Il terribile amore di Eva Braun: il monologo “Eva” di Federica Fracassi in scena al Mascagni di Chiusi
È possibile aver amato Adolf Hitler? Sì. Eva Braun lo ha fatto per quasi tredici anni, dal 1932 al 1945. Lo ha accompagnato fino al bunker nel quale si tolsero la vita, insieme alla cagna Blondi, nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945. Poche ore dopo aver celebrato il loro matrimonio, coronamento di un sogno che la Braun si portava dentro da tempo. Sì, è stato possibile avere avuto una tensione sessuale deviata, un rapporto così morbosamente sottomesso, nel quale il Fuhrer sembrava dedicare più attenzioni al cane che all’amante. Questo racconta il monologo “EVA”, inizialmente proposto come seconda tranche di un progetto più ampio, ideato da Teatro-i di Milano, che si componeva di tre frazioni drammaturgiche dedicate ognuna ad un “personaggio” diverso, tutti e tre presenti nel bunker nel quale si concluse uno degli incubi bellici più terribili della storia, e riproposto al Teatro Mascagni di Chiusi per la Giornata della Memoria.
Federica Fracassi costruisce il personaggio di Eva Braun secondo categorie pop: un’illusa romantica innamorata del suo dominatore, gelosa della cagna Blondi, profondamente afflitta, succube di una relazione mortificante, portata per semplice assuefazione ad accondiscendere alle perversioni del Fuhrer. Atterrita dall’amore finisce per assimilare l’estremo amore con la morte, lasciando coincidere il giorno delle sue nozze, con il giorno del suo suicidio.
Il monologo è intelligentemente correlato con ritagli di “Via col Vento”, proiettati sul fondale di scena; il ‘film preferito’ della Braun, immedesimatasi nei panni di Rossella O’Hara. “Gone with the Wind”; La sua favola da vivere, l’epopea americana della guerra di secessione, la storia di quello stesso popolo che stava bombardando il loro impero, e che li avrebbe portati al cianuro e alla canna di una pistola. Trasportata con cambi vocali, singhiozzi sia retorici che gutturali, maestria di modulazione della voce in un cut up verbale longilineo di copertura fonetica della follia, la tirata della Fracassi è ineccepibile, portata avanti con abilissima disposizione corporea. Un pugno allo stomaco che ci mette ancora una volta di fronte all’orrore, al nulla più assoluto attraverso il quale la storia ha dovuto, e dovrà ancora, fare i conti.
(Credits photo: Giulia Fuccelli)