è forse la ragione principale per quale non partecipo più alla gara, pur non risparmiandomi nel dare consigli e suggerimenti”.
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