Roberta Barbagli mi aspetta in un posto che non ho mai visto e che non so come raggiungere. Mi faccio un’ora di macchina sotto la pioggia scrosciante per raggiungerla, cammino sotto un cielo scuro. Potrei scrivere una lunga introduzione in stile thriller psicologico; o meglio, dovrei, perché questo è il genere narrativo preferito da Roberta e vorrei che questa fosse tutta una storia sua. Però già buona parte di queste interviste è iniziata in modo poco felice e invece la sensazione che l’incontro con Roberta mi ha lasciato è di tutt’altro tipo. C’è sofferenza, nelle sue parole; ci sono difficoltà e dolore, va bene. Tuttavia c’è anche tanta felicità, ci sono consapevolezza e uno sguardo sul futuro infiammato di speranza. Sarà che fa parte di Chimera Arcobaleno, la sezione di Arcigay di Arezzo (con cui abbiamo collaborato per realizzare questo articolo).
Roberta Barbagli è cresciuta ad Arezzo, ha trentacinque anni, ha un figlio da un matrimonio ora finito ed è lesbica. Quando si presenta e racconta di queste ultime due informazioni, considerato l’apparente contrasto specifica che già dai 13-14 anni sapeva di non essere etero. “Prima ero bisessuale” mi dice. Scatto sull’attenti, perché questa è una frase che in molti contesti riterrebbero controversa.
Secondo alcune persone l’orientamento è fisso nel tempo, magari fin dalla nascita; secondo altre può variare. Non ti chiedo un parere da attivista, vorrei sapere qual è stata la tua esperienza: Roberta Barbagli ha davvero vissuto un cambiamento da bisessuale a lesbica oppure è cambiato (solo) il tuo modo di percepirti e raccontarti?
“Io mi sono sempre sentita lesbica, da quando sono piccola. Però vuoi o non vuoi la società ti fa delle pressioni: questa cosa mia io la tenevo nascosta, il matrimonio serviva per mantenere un’apparenza, anche per far piacere alle famiglie. Però col mio ex marito i rapporti ci sono stati, sebbene lui sapesse tutto. A 14-15 anni ho avuto delle esperienze con dei ragazzi, anche se ero più attratta dalle donne. Non so se l’ho fatto per esperienza o solo per mantenere la facciata con le mie amiche, che comunque era un fattore importante. Quando ho deciso di venire fuori, di fare coming out in quanto lesbica, tre anni e mezzo fa mi sono liberata da un peso che tenevo dentro da sempre.
Sentivo un po’ di attrazione per i ragazzi, però quanto di quella cosa che sentivo era vera? Quanta invece era data dalla necessità di mantenere le apparenze nella società? Non so se troverò mai una risposta.”
Quando dici che hai fatto coming out tre anni e mezzo fa, a quale coming out ti riferisci nello specifico? Ce ne sono tanti: ogni volta che conosci una persona nuova, se vuoi, puoi fare coming out – perché ancora l’idea di base è che le persone sono etero fino a prova contraria. Quindi tre anni e mezzo fa Roberta Barbagli ha fatto coming out con tutte le persone che conosceva o ce n’è uno in particolare che è stato più importante?
“In quel momento ho fatto coming out con mia mamma e col mio ex marito, è quando ho chiesto il divorzio. Mia mamma è la persona più importante della mia vita, però il coming out principale è stato con me stessa: guardarmi allo specchio e dire “Oh, Roberta, finalmente sei te”.
Una mattina mi sono svegliata e mi sono detta che dovevo fare qualcosa. “Basta fingere”. Da lì sono venuta fuori con la mia famiglia e con tutti gli altri. Le mie colleghe sanno che io sono lesbica, non ho avuto problemi a dirlo. Anche in palestra lo sanno, anche se alcuni non hanno capito: ho un bambino, ero sposata, quindi nemmeno vanno a pensare che posso essere lesbica. Quando mi sono separata è anche successo che degli uomini mi chiedessero di uscire, ma io lo dico subito: sono lesbica.
Però in definitiva la persona più importante con cui farlo ero io. Il coming out è stato una rinascita, ora mi amo e so quello che mi merito e non mi merito.”
Nel tuo raccontare e raccontarti la tua identità quanto è importante la parte queer? Se tu dovessi fare un elenco delle caratteristiche di Roberta Barbagli, quanto sarebbe in alto essere lesbica?
“Lo metto al primo posto. Sono io. Da lì c’è tutto il resto: Roberta mamma, Roberta donna, però quello è al primo posto. È la mia identità.”
