É stata inaugurata lo scorso 1° aprile, e rimarrà aperta fino al 1° luglio, al castello di Sarteano la mostra “C’era un volto e forse c’è ancora”, l’esposizione di fotografie artistiche realizzate da Carlotta Bertelli e Gianluca Guaitoli.
Fotografa lei, hair stylist con esperienza internazionale nel campo della moda lui, l’anno scorso hanno scelto di venire a vivere con Francesca, la loro bambina a cui tra l’altro è dedicata la mostra, nel piccolo borgo di Fonte Vetriana.
Cosa vi ha portato a Fonte Vetriana?
Carlotta: «Eravamo alla ricerca di un luogo tranquillo, una specie di eremo, dove ad essere più pulita fossero la qualità dell’aria e i rapporti con le persone. Qui adesso abbiamo il nostro studio e abbiamo trovato il luogo perfetto per esporre “C’era un volto e forse c’è ancora”».
Come è iniziato il progetto della mostra?
Carlotta: «É accaduto per caso, era il 2014 e Gianluca stava lavorando a un servizio di moda. Rimanemmo colpiti da come alcuni scatti riuscivano a raccontare una modella nei tratti distintivi della sua personalità, oltre che ovviamente a ritrarla nei suoi lineamenti. Poi durante un’esposizione a Parigi, abbiamo fatto vedere le foto a un gallerista che ci ha suggerito di approfondire questo spunto».
Oggetto degli scatti sono i volti. A cosa si deve questa scelta?
Gianluca: «La scelta è stata dettata dalla volontà di porre l’attenzione sulla persona, in una realtà ormai velocissima dove si fa sempre più fatica a soffermarsi sui volti che ci circondano. Abbiamo voluto in posa di fronte all’obiettivo chi potesse esprimere un’estetica non necessariamente racchiusa nei canoni tipici della bellezza, ma in grado di raccontare una propria verità».
Chi sono i soggetti delle fotografie?
Carlotta: «Sono persone del posto, di cui alcune hanno accettato il nostro invito a farsi fotografare, mentre altre si sono proprio offerte».
Che ci sia un legame tra le vostre fotografie e il mondo fiabesco lo si intuisce già dal titolo della mostra “C’era un volto e forse c’è ancora”, ma di preciso in cosa consiste questo rapporto?
Carlotta: «Le fiabe rappresentano luoghi dell’immaginazione con più di un significato, le trame sono fatte di esperienze, incontri, sfide e paure che non riguardano soltanto i personaggi dei racconti, ma la vita vera di ognuno. Per questo vogliamo far riflettere sul fatto che le fiabe si riscrivono ogni giorno, si ritrovano nella vita quotidiana e nei volti delle persone che si incontrano per strada».
Quale ruolo possono avere le fiabe nella nostra società?
Carlotta: «Oggi regna ovunque un clima di indifferenza, quando non proprio di sfiducia, dell’uno verso l’altro, alimentato da paure spesso motivate dalla non conoscenza. L’osservazione di un volto è il primo passo verso la scoperta di una persona e della sua storia, anche se di fronte a queste fotografie lo spettatore può costruirsi il proprio percorso di lettura, inventarsi ogni volta un finale. Non ci sono nè titoli nè didascalie ad indicare a quale fiaba la foto si riferisce, anzi nella maggior parte dei casi si è voluto eliminare il più possibile i particolari che avrebbero potuto distogliere l’attenzione dai soggetti».
State già pensando ad un nuovo progetto?
Gianluca: «Sicuramente proseguiremo con i ritratti, per approfondire e rendere più vasto questo lavoro. Poi vorremmo esporre la mostra in un contesto urbano. Forse in città, piuttosto che qui, incombono la solitudine e l’isolamento dell’individuo e dunque le nostre foto potrebbero essere un’occasione per soffermarsi a osservare, e conoscere, cosa le persone che ci stanno attorno hanno da raccontare».