L’identità di una persona o di un popolo è qualcosa che si crea attraverso processi tortuosi, influenzati dalla storia, dalla geografia e dalle credenze popolari. Un esempio sono i paesi balcanici, che duecento anni fa parlavano la stessa lingua che oggi, per via dei nazionalismi e della divisione degli stati, si è trasformata in tante lingue diverse tra loro. Da una sola identità se ne sono create molte diverse nel giro di pochi anni, in seguito a guerre e divisioni geopolitiche.
Un’altra discriminante della creazione delle identità è la genealogia: quanto spesso sentiamo persone che si vantano di discendere dal tal popolo o dalla tale famiglia? Eppure, nonostante molti siano convinti del contrario, il nostro passato biologico in realtà è in gran parte impossibile da conoscere tranne per quelle famiglie che tenevano registri genealogici.
Ma la ricerca moderna ci ha portati alla scoperta del DNA, da cui si sono aperte le porte verso il passato. Grazie proprio all’analisi del codice genetico e al lavoro dei biologi, oggi possiamo risalire a chi erano i nostri antenati. Ma come?
Il genoma umano viene metà dalla mamma e metà dal papà. Grazie al DNA mitocondriale, ovvero quello che ereditiamo dalla mamma, che si trasmette di generazione in generazione praticamente immutato, possiamo seguire il messaggio genetico che arriva dalle nostre trisavole. Il DNA mitocondriale è quello che si conserva meglio nel tempo, e quindi quello che arriva a noi carico di informazioni ancora intatte.
Questo processo oggi si può applicare agli scheletri di individui vissuti secoli e secoli fa: è lo studio del DNA antico. Estraendo il DNA dai capelli o dalle ossa degli scheletri possiamo sapere qualcosa di loro. Nel nostro genoma, infatti, sono contenuti dei ‘mattoncini’, delle molecole che contengono informazioni riguardo a come siamo fatti: il nostro gruppo sanguigno, il colore dei nostri capelli, la nostra predisposizione ad ammalarci e via dicendo. Il DNA descrive anche quello che possiamo diventare in relazione all’ambiente, come ad esempio se siamo predisposti a ingrassare.
Questa conoscenza ci ha permesso di cercare le risposte a domande frequenti, come ad esempio quella che molti abitanti di quella che era un tempo l’Etruria si pongono spesso: ma i toscani discendono davvero dagli etruschi?
Partiamo da una premessa.
L’etrusco è una lingua non indoeuropea. Era scritto con un alfabeto di derivazione greca, ma non esistono testi scritti in etrusco sopravvissuti fino ai giorni nostri. Abbiamo lapidi funerarie, tegole, una tavola commerciale conservata al museo dell’Accademia Etrusca di Cortona e poco altro. Il mistero è: come mai una popolazione così evoluta non ha lasciato testi letterari? Questo dilemma è ancora oggi senza una risposta.
La derivazione della lingua fa pensare che gli Etruschi avessero qualcosa di particolare, di speciale. Prima degli Etruschi c’era la civiltà villanoviana, quella che ha posto le fondamenta di città come Volterra, Orvieto e Chiusi, e di cui sono stati ritrovati diversi reperti anche a Brolio, località di Castiglion Fiorentino.
Questo popolo aveva l’usanza di bruciare i morti, quindi per noi è impossibile reperire il loro DNA perchè è letteralmente cotto, e quindi inservibile.
Dopo la civiltà villanoviana è venuta l’epoca degli etruschi, il cui popolo era organizzato in città-stato indipendenti. Nonostante l’assenza di un’unità politica, gli Etruschi sono riusciti a espandere i loro territori in gran parte del’Italia centrale. Infatti, nel VI secolo controllavano buona parte dell’Italia, Roma compresa.
Intorno al 19 a.c., una serie di sconfitte ha costretto la civiltà etrusca a piegarsi alla potenza dell’Impero Romano, ed è da allora che si è persa qualsiasi traccia dei testi etruschi. Di punto in bianco la lingua etrusca sparisce, non è più documentata.
Per questo motivo, ad oggi tantissimi aspetti della civiltà etrusca ci sono oscuri, e la sua origine è oggetto di grandi discussioni fin dall’antichità.
Secondo Erodoto, gli Etruschi erano arrivati dalla Libia e dall’Anatolia in fuga da una carestia, ma non è credibile che un’intera popolazione possa migrare in massa da un punto all’altro. Certo è che al tempo c’erano fitti rapporti commerciali con la Libia, e il DNA poteva spostarsi attraverso i marinai che si trasferivano in altre terre e mettevano su famiglia. Dionigi d’Alicarnasso sosteneva invece che gli Etruschi fossero dei veri italici, originari della penisola.
Ad oggi si presume che fossero una popolazione locale ma non è chiaro se fossero un popolo dalle origini comuni o gente di origini diverse accomunata dalla stessa lingua, come ad esempio gli inglesi di oggi.
Da dove venivano gli Etruschi e dove sono finiti? In che rapporti genealogici sono con gli attuali abitanti di quella che era l’Etruria?