Alle persone lgbtqia+ viene spesso detto “Perché devi far ruotare tutta la tua personalità intorno a questo?” Non succede davvero, non così spesso come queste domande insistenti fanno sembrare. Però tu metti il tuo essere lesbica al centro della tua identità, quindi come rispondi a chi fa una domanda del genere?
“Per me è un orgoglio, dire di essere lesbica, è una cosa da rivendicare. Perché non devo dirlo? Mi devo vergognare? Ogni persona lgbtqia+ ha la sua personalità, la sua esperienza di vita, ma da quando ho fatto coming out io sento il bisogno di mettere il mio essere lesbica al centro.
Anche in palestra o in contesti simili io rivendico sempre i diritti e la dignità del mondo lgbt+. Non so spiegarti bene perché io debba incentrare tutto su questo, ma per me è un orgoglio, una cosa bella. Certo, ci sono delle situazioni in cui non posso farlo: se vado a scuola a prendere mio figlio non dico nulla. Però per il resto è una cosa che mi rende orgogliosa e voglio dirla. È un fuoco che brucia dentro.”
Sei parte di Chimera Arcobaleno, la sezione di Arezzo di Arcigay. Ti sei avvicinata all’associazione quando hai fatto coming out?
“Quando ho divorziato dopo tredici anni di matrimonio ho avuto una relazione di due anni con una donna che mi ha fatto entrare in questo mondo di locali e associazioni. Lì ho conosciuto Chimera, però solo negli ultimi due anni ho iniziato davvero a farne parte. Ho partecipato a tanti eventi: l’aperitivo lgbt1, Whynot2, la rete RE.A.DY3 e altro.”
Aver incontrato Chimera, con tutte le persone lgbtqia+ che ne fanno parte, ha cambiato il tuo rapporto con la tua identità e con le identità altrui?
“Ha migliorato tantissimo la percezione che ho di me e del mondo esterno: mi ha aperto gli occhi. Ho conosciuto un sacco di persone, non pensavo proprio ci fossero così tante esperienze diverse, così tanti tipi di persone. Ho una percezione molto più ampia sia di me che del resto del mondo lgbtqia+.”
E invece il tuo rapporto con il mondo “fuori” da Chimera come è cambiato? Da quando sei qui dentro è aumentata la speranza, hai più voglia di combattere?
“Da quando ho fatto coming out e poi da quando sono qui dentro sento con molta più forza le questioni che riguardano il mondo lgbt. Vorrei ci fossero più diritti, vorrei che approvassero questo Ddl Zan4. Io ho fatto manifestazioni, mi sono esposta. Non capisco perché dobbiamo essere discriminati ancora nel 2022. Purtroppo la battaglia è dura e lunga, e io per certe cose ho anche paura: ho un figlio a cui un domani potrebbero dire qualcosa perché ha la mamma lesbica. Questo mondo in cui abbiamo portato i nostri figli è brutto, però io sono molto fiduciosa.
È anche il motivo per cui ho accettato di fare l’intervista: vorrei aiutare altre persone a trovare la serenità e la pace per capire chi sono e chi non sono. Spero di aiutarle a venire fuori.”
Quando saluto Roberta Barbagli, non piove più. Cammino su un mondo bagnato, sopra di me non c’è il sereno, ma non c’è nemmeno il cielo minaccioso di quando sono arrivato: nubi e sole creano un quadro dipinto con pennellate di speranza.
Valdichiana Arcobaleno torna a dicembre. Se tu che stai leggendo sei una persona lgbtqia+ e vuoi raccontarci la tua esperienza, scrivici a redazione@lavaldichiana.it. Creiamo un mondo in cui tutte le persone possono esistere.
Note
1OUT è l’aperitivo e dopo cena LGBTI-friendly di Arezzo che si tiene, al momento, ogni terzo giovedì del mese. Un appuntamento per incontrarsi, socializzare e conoscere le attività dell’associazione con aperitivo e piccolo buffet, cocktails, musica e animazione diversa ogni volta.
2Whynot è la serata LGBTI-friendly di Arezzo: uno spazio aperto e punto di riferimento per coloro che desiderano divertirsi in una dimensione in cui si può essere se stessǝ senza giudizi o pregiudizi, un appuntamento imperdibile non solo per la comunità gay, lesbica, bisex, trans e intersex ma anche per tutte le persone che amano vivere senza preconcetti una serata di puro divertimento.
3RE.A.DY: Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. È costituita da enti locali e regionali che hanno avviato politiche per favorire l’inclusione sociale di cittadini e cittadine LGBT e si impegnano a sviluppare azioni, provvedimenti e atti finalizzati a contrastare qualsiasi discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.
4Ho intervistato Roberta Barbagli qualche giorno prima che il Ddl Zan venisse discusso in Senato. Sappiamo come è andata a finire.