Gli archeologi ci dicono che, effettivamente, nell’arte etrusca è compresa una componente orientaleggiante e che quindi potrebbe essere credibile un’origine orientale di qualche tipo.
Compito dell’archeologia è quello di parlarci di come si trasformano nel tempo le culture materiali, ma non può raccontarci chi è figlio di chi. Qui entra in gioco la biologia. Le due discipline vanno quindi integrate per indagare in profondità nella misteriosa storia degli Etruschi.
La possibilità di studiare il DNA antico è una scoperta recente. Infatti, fino agli anni ’90 non era pensabile riuscire a risalire l’albero genealogico di persone morte secoli fa.
È proprio grazie a questa tecnica di ricerca che Alberto Piazza, professore dell’Università di Torino, ha scoperto nel 2007 che in Toscana c’è effettivamente una concentrazione di caratteristiche genetiche peculiari rispetto al resto d’Italia.
L’indagine doveva andare avanti: i ricercatori sono riusciti a ottenere alcuni reperti etruschi (costole e altri pezzi di ossa, che finiscono inevitabilmente distrutti per studiarne il DNA) provenienti dalla zona compresa tra Adria e Capua, dai quali è stato possibile ottenere ben 27 campioni di DNA etrusco originale.
L’idea di base era: se i Toscani discendono dagli etruschi, confrontando il DNA di toscani moderni e quello antico etrusco, tra i toscani dovremmo trovare tantissime sequenze di DNA identiche a quelle etrusche.
Invece no.
Su 27 sequenze etrusche, in Toscana (campioni presi da Murlo, Casentino e Volterra) ne sono state trovate solo due. Sette sono state trovate in Germania, cinque in Cornovaglia e altre cinque in Anatolia. Bisogna tenere comunque in considerazione che le sequenze antiche non sono perfette, a causa della loro età: il confronto diretto non è ideale perchè il minimo errore può far sembrare diversi due DNA identici.
È necessario quindi un approccio diverso: prendiamo i dati ottenuti sopra come dati di fatto, ma facciamo anche un confronto tra l’insieme delle sequenze antiche e l’insieme di quelle moderne.
I risultati di questo nuovo approccio sono stati questi:
A Murlo nel 99,7% dei casi non c’è alcuna continuità genetica con il DNA etrusco.
I campioni di Volterra hanno dato risultati negativi addirittura nel 100% dei casi.
Insomma, è difficile che gli abitanti di queste città discendano anche lontanamente dagli Etruschi.
Nel Casentino invece le cose cambiano radicalmente: l’80% degli esperimenti ha dato risultati positivi di continuità.
I ricercatori che hanno lavorato a questo studio sono andati in Anatolia dell’Ovest a raccogliere personalmente i campioni per fare un raffronto, e hanno scoperto che nell’83% dei casi c’è continuità genealogica con gli etruschi, un risultato molto simile a quello ottenuto nel Casentino.
Il genoma, in Toscana come in tutti i posti del mondo, è molto variegato, ma nel Casentino c’è una percentuale rilevante di similitudine genetica con gli antichi etruschi e i moderni anatolici della Turchia.
In ogni caso, è bene concludere dicendo che le nostre origini biologiche sono molteplici perchè abbiamo tantissimi antenati (andando indietro fino all’anno mille ne avremmo milioni ciascuno!). L’unica cosa che sappiamo per certo è che 60.000 anni fa i nostri antenati erano tutti in Africa, nella Rift Valley: la culla dell’umanità.
Questo articolo è un riassunto della bellissima conferenza di Guido Barbujani, professore di genetica all’Università di Ferrara, a cui ho partecipato durante l’edizione del 2010 de i Dialoghi sull’Uomo di Pistoia. Per chi avesse un’ora da dedicargli, ecco il video dell’evento integrale:
Secondo Erodoto erano arrivati dalla Lidia in Anatolia, non dalla Libia. Ma i Lidi parlavano una lingua indoeuropea più vicina alla lingua latina e a quella umbra e completamente differente da quella etrusca. Anche archeologicamente non sono state trovate rassomiglianze tra Lidi ed Etruschi.
Le ricerche di Alberto Piazza e di Antonio Torroni sono vecchie, e sono basate sul DNA mitocondriale di specifici campioni toscani (Murlo, Casentino e Volterra) non su tutti i toscani, e nonostante loro insistano ancora oggi a sostenere che tra i toscani e i turchi esista una rassomiglianza genetica, questo non è affatto vero come dimostrato da numerso altre ricerche più neutrali.
L’unico dato importante fornito dalla genetica rispetto agli Etruschi sono invece le ricerche del gruppo di lavoro di Barbujani. Loro sono stati finora gli unici ad analizzare i resti ossei di campioni etruschi, e il risultato è che sulla base del loro DNA mitocondriale gli Etruschi non provenivano da Oriente come sosteneva Erodoto ma erano piuttosto una popolazione antica da molto tempo stanziata in Italia come sosteneva Dionigi di Alicarnasso